perficere
perfìcere v. tr. [dal lat. perficĕre «compiere», comp. di per-1 e facĕre «fare»], ant. – Condurre a perfezione, rendere perfetto; latinismo raro che si trova usato in pochissime forme: quatro vertute so’ cardenal’ vocate, O’ nostra umanetate perfice lo so stato (Iacopone), ci sono quattro virtù, chiamate cardinali, in cui la nostra umanità perfeziona, nobilitandola, la sua condizione; a perficere, a consumare quella penitenza e contrizione spirituale, Francesco aveva così chiamata e costretta la morte ... (Bacchelli). ◆ Più usate le forme composte con il part. pass. perfètto, nelle quali questo conserva ancora, come latinismo, il suo valore verbale, mentre in altri casi, pur con il sign. di compiuto, concluso, portato a compimento, ha funzione di vero e proprio aggettivo (per il quale v. perfetto, nel sign. 1): se li ’ntelletti Che muovon queste stelle non son manchi, E manco il primo [Dio] che non li ha perfetti (Dante), che non li ha resi perfetti; già era perfetta la terza guerra macedonica, e vinto Antioco Magno (Boccaccio); In dieci giorni e in manco fu perfetta L’opra del ponticel che passa il nume (Ariosto); Come d’Erato al canto ebbe perfetti Flora i trapunti (Foscolo).