opuscoleria
s. f. (iron. spreg.) La gran massa di opuscoli e saggi prodotti e pubblicati. ◆ Chi aveva vent’anni nel Settanta, chi nel Sessantotto era studente ricorda bene che Livio Maitan era una specie di contraltare di Lucio Battisti, il rifugio dei giovani impegnati che disprezzavano «Balla Linda» e divoravano l’opuscoleria rivoluzionaria che spiegava il mondo in ottanta pagine. (Francesco Merlo, Corriere della sera, 3 ottobre 1998, p. 7, Politica) • [tit.] L’Enciclopedia Einaudi, capolavoro inutile dell’opuscoleria / Sedici volumi per legittimare le fumisterie intellettuali degli anni Settanta, altro che i neorevisionisti del 2000 [testo] […] Era il tentativo di dare una veste nobile al genere dell’eccellenza del Sessantotto, l’opuscoleria. (Pietrangelo Buttafuoco, Foglio, 30 maggio 2001, p. 2) • La letteratura non era all’apice della sua fortuna, nei primi anni Settanta in Italia. Il primato spettava alla politica. Segno di anni lugubri e grigi, riscuoteva un gran successo l’opuscoleria politica ma il romanzo boccheggiava e l’asfissia creativa sembrava soffocare il cinema e il design, il teatro e la moda, la grafica e l’arte. (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 22 ottobre 2007, p. 36, Cultura).
Derivato dal s. m. opuscolo con l’aggiunta del suffisso -eria2.