colata
s. f. [der. di colare1]. – 1. L’atto, il fatto di colare, nelle accezioni del sign. 1 del verbo. In varie tecnologie, operazione per la quale sostanze colabili, quali asfalto, calcestruzzo, metalli fusi, vetro fuso, ecc., vengono versate su superfici o in forme. In metallurgia, l’operazione può avvenire direttamente dai forni a riverbero (talvolta da quelli elettrici e rotativi), dal crogiolo, dai forni a crogiolo, oppure, indirettamente, impiegando come intermediario un recipiente (caldaia di c. o siviera); a seconda delle modalità di esecuzione, la colata può essere in caduta, quando il metallo fuso viene versato dall’alto nella forma; in sorgente, quando è indotto a riempire dal basso la forma; continua, quando consente la produzione diretta di un lingotto metallico continuo; sotto vuoto, quando la lingottiera viene posta in un recipiente a tenuta in cui viene praticato un vuoto sufficientemente spinto al fine di ridurre notevolmente il contenuto finale di gas nell’acciaio. 2. In senso concr., c. lavica, massa di lava più o meno fluida che, effondendosi dalla bocca eruttiva di un vulcano, scorre lungo un pendio; per estens., la massa stessa dopo il consolidamento. Analogam.: c. di fango, fenomeno di smottamento in terreni argillosi con conseguenti scorrimenti di fango, oppure emissione di fango proveniente dalle bocche dei crateri vulcanici quando, per effetto delle forti piogge, le ceneri secche vengono rese pastose, fluide e scorrenti; c. di pietra, particolare assestamento dei detriti di falda sul versante di un monte.