peculio
pecùlio (ant. pecùglio) s. m. [dal lat. peculium «beni, sostanze», consistenti in origine in bestiame (cfr. pecus pecŏris «bestiame»)]. – 1. ant. Bestiame, gregge, armento: E quale il mandrïan che fori alberga, Lungo il pecuglio suo queto pernotta, Guardando perché fiera non lo sperga ... (Dante). Anche in senso fig.: Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda È fatto ghiotto (Dante), il gregge dei domenicani. 2. a. Nel diritto romano, il piccolo patrimonio che il padre di famiglia soleva concedere al figlio, e talora a un servo, perché ne avesse il godimento e l’amministrazione, ma non la proprietà (analogam., nel diritto canonico: p. dei chierici, p. dei religiosi). b. Nell’uso medievale, genericam., fondo di riserva, sia di denaro (come, in partic., quello raccolto e messo in serbo dalla Repubblica di Genova per bisogni straordinarî) sia di cereali (come i p. frumentarî, in Sicilia, altrove chiamati monti frumentarî, da cui i contadini poveri potevano prelevare in prestito il grano necessario alla semina). 3. Nell’uso mod., quasi sempre scherz., denaro, somma di denaro che uno tiene da parte o che porta con sé: gli hanno rubato il peculio; tutto il p. consegnatomi da mio padre prima di morire se n’era ito in fumo (I. Nievo).