estraneo /e'straneo/ [dal lat. extraneus, der. di extra "fuori"]. - ■ agg. 1. [non conosciuto, non familiare: un paese e., una società e.] ≈ ignoto, sconosciuto. ↔ conosciuto, familiare, noto. 2. [che non ha relazione con la persona o la cosa in questione, anche con la prep. a: è gente e. (ai fatti)] ≈ ‖ alieno, disinteressato, distaccato (da), indifferente, neutrale. ↔ coinvolto, partecipe. 3. [che non ha relazione con ciò di cui si parla, detto di argomento, idea e sim., anche con la prep. a: è un problema e. alla situazione] ≈ estrinseco, (non com.) irrelato. ↔ afferente, attinente, connesso, inerente, intrinseco, pertinente, relativo. ■ s. m. (f. -a) [persona estranea: ingresso vietato agli e.] ≈ sconosciuto. ↑ intruso. ↔ conoscente, conosciuto, familiare. ↑ amico.
estraneo. Finestra di approfondimento
Modi di essere estraneo - Ciò che (o chi) non è conosciuto o non è familiare può essere designato da vari termini, il più generale dei quali è estraneo. Sconosciuto è qualcosa o qualcuno che non si è mai visto (uno uomo sconosciuto, in su uno grande cavallo, entrò per la porta del palazzo [I. Passavanti]) o mai sperimentato (io sentii un tumulto di passione fin’allora sconosciuto a me [G. Verga]). Ignoto è leggermente più formale: io parto per una ignota destinazione (G. Verga). Su un altro piano, qualcosa può esserci estraneo nel senso di «distante dai nostri interessi»: lascio qui di trattenermi in questo campo e. ai miei studi (G. Pascoli). I sinon. saranno dunque diverso (da), lontano (da) o, più accentuatamente, incompatibile (con): offenderti era lontano dalle mie intenzioni.
Non soltanto qualcosa o qualcuno può essere estraneo a noi, ma noi possiamo essere estranei a qualcosa, come per es. nell’espressione giur. essere e. ai fatti, ovvero non avere alcun coinvolgimento nei fatti di cui si è accusati. Analogam. si può essere disinteressato a qualcosa, o (più formale) alieno da qualcosa: egli era alieno dalla corruptione della carne (L. Manerbi); e anche: distaccato (da), indifferente (a), insensibile (a), lontano (da) o, più marcati, diffidente (di), ostile (a): mi sentivo in certe ore così profondamente distaccato dall’Arte, così e. al mondo ideale in cui un tempo avevo vissuto (G. D’Annunzio).
Una persona, una cosa, un luogo e sim. possono essere estranei nel senso di «non accoglienti», «non affabili»: questa città gli è divenuta e. (A. Savinio). In questo caso i sinon. possono essere distaccato, distante, freddo, lontano: Giulia sembrava aver dimenticato il gioco della serata, era divenuta fredda e distante (C. Alvaro). A proposito delle persone, e. è colui (o colei) col quale si intrattengono rapporti puramente formali (un sinon. più attenuato potrebbe essere conoscente), e si contrappone talora a parente, altre volte ad amico: dobbiamo più amare il buono e., che ’l parente rio (D. Cavalca); stavo per dirle che non potevo rassegnarmi di divenire un e. per Ada e che per ciò mi contentavo di divenirle cognato (I. Svevo). Si può usare e. anche in senso reciproco, riferendolo a due persone che non abbiano confidenza tra loro (eravamo tanto amici, ma ora siamo diventati due e.), o a cose (I due movimenti, impressionista e macchiaiolo [...], sostanzialmente erano e., e traevano origine da principi indipendenti [E. Cecchi]), coi sinon. autonomo, diviso, indipendente, irrelato (più formale), lontano, scisso, separato e più accentuati, discordante, incompatibile, opposto: i nostri caratteri sono incompatibili.
Il forestiero - Spesso ciò che è estraneo, che è fuori dalle nostre abitudini, crea sospetto e diffidenza, desiderio di emarginazione e di allontanamento. Non a caso l’etimologia di e. è proprio quella di «che si trova fuori, che viene da fuori» (dal lat. extra «fuori»). Il concetto di «proveniente da un altro paese», per es., può essere espresso da vari termini, secondo diverse sfumature. Estraneo è dell’uso lett. oppure ha una connotazione di forte distacco: nulla è più difficile che morire in un paese e. ed ignoto, sul generico letto di una locanda, vecchi e imbruttiti senza lasciare nessuno al mondo (D. Buzzati). Straniero e estero sono i termini meno marcati: popoli stranieri; paesi esteri. Forestiero è dell’uso lett. oppure più o meno spreg.: cominciai a sentirmi forestiera in casa (N. Tommaseo). Per designare i cittadini di paesi con compresi nell’Unione europea (in particolare nordafricani, albanesi e slavi) è diventato assai comune il termine extracomunitario – diffuso dai mezzi di comunicazione di massa – che tuttavia sembra conservare una certa aura spreg., soprattutto se confrontato col più neutro straniero. In senso decisamente più spreg., un estraneo considerato fastidioso può essere detto intruso: tutti lo avevano guardato dall’alto, come un intruso, come indegno di loro (F. De Roberto). Infiltrato indica chi penetra furtivamente, per lo più per spiare, in un luogo nel quale non dovrebbe stare, spacciandosi per qualcun altro: nel gruppo di terroristi c’erano degli infiltrati della polizia. Imbucato, di analogo sign., è un estraneo che si presenta a una festa alla quale non è stato invitato. L’estraneo, il forestiero, per eccellenza è chi proviene (o è reputato provenire) da altri pianeti, detto alieno o extraterrestre, termini usati spesso iperb. in similitudini: mi sento un alieno rispetto ai miei coetanei; a quella festa venne trattato come un extraterrestre.
Più lett. e più vicino all’etimo originario è infine il sign. di «che sta al di fuori, che preme dal di fuori» e sim.: noi costruiamo o demoliamo il nostro bene e il nostro male ora per ora, dipende da noi, non da forze e., imponderabili, davanti alle quali non possiamo che inchinarci e rassegnarci (A. Palazzeschi); ella era già angustiata da certe pratiche difficoltà, estranee alla nostra relazione (T. Landolfi). Il sinon. più appropriato e meno marcato è esterno; estrinseco è invece adatto a ciò che non è strettamente collegato con la sostanza di una cosa o, per lo più, di una questione, di una situazione e sim.: le cause dell’affermazione del fiorentino sugli altri dialetti d’Italia sono più estrinseche che intrinseche.