ZAPATA Y CISNEROS, Antonio
– Nacque a Madrid l’8 ottobre 1550, secondogenito di Francisco I, conte di Barajas, e di María Clara de Mendoza.
Il padre era stato regidor di Cordoba al tempo della ribellione dei moriscos: la sua energica reazione era stata compensata da Filippo II con la concessione del titolo comitale (1° ottobre 1572). Quindi, nel 1580, aveva accompagnato il sovrano in Portogallo e, al rientro, era stato nominato presidente del Consejo de Ordenes, membro del Consejo de Estado e presidente del Consejo de Castilla. Nel 1592 aveva concluso la sua ascesa con il grandato di Spagna.
Zapata si laureò in diritto canonico presso il colegio de S. Bartolomé dell’Università di Salamanca, a metà ottobre del 1579. Deciso a intraprendere la carriera ecclesiastica, ricevette gli ordini maggiori in data non precisata. Nel 1583, fu nominato inquisitore a Cuenca, di cui lo zio Gómez Zapata era vescovo. Circa due anni dopo, la morte del fratello maggiore portò Zapata in prima posizione nella linea di successione, ma egli vi rinunciò. Passò quindi a Toledo come canonico e di nuovo come inquisitore. Fattosi notare, nel marzo del 1587, il suo nome fu proposto per la cattedra episcopale di Cadice. Rinunciò ai diritti di primogenitura a favore del fratello Diego, all’inizio di luglio del 1587. Quindi, grazie all’appoggio del confessore di Filippo II, il domenicano Diego de Chaves, e del segretario reale, Mateo Vázquez, ricevette la nomina ufficiale. Papa Sisto V diede il suo assenso dopo la metà di agosto dello stesso anno.
Zapata non si dimostrò entusiasta di intraprendere la sua azione pastorale nella città andalusa, posta quasi agli estremi sud-occidentali della penisola iberica. Nondimeno, entrato in carica, aderì perfettamente al modello di vescovo postridentino. Si preoccupò innanzi tutto di risolvere i contrasti esistenti con il capitolo della cattedrale gaditana circa l’amministrazione delle rendite provenienti dalle decime e il diritto di nomina ad alcuni uffici. Quindi, promosse l’applicazione dei decreti di riforma del concilio di Trento, anche mediante il compimento di sinodi diocesani. È del 1591 la promulgazione delle Constituciones sinodales, nella quali si approfondivano i temi dell’amministrazione dei sacramenti (battesimo, confessione, comunione annuale soprattutto), della lotta alla superstizione magica, ancora ben radicata fra i fedeli, della necessaria riorganizzazione dell’assistenza materiale ai poveri. Zapata fondò altresì il seminario di S. Bartolomeo. Nel 1593, tuttavia, egli cercò di ottenere l’assenso del re per una sua rinuncia al titolo, ma non ebbe risposte positive. Si impegnò nel reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione della cinta muraria cittadina. Essa si sarebbe dimostrata comunque inadeguata a garantire la difesa del luogo: infatti, nei primi giorni di luglio del 1596, un corpo di spedizione inglese al comando del conte di Essex, Robert Devereux, prese e saccheggiò Cadice, imponendo un durissimo riscatto agli abitanti. Zapata si trovava in quel frangente fuori città. Il 13 maggio 1596, infatti, era stato trasferito alla diocesi di Pamplona, di cui prese possesso solo il 23 settembre 1596. Vi fece il suo ingresso il 13 marzo 1597.
Fu molto impegnato in occasione della pestilenza che colpì la città di Navarra nel settembre del 1599. Quindi, preparò la visita ad limina per il 1600: fu nondimeno un suo procuratore a recarsi presso la corte pontificia. L’11 settembre 1600, fu creato arcivescovo di Burgos. Si impegnò affinché fosse ripristinato lo Studio gesuita, abbandonato poco prima. Lo ampliò, lo dotò di rendite e coinvolse nella sua gestione il capitolo della locale cattedrale. Di nuovo, si sforzò di rispettare modi e tempi della visita ad limina: fu probabilmente questa la sua prima occasione di presentarsi in Curia.
Sin dalla fine di maggio del 1601, il duca di Lerma Francisco Sandoval y Rojas iniziò a fare pressioni sull’ambasciatore a Roma, il duca di Sessa Antonio Fernández de Córdoba y Folch de Cardona, affinché fosse dato a Zapata il cappello cardinalizio. La presenza nella corte del re di Spagna del fratello Diego, maggiordomo reale, garantiva pieno appoggio al progetto. La cosa, comunque, riuscì soltanto in occasione della sesta promozione di Clemente VIII, il 9 giugno 1604, in una congiuntura non facile per i rapporti burrascosi fra il nuovo ambasciatore, il marchese di Villena e duca di Escalona Juan Fernández Pacheco e gli Aldobrandini. Zapata ebbe il titolo di S. Matteo in Merulana (sarebbe stato in seguito trasferito a quello di S. Croce in Gerusalemme il 5 giugno 1606 e a quello di S. Balbina il 17 ottobre 1616).
Filippo III sollecitò il neocardinale in settembre a passare a Roma. Zapata aspettò tuttavia di vedersi provvisto dal re di una dotazione adeguata di entrate fisse. Ebbe 15.000 scudi annui, più altri 10.000 in sovvenzioni straordinarie (ayuda de costa). Partì in marzo; il 6 aprile era ancora a Siena: così, non giunse in tempo per partecipare al conclave che portò all’elezione di Leone XI (nella notte fra il 1° e il 2 aprile 1605), considerata una netta sconfitta della fazione cardinalizia filospagnola. Partecipò invece a quello che vide eletto Paolo V (il 16 maggio), candidato di compromesso dopo una dura contrapposizione tra i sostenitori dei cardinali Domenico Toschi (sostenuto dalla fazione spagnola) e Cesare Baronio, sul quale la contrarietà del re Cattolico era totale, ed ebbe occasione di scrivere a corte per condannare apertamente l’operato durante il conclave non solo dei cardinali italiani di presunte simpatie spagnole, ma anche del cardinale Francisco de Ávila Guzmán.
La morte proprio di quest’ultimo, avvenuta nella notte fra il 20 e il 21 gennaio 1606, liberò il posto di cardinale protettore del Regno di Castiglia in corte di Roma e rese urgente il problema della rappresentanza spagnola all’interno della congregazione del S. Uffizio. Quasi automatica quest’ultima sostituzione: Zapata giurò come cardinale inquisitore già il 27 gennaio. Alla protezione invece ambivano anche i cardinali Odoardo Farnese, Ascanio Colonna, Francesco Sforza, Alessandro Damasceni Peretti e addirittura il nipote del papa, il cardinale Scipione Caffarelli Borghese. Così, fu soprattutto per non premiare un nome italiano, facendo ingelosire tutti gli altri, che il titolo fu dato a Zapata.
Quest’ultimo non seppe affatto conferire autorevolezza alla propria posizione. Era leggero nel diffondere le sue opinioni al punto di apparire imprudente. Aveva poi cattivi rapporti con l’ambasciatore a Roma Gastón de Moncada, marchese di Aytona. Così, i suoi tentativi di guadagnare connazionali alla berretta rossa e di scongiurare invece la creazione cardinalizia di prelati francesi o filofrancesi riuscirono molto goffi. In occasione del violento conflitto giurisdizionale tra il papato e la Repubblica di Venezia del 1606-07, i suoi tentativi di mediazione vennero aspramente criticati, anche dal cardinale Caffarelli Borghese. Dovette addirittura scusarsi con il pontefice per le critiche rivolte all’accordo faticosamente raggiunto. Più di tutto, riuscì infelice la redazione nel settembre del 1607 di un violento memoriale inviato al duca di Lerma. Vi si denunciavano gli abusi della Dataria e più in generale l’esosità di ogni procedimento curiale, al pari dell’avidità abituale nella collazione dei benefici e nella concessione delle dispense. Ogni anno, denunciava Zapata, l’istituzione Chiesa e gli ecclesiastici di rango nobiliare italiani trattenevano a proprio vantaggio un’enorme quantità di denaro, proveniente dai regni di Spagna, almeno 600.000 ducati. Il documento venne presto conosciuto anche a Roma e attirò nuove critiche sul porporato. Zapata però si trovò presto coinvolto in una missione fuori Roma.
Tra il febbraio e il marzo del 1609 egli si recò con un nutrito seguito a Firenze, incaricato da Filippo III di congratularsi con Cosimo II de’ Medici per le nozze con Maria Maddalena d’Asburgo, figlia dell’arciduca Carlo II di Stiria e sorella di Ferdinando (imperatore dal 1619). Zapata aggiunse per propria iniziativa a questo ufficio quello delle condoglianze per la morte del granduca Ferdinando I (avvenuta il 3 febbraio, quando la sua prima istruzione da Madrid era già stata spedita). Zapata prese alloggio a palazzo Pitti. Nei suoi incontri con la granduchessa madre, Cristina di Lorena, e con la sposa novella, Zapata cercò subito di verificare se potesse dirsi chiusa la parentesi filofrancese che si era aperta con l’arrivo a Firenze della nipote di Caterina de’ Medici. Tuttavia, non poté che rilevare che il nuovo granduca si manifestava alla madre in tutto «muy sugeto» (Tovar, 2010, p. 494).
Nella primavera del 1611 ebbe poi l’incarico temporaneo di ambasciatore a Roma, in sostituzione di Francisco de Castro. Limitò praticamente la sua azione alla trasmissione a corte di notizie e avvisi da Roma e dall’Italia spagnola. Infine, fra il 1615 e il 1616 prese parte al processo inquisitoriale contro Galileo Galilei.
Partì da Roma nel 1617. L’anno seguente fu incluso nel Consejo de Estado. Fece parte della Junta de Pontificado, organo speciale, votato all’esame delle questioni emerse nei rapporti con Roma, fino alla primavera. Poi ne rimase escluso: si erano infatti avuti sospetti che passasse informazioni ai nunzi pontifici in Spagna.
Nel 1620 fu nominato luogotenente e capitano generale del Regno di Napoli. Partito da Madrid dopo la metà di settembre, giunse a Pozzuoli il 10 novembre ed entrò nella capitale il 16 dicembre 1620. Tuttavia, già nel gennaio del 1621 dovette rientrare a Roma, a causa del conclave seguito alla morte di Paolo V. Durante il conclave ebbe la voce, cioè la qualifica di rappresentante ufficiale di Filippo III in Spagna. Fu sua, insieme all’altro cardinale spagnolo, Gaspar Borja y Velasco, la proposta del nome del cardinale Alessandro Ludovisi, poi asceso al soglio con il nome di Gregorio XV.
Al suo ritorno a Napoli, dopo circa un mese, i primissimi interventi di Zapata per garantire l’approvvigionamento alimentare e per sorvegliare il lavoro dei giusdicenti furono apprezzati. Presto però, sopraggiunto un periodo di straordinario maltempo, il trasporto dei viveri si interruppe ed egli non poté arginare una dilagante carestia e un consistente rialzo dei prezzi, causa di forti malumori fra la popolazione. Tentò nel contempo una riforma della moneta corrente. Infatti, quella che più comunemente correva, il mezzo carlino d’argento (denominato zanetta), subiva continue limature del metallo prezioso, al punto che era fortemente svalutata e non veniva più accettata dai commercianti. L’introduzione in corso legale di 3.000.000 di ducati della nuova moneta era previsto per il 2 marzo 1622, ma l’eccessiva fretta e le frodi degli appaltatori della Zecca causarono un sostanziale fallimento dell’operazione. Così, nel 1622, si susseguirono in città disordini e persino, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, episodi diretti contro Zapata, in strada. Per scongiurare una congiura popolare, fu formata una giunta di quattro ministri (Giovan Battista Valenzuola, Scipione Rovito, Pomponio Salvo e Cesare Alderisio), che istruì un processo con circa trecento imputati alla sbarra, concluso in giugno con dieci condanne a morte e sedici condanne alla galera. In un ambiente ormai apertamente a lui sfavorevole, Zapata non rinunciò a tentare altre misure, quali una riforma dei procedimenti giudiziari e la dislocazione di parte del peso fiscale sui forestieri, colpiti da una tassa del 25% dei loro redditi per quattro anni.
Venne comunque rimosso sul finire del 1622. Ritiratosi a Posillipo, attese la stagione favorevole per un viaggio in mare e si recò in Spagna. Nel 1625 prese l’incarico di amministratore dell’arcidiocesi di Toledo, per conto del cardinale infante Ferdinando d’Austria. Il 30 gennaio 1627 Urbano VIII lo nominò inquisitore generale dei regni di Spagna. Curò la redazione di un nuovo indice dei libri proibiti, completo di tutte le norme regolamentari sulla materia. Nondimeno, nella gestione delle questioni inquisitoriali, si dimostrò più sensibile alle ragioni di Roma, rispetto a quelle di Madrid e fu sostituito da Antonio de Sotomayor nell’estate del 1632.
Ritiratosi definitivamente nel suo palazzo di Barajas, Zapata morì il 27 aprile 1635. Fu seppellito nel locale convento dei francescani scalzi, ai quali aveva lasciato altresì la sua biblioteca.
Era stato protagonista di un attivo mecenatismo. A Pamplona aveva promosso lavori nella cattedrale: fece edificare la sacrestia maggiore e commissionò la realizzazione di una pala d’altare in marmo policromo (opera di Pedro González de San Pedro, di Domingo Bidarte e di Antón Claver). Sua anche l’iniziativa della realizzazione di un tempietto eucaristico in argento da processione.
Opere. Novus Index Librorum Prohibitorum Et Expurgatorum Editus Autoritate et Iussu... Antonii Zapata, Hispali, ex Typh. Francisci De Lyna, 1632. Viene attribuito anche a Zapata il Discurso de la obligación en conciencia y iusticia que los prelados tiene de proueer las dignidades y beneficios eclesiasticos en personas que puedan y quieran y tengan intencion y proposito de residir y perseverar en ellos..., en Madrid, en la Imprenta del Reyno, 1629. Di fatto, però, egli non ne fu il primo autore, ma solo il patrocinatore. Lo dedicò al citato cardinale infante.
Fonti e Bibl.: G. Coniglio, I viceré spagnoli del Regno di Napoli, Napoli 1967, pp. 209-215; M.C. García Gaínza, El mecenazgo artístico del obispo Z. en la Catedral de Pamplona, in Scripta theologica, XVI (1984), pp. 579-589; E. Escartín, Virrey y virreinato: la jornada del cardenal Z., de Madrid a Nápoles, in Pedralbes, XV (1995), pp. 233-264; S. Giordano, Gaspar Borja y Velasco rappresentante di Filippo III a Roma, in Roma moderna e contemporanea, XV (2007), fasc. 1-3, pp. 158-161, 170 s., 177, 180; C.M. Tovar, La embajada del cardenal Z. a Florencia, in Centros de poder italianos en la monarquía hispánica (siglos XV-XVIII), coord. por J. Martínez Millán - M. Rivero Rodríguez, I, Madrid 2010, pp. 481-502; Th.F. Mayer, The Roman Inquisition. A Papal Bureaucracy and its laws in the Age of Galileo, Philadelphia 2013, ad ind.; F. de Asís Martínez Gutiérrez, Entre el Rey Católico y el Papa. Los cardenales españoles durante los valimientos de Lerma y Olivares, Tesis Doctoral, Universidad de Granada 2017, https://hera.ugr.es/tesisugr/267 6863x.pdf; H.H. Schwedt, Die römische Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1601 bis 1700, Friburg-Basel-Wien 2017, pp. 635 s.