parentela
parentèla s. f. [dal lat. tardo parentela, der. di parens -entis «genitore, parente»]. – 1. a. Il rapporto e il vincolo naturale che lega tra loro persone che discendono l’una dall’altra o da un ascendente o capostipite comune, e, nel linguaggio com., fuori dell’uso giur., anche il rapporto che si stabilisce tra un coniuge e i parenti dell’altro (detta anche p. acquisita e, nel linguaggio giur., affinità): relazione, grado di parentela; p. stretta, prossima, lontana; c’è tra loro una certa p.; non c’è tra noi alcuna parentela. In partic., in diritto: p. in linea retta, tra persone di cui una discende dall’altra (per es., tra il figlio e il padre o il nonno che sono suoi ascendenti); p. in linea collaterale, quando le persone hanno un ascendente comune, ma non discendono l’una dall’altra (per es., i fratelli, i cugini); p. unilaterale, quando i parenti hanno in comune un solo ascendente (è il caso di fratelli che hanno in comune solo un genitore); p. bilaterale, quando i parenti hanno in comune due ascendenti (è il caso di fratelli germani che hanno in comune il padre e la madre); p. naturale, espressione comunem. usata per indicare la parentela derivante dal vincolo di sangue (filiazione naturale), indipendentemente dalla esistenza di un vincolo legale, dalla cui presenza deriva invece la cosiddetta p. civile. In araldica, armi di parentela, lo stesso che armi di alleanza (v. alleanza, nel sign. 3). b. In antropologia culturale e sociale, l’intreccio delle relazioni personali e sociali poste in atto dai matrimonî, rinnovate e ricomposte dalle nascite e dalle morti, nonché da eventuali atti giuridici, quali l’adozione, il levirato e sim.; si distinguono: p. consanguinea, ascendente e discendente, quando la relazione si basa sulla comunanza di sangue o, più esattamente, sulla connessione genetica il cui schema minimo, riferito alla famiglia, è triadico (padre, madre, prole); p. affine o acquisita, quando la relazione si basa sull’alleanza, ossia sul rapporto tra gruppi di parentela determinato dal matrimonio, e il cui schema minimo, diadico, comprende il marito e la moglie; p. adottiva, quando la relazione si fonda sull’istituto giuridico dell’adozione; p. unilineare, quando l’ascendenza e la discendenza sono viste lungo una linea unica che può essere patrilineare, quando la continuità è perseguita lungo le componenti maschili, e matrilineare, quando tale continuità segue le componenti femminili; p. bilineare, quando si considera tanto la linea paterna quanto la linea materna. Con sistema di p. si indica genericam. l’insieme delle relazioni di parentela e, più specificamente, sia le norme che regolano le scelte matrimoniali, sia il complesso dei termini con cui si designano le posizioni interne alla parentela di tutti i suoi componenti (in quest’ultimo caso si parla anche di sistema della terminologia della parentela). c. Per estens., p. spirituale, lo stesso che cognazione spirituale (v. cognazione). 2. In senso concr. e collettivo, l’insieme dei parenti: avere una numerosa, una bella p.; ha invitato alle sue nozze tutta la parentela. 3. fig. Rapporto di affinità tra cose, fatti, elementi che hanno natura e caratteri simili oppure comune origine: pescare pare aver p. col navicare, e conoscere la vertù de l’erbe pare aver p. con l’agricoltura (Dante); p. fra due popoli, fra due culture. P. linguistica, espressione (che traduce il ted. Sprachverwandtschaft) con cui si designa il rapporto che intercorre fra due o più lingue che rappresentano diversi svolgimenti di una stessa lingua (per es., quello delle lingue neolatine che continuano tutte, in modo diverso, il latino, lingua fondamentalmente una), distinta quindi sia dall’affinità elementare e culturale, sia dalla discendenza genealogica (com’è quella, per es., tra latino e italiano, vale a dire tra lingua madre e lingua figlia).