mero
mèro agg. [dal lat. merus], letter. – 1. a. Puro, schietto: Come raggio di sole in acqua mera (Dante). Propr., non mescolato con altre sostanze, e si diceva presso i Romani soprattutto del vino non stemperato con acqua (quindi, sostantivato, merum era spesso usato come sinon. di vinum). b. Nell’uso odierno, soltanto in senso fig., di solito preposto al sostantivo, di cui riduce il significato ai suoi limiti più stretti e più proprî: per m. caso (per puro caso, per un semplice caso); lo voglio sapere per m. curiosità (per nient’altro che per curiosità); è una m. ipotesi; fu una m. svista; questo è un di più, un m. di più (Manzoni); fantasmi, intendo, Son la gloria e l’onor; diletti e beni Mero desio (Leopardi), nient’altro che irrealizzabile desiderio. Non com. riferito a persona, con senso limitativo: è un m. letterato, un m. grammatico; io non sono e non voglio essere un poeta mero (D’Annunzio). 2. ant. Lucente, sfaviliante: E vidi le sue luci tanto mere (Dante). ◆ Avv. meraménte, puramente, semplicemente, soltanto: si tratta di una questione meramente formale.