cringe
agg. inv. Detto di fatti, comportamenti o frasi percepiti come ridicoli e imbarazzanti da chi osserva o ascolta. | Come s. m. inv., la sensazione di disagio e di imbarazzo provata; anche, in concreto, ciò che provoca tale sensazione. ♦ [tit.] Timothée Chalamet: le news, dal / nuovo film al commento alle foto di / quel bacio cringe. (Vanity Fair.it, 16 ottobre 2020, Experience is) • Usatissimo dai giovani da alcuni anni, “cringe” si è affermato nel 2020 secondo l’analisi della Crusca. Come aggettivo significa “imbarazzante”, ma in un’accezione particolare: è cringe ciò che suscita imbarazzo e al tempo stesso disagio in chi lo osserva. Ad esempio, per un adolescente potrebbe essere cringe vedere uno dei propri genitori che balla in pubblico una canzone trap. O anche solo sentirgli usare la parola “cringe” fuori contesto. “Cringe” arriva dall’inglese e il fatto che sia entrato nel vocabolario di molti italiani dipende dal fatto che negli ultimi vent’anni il suo uso è aumentato tantissimo tra gli anglofoni, e si trova tantissimo su internet dove è usato per descrivere video, immagini e post condivisi sui social network. (Post.it, 29 gennaio 2021, Cultura) • Il cringe sembra, insomma, indissolubilmente legato a doppio filo a quel tanto discusso narcisismo da social network: più si è imbarazzati perché qualcosa ha rovinato la propria patinata bacheca social e più si trova normale manifestare questo stesso imbarazzo. Imbarazzo che, del resto, sembra essere diventato nel frattempo una sorta di genere d’intrattenimento in sé, piuttosto apprezzato in Rete. Scrive ancora lo Urban Dictionary, per esempio, ci sono su TikTok cringe compilation che altro non sono che brevissimi montaggi di foto o video imbarazzanti di sé, di altri o tratti da film e serie TV, che non di rado hanno l’effetto contrario di far sorridere e divertire chiunque vi si imbatta. (Insidemarketing.it, 25 marzo 2021, Glossario) • Nel video, infatti, Calenda non parla il romanesco dell'onorevole Angelina Anna Magnani, non 'mpiccia e 'mbroja come Proietti, non svacca come Tomas Milian. Il suo è una specie di travestimento lessicale, è la parodia involontaria dell'italiano che cerca di parlare romanesco (pur appunto essendone in grado, nel suo caso), come il milanese e milanista Boldi quando sale in macchina con gli ultrà della Roma e si finge teppista in cerca di sangue rossonero ("Gli facciamo un mazzo così, non guardà le mano, guarda li bracci!"). L'effetto è, come dicono oggi gli adolescenti, cringe. Che in sostanza significa imbarazzo per l'altro. (Stefano Cappellini, Repubblica.it, 9 aprile 2021, Politica) • Ormai il programma [Una pezza di Lundini] è così trendy che gli ospiti importanti fanno a gara per essere ospitati, per entrare in quel gioco di imbarazzi (come nelle commedie americane del filone cringe), di stornamenti, di silenzi su cui Lundini costruisce il suo umorismo. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 27 maggio 2021, p. 55).
Dall’ingl. (to) cringe, nell’accezione di ‘sentirsi imbarazzati e vergognarsi per qualcosa’ (in origine: ‘rannicchiarsi’), e dal s. cringe ‘il fatto di sentirsi a disagio e in imbarazzo’.
Già attestato nel 2012, secondo il sito dell’Accademia della Crusca.