maldestrezza
s. f. L’essere maldestro; mancanza di destrezza, di abilità. ◆ Né voglio ridurre la difficoltà sottolineando la pazzesca sgangheratezza dell’azione che è finita nell’omicidio. Il motorino per i due esecutori, l’autore della rapina fuori di sé per il panico e la maldestrezza, che non capisce che gli stanno aprendo la porta e spara; e poi la cattura col motorino buttato per terra da un calcio di un passante. (Foglio, 26 luglio 1999, p. 3) • Da giovane studiavo il giovane [Antonio] Gramsci, e benché fossi bagnato fradicio dei pregiudizi e della maldestrezza di un’educazione maschile e fanfarona, mi meravigliavo che Gramsci avesse intitolato dei suoi articoli, per deridere le opinioni avversarie, Cenci mestruati. Pregiudizi che non finirono molto prima del ’68, e spesso neanche dopo. (Adriano Sofri, Repubblica, 27 settembre 2003, p. 44, Cultura) • Anche «Mamme in sciopero» è sostanzialmente un gioco e quindi, per una settimana, i mariti sembrano non accorgersi della «disperazione casalinga», fingono di essere eroi, cercano di arruffianarsi i figli, di nascondere i loro impacci e la loro maldestrezza. Sì, per una settimana si può fare, sapendo che le mamme non possono allontanarsi troppo dai loro cuccioli. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 24 marzo 2006, p. 55).
Derivato dall’agg. maldestro con l’aggiunta del suffisso -ezza.
Già attestato nel Corriere della sera del 13 marzo 1992, p. 1, Prima pagina (Giovanni Raboni).