arbitro
àrbitro s. m. [dal lat. arbĭter -tri]. – 1. Chi, o che, ha libertà di fare o non fare una cosa, di decidere o disporre di una cosa secondo la propria volontà: sei a. di fare ciò che vuoi; il destino è a. delle vicende umane; quindi, giudice inappellabile, padrone assoluto: essere a. di vita e di morte; era lui l’a. della nostra sorte. 2. Chi dà norma, chi regola un costume, un’abitudine e sim.: l’uso è l’a. della lingua; a. d’eleganza, o, come traduz. del lat. arbiter elegantiarum (v.), a. delle eleganze, appellativo di persona che per raffinatezza di gusto nel vestire e nel modo di vivere è oggetto di grande ammirazione e d’imitazione. In queste, e nelle precedenti accezioni, può avere anche il femm.: in casa mia sono arbitra di fare ciò che voglio. 3. In diritto, persona a cui le parti possono affidare la decisione delle loro controversie, invece di ricorrere ai giudici istituiti dallo stato. Per estens., anche di controversie non giuridiche, o di competizioni amichevoli e sim.: fare da a. in una lite, in una discussione, in una gara di domanda e risposta. 4. Nello sport, ufficiale di gara (in alcuni sport designato ufficialmente come giudice arbitro) che ha il compito di seguire le fasi di una competizione assicurandone la regolarità, punendo gli eventuali falli e convalidando il risultato, talvolta avvalendosi di collaboratori (come per es. i segnalinee nel calcio); nel pugilato controlla in genere la regolarità dell’incontro, poiché la proclamazione e la convalida del risultato spettano solitamente a una giuria.