ospizio
ospìzio s. m. [dal lat. hospitium «ospitalità; alloggio», der. di hospes -pĭtis «ospite»]. – 1. a. In genere, edificio dove forestieri e pellegrini possono trovare temporaneamente alloggio e assistenza; frequenti spec. nei secoli passati, erano per lo più fondati e mantenuti da ordini religiosi, come sono ancor oggi quelli istituiti sui principali valichi alpini (per es., l’o. del Gran San Bernardo). b. Anticam., con sign. più generico, luogo d’abitazione, di dimora (anche in senso fig.; per es., in Dante: o. di Cesare, la corte imperiale; doloroso o., l’inferno, albergo di dolore); e nel linguaggio poet., rifugio, asilo e sim.: quello ospizio Dove sponesti il tuo portato santo (Dante), la stalla di Betlemme, dove la Madonna diede alla luce Gesù; della palmosa Delo, Ospizio di Latona (Foscolo), perché a Delo Latona trovò asilo per partorire Apollo e Diana. c. Più recentemente, edificio destinato a ospitare e dare ricovero a persone prive di mezzi di sussistenza e di alloggio proprio, in partic. vecchi: o. per anziani, luogo di ricovero destinato a persone di età avanzata, prive di assistenza familiare e di mezzi di sussistenza (di qui la frase fam. finire all’o., anche per significare, genericam., ridursi in miseria da vecchi); ormai disus. le locuz. o. per fanciulli, per i trovatelli; o. di mendicità. Per la connotazione negativa acquisita via via dal termine ospizio, questo è stato sostituito da altri meno spiacevoli, come casa di riposo o di ricovero, pensionato, istituto, o più genericam. soggiorno, albergo, residence, ecc., specificando di volta in volta la loro destinazione. 2. ant. Con senso astratto, alloggio, in frasi quali prendere o. in un luogo, dare o., offrire o., e sim.; o, anche, ospitalità: voi da me dunque amico e fido ospizio, Giovini, arete [= avrete] (Caro).