paternostro
paternòstro s. m. – 1. a. Adattamento del lat. Pater noster, come nome della preghiera; si alterna nell’uso con padrenostro (o Padre nostro) ed è più pop. di paternoster, ma ha sign. estens. e fig. proprî; è inoltre la sola forma che comunem. si adoperi al plur.: dire, recitare il p., un p.; recitare cinque paternostri e dieci avemmarie (altrimenti, cinque Pater noster, ma come forma latina). b. Locuzioni: sapere una cosa come il p., saperla a memoria, conoscerla a menadito; è vero come il p., per affermare l’assoluta veracità di qualche cosa. Nell’uso ant.: dire il p. di san Giuliano, pregare il santo perché difenda dai pericoli di un lungo cammino e faccia trovare un buon ospizio (consuetudine un tempo assai diffusa): chi non ha detto il p. di san Giuliano spesse volte, ancora che abbia buon letto, alberga male (Boccaccio); dire il p. della scimmia, bestemmiare: quando bene alla tua intenzione Non rïusciva il disegno o l’archìmia, Dicevi il p. della scimia (Pulci). 2. Ciascuno dei chicchi più grossi della corona del rosario, in corrispondenza dei quali si recita questa preghiera; per estens., talvolta, la corona stessa: sempre co’ paternostri in mano andava ad ogni perdonanza (Boccaccio), a ogni indulgenza; rispose [Cosimo de’ Medici] ... che gli stati non si tenevono co’ paternostri in mano (Machiavelli). 3. a. Al plur., tipo di pasta corta da minestra in forma di piccoli cilindretti forati, lisci o rigati esternamente, più grossi delle avemmarie. b. Nell’attrezzatura navale, sinon. di bertoccio. 4. In botanica, paternostri di San Domenico, nome tosc. del jequirity (lat. scient. Abrus precatorius) e altro nome dell’albero dei paternostri o del rosario (lat. scient. Melia azedarach), così chiamati perché con i semi del primo e con i noccioli del frutto del secondo, si fanno coroncine del rosario.