cibo di strada
loc. s.le m. Cibo che si consuma anche passeggiando, talvolta in occasione di fiere e manifestazioni popolari, spesso tipico della cucina locale, regionale, etnica. ◆ «Da Michele» resiste la tradizione della pizza come cibo di strada, a prezzi onestissimi, per il popolo. Lì usano il fior di latte, la pasta per la sera viene preparata al mattino e viceversa, non viene manipolata fino alle ridicole esibizioni acrobatiche da baraccone. Resiste anche la tradizione di portare gli avanzi per farsi farcire la pizza, che viene poi piegata in quattro per essere consumata in piedi. (Carlo Petrini, Stampa, 1° dicembre 2001, Tuttolibri, p. 6) • i giovani, saturi di Mc Donald e dintorni, adesso puntano dritto al «cibo di strada», preferibilmente etnico. «Vanno sempre più pazzi per il doner kebab (carne allo spiedo, di origine turca) e il falafel (polpettina di legumi, tipica dell’Egitto) -- dice Vittorio Castellani, in arte chef Kumalè -- acquistati in certe botteghe profumate di spezie d’Oriente, che in verità fanno parte ormai di catene alimentari, e mangiati a passeggio, come un cono gelato». (Marisa Fumagalli, Corriere della sera, 14 settembre 2004, p. 20, Cronache) • nella città dove trionfa il cibo di strada, concedersi ogni tanto una stigghiola, e curarsi di farlo sapere in giro, fa tanto radical chic. Nutrirsi si slega dalla sfera «sopravvivenza»: diventa un modo per manifestare le tue scelte di vita. (Daniela Gambino, Repubblica, 11 aprile 2007, Palermo, p. I).
Composto dal s. m. cibo, dalla prep. di e dal s. f. strada, ricalcando l’espressione ingl. street food.
V. anche cucina di strada e street-food.