banale
agg. [dal fr. banal «appartenente al signore», poi «comune a tutto il villaggio», e di qui il sign. moderno; der. di ban «bando»]. – 1. Privo di originalità o di particolare interesse, quindi comune, ovvio, scontato, e sim.: discorso, frase, complimento b.; giudizî b.; un romanzo, una commedia, un film b.; con un b. pretesto; fare, condurre una vita b., un’esistenza b., piatta, uniforme (o, nell’esistenzialismo, inautentica). Si usa anche con sign. oggettivo e non spreg., riferito a modi, espressioni, tecniche, ecc., privi di originalità o di eccezionalità in quanto ormai noti ed estesi nell’uso comune: parole, locuzioni b.; un b. procedimento; o a fatti di poco conto, di scarso rilievo, insignificanti per sé stessi: per un b. incidente, ha rischiato di rimanere cieco. In partic., in matematica, soluzione b. di una equazione o sistema di equazioni algebriche o differenziali, soluzione di immediata evidenza, oppure priva di significato o di interesse, oppure immediata in base a quanto già noto in precedenza. 2. a. Con il sign. originario, non com., appartenente o concesso in uso alla comunità: il mulino «banale» del feudatario (Bacchelli). b. In senso storico, del bano, di un banato: l’autorità banale (come ufficio politico-amministrativo). ◆ Dim. banalùccio, alquanto banale. ◆ Avv. banalménte, in modo banale: esprimersi banalmente.