errare
v. intr. [lat. errare «vagare; sbagliare»] (io èrro, ecc.; aus. avere). – 1. a. Andare qua e là senza direzione o meta certa: e. per i campi, per i monti, per le strade; fig.: e. con gli occhi, con lo sguardo; errava col pensiero dietro i fantasmi della sua immaginazione; estens., di cose: Tal dell’arpa diffuso erra il concento (Foscolo). Poet. anche trans.: mari e poggi errando, Tutto l’orbe trascorre (Leopardi); Dante ... errava Pensoso peregrin la selva fiera (Carducci). b. Sviarsi: e. dalla via, e. dal retto sentiero; fig.: O forse erra dal vero, Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero (Leopardi). Quindi: 2. a. Ingannarsi in un’opinione, sbagliare in ciò che si crede o si afferma: Come Livio scrive, che non erra (Dante); ha errato a dir così; errando s’impara; se erro, correggimi; le cose stanno in questi termini, se non erro; e. in materia di fede. In senso morale, commettere colpa: ho errato, e sono pronto a fare la penitenza. Con l’una o con l’altra accezione, nella frase prov. errare è umano, perseverare nell’errore è diabolico (più frequente nella forma lat., alla quale non si può peraltro assegnare un’origine precisa, errare humanum est, perseverare autem diabolicum). b. Con uso trans., è sinon. di sbagliare (ma meno com.): e. il cammino; mai colpo il cavalier non erra (T. Tasso). ◆ Part. pres. errante, con valore verbale e di agg. (v. la voce). ◆ Part. pass. errato, anche come agg. (v. errato1).