ZANOTTI CAVAZZONI, Francesco Maria
– Nacque a Bologna il 6 gennaio 1692, ultimo di otto figli di Giovanni Andrea Cavazzoni (v. la voce in questo Dizionario), che assunse il cognome dello zio materno Vincenzo Zanotti, insieme al lascito testamentario e fu attore della Comédie italienne alla corte di Luigi XIV, e della francese Marie Marguerite Enguerant di Abville.
Tra gli «Zanotti immortali» (Giovio - Roberti, 1797, p. 285) vanno menzionati anche il pittore Giampietro, padre di Eustachio, astronomo e idraulico (v. le rispettive voci in questo Dizionario), il filosofo e teologo Ercole, Angiola e Teresa poetesse in dialetto bolognese.
Rimasto presto orfano del padre, Francesco Maria compì i primi studi nella scuola gesuitica bolognese. A 13 anni iniziò a studiare la filosofia, «la principal sua inclinazione» (Fantuzzi, 1790, p. 272), e la letteratura, specie latina (Virgilio, Orazio, Ovidio, Catullo). Grazie al medico, naturalista e letterato Ferdinando Antonio Ghedini si esercitò nella composizione poetica italiana, entrando nella Colonia Renia dell’Arcadia con il nome di Orito Piliaco, per «estirpare quanto restava di poesia metafisica dell’età precedente, e ristabilire il Petrarca e i suoi seguaci» (Provenzal, 1900, p. 24). Iniziò anche a frequentare i fratelli matematici Gabriele ed Eustachio Manfredi, il secondo dei quali anche poeta, e si avvicinò all’Accademia degli Inquieti, fondata intorno al 1690, confluita il 13 marzo 1714, con il nome di Accademia delle scienze dell’Istituto, nell’Istituto delle scienze fondato dallo scienziato, viaggiatore e uomo politico Luigi Ferdinando Marsili. I suoi interessi matematici si consolidarono con la frequentazione di Vittorio Francesco Stancari, professore di matematica nell’Università di Bologna dal 1698, permettendogli di impadronirsi del calcolo infinitesimale nella versione fornitane da Gottfried Wilhelm von Leibniz.
Laureatosi in filosofia il 29 ottobre 1716, il 27 ottobre 1717 sostenne pubbliche esercitazioni sulla filosofia di Cartesio e dal 1718 al 1738 fu lettore di logica all’Università di Bologna. Dopo aver rifiutato la cattedra di filosofia offertagli nel 1732 dall’Università di Padova, dal 1735 al 1739 insegnò anche filosofia straordinaria, fisica e filosofia morale nell’Università bolognese, dal 1749 divenne lector emeritus e l’8 marzo 1743 fu accolto nel Collegio filosofico. Grazie all’ospitalità dei marchesi Ludovico e Maria Ratta, nella casa dei quali abitò fino al 1760, fu libero da oneri lavorativi e frequentò il migliore ambiente culturale, che, anche in seguito al pontificato del bolognese Benedetto XIV, rese Bologna uno dei principali centri culturali della penisola, con l’attenzione alla nuova scienza sperimentale e la difesa della tradizione italiana, umanistica e cattolica dinanzi al dilagare dell’Illuminismo francese. Nel 1750 partecipò al giubileo papale a Roma, tenendo il 25 maggio l’orazione ufficiale in Campidoglio a cura dell’Accademia di S. Luca in lode di pittura, scultura e architettura.
Il suo principale impegno fu rivolto all’Istituto bolognese, dove dal 1° agosto 1721 fu bibliotecario, nel 1723, sotto la presidenza di Matteo Bazzani, segretario e dall’11 marzo 1766 presidente, al posto del chimico Iacopo Bartolomeo Beccari. Dal 1731 si impegnò nella pubblicazione degli Atti dell’Istituto (De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia commentarii), che per la fisica, matematica, filosofia e astronomia sono in gran parte dovuti allo stesso Zanotti. Tramite l’Istituto stabilì contatti con studiosi meridionali attivi a Napoli come i medici, matematici e filosofi Tommaso Cornelio e Giovanni Alfonso Borelli, e con noti uomini di cultura europei come il segretario della Royal Society Henry Oldenburg e Voltaire.
«Ingegno fatto a tutte le scienze» (Fantuzzi, 1790, p. 270), Zanotti fu ugualmente apprezzato in letteratura, estetica, filosofia, fisica e matematica. Avviò la sua prolifica produzione intorno ai sessant’anni, con una delle sue opere più note – Della forza de’ corpi che chiamano viva (1752) – che affronta la questione della ‘forza viva’, ovvero dell’energia cinetica, più con argomenti filosofici che meccanici, come traspare dallo stesso frontespizio: «ha procurato l’Autore, quanto ha potuto di promovere la quistione col solo discorso metafisico, senza assumere dalla geometria, né dalla meccanica altro, che le proposizioni più note, e più comuni».
Vi si sostiene la tesi cartesiana, secondo la quale la forza viva si misura moltiplicando la massa di un corpo per la velocità, contro quella leibniziana, sostenuta dal matematico e fisico gesuita Vincenzo Riccati, che nel Dialogo dove ne’ congressi di più giornate delle forze vive, e dell’azioni delle forze morte si tien discorso (Bologna 1749), opponendosi «alle affermazioni fatte su tal materia da Francesco Maria Zanotti nei Commentarii dell’Istituto» (Provenzal, 1900, p. 238), ipotizzava più correttamente che la massa dovesse essere moltiplicata per il quadrato della velocità.
Da matematico Zanotti aveva anche studiato la teoria degli elastici, in tre dissertazioni pubblicate nella parte III del II tomo degli Atti dell’Accademia di Bologna (1755), criticando il matematico Johann Bernoulli. Da fisico e filosofo Zanotti fu tra i primi a diffondere in Italia la teoria newtoniana dell’attrazione universale, soprattutto in De viribus centralibus (1762), dove «è esposta con chiarezza incomparabile la teoria newtoniana» (Provenzal, 1900, p. 145). Dopo aver discettato sulla teoria dei vortici di René Descartes, Zanotti rivolse particolare attenzione all’ottica newtoniana e alla teoria dei colori, impegnandosi anche in ricerche sperimentali, verso le quali indirizzò il suo allievo più celebre, il saggista e scrittore veneziano Francesco Algarotti. Come Algarotti e Bernard le Bovier de Fontenelle, Zanotti intendeva «le opere scientifiche accessibili a tutte le menti e adorne di bella veste perché potessero piacere ai profani ed alle dame» e «aveva orrore delle opere scritte in latino ed irte di formole algebriche» (p. 238).
La più originale ricerca filosofica di Zanotti consiste nell’applicazione alle idee della teoria dell’attrazione di Isaac Newton. Nell’opuscolo Della forza attrattiva delle idee (1747), che finse di tradurre dal francese e di pubblicare a Napoli, dove era nata la disputa tra Antonio Genovesi, difensore di Newton, e Antonio Conti, metafisico antiempirista, Zanotti sostenne che le idee si sfregano a vicenda, aderendo elettricamente tra loro, cosicché se una si ripresenta alla memoria ne emergono anche altre, a essa collegate.
Tale tesi sarà ripresa dal medico e filosofo David Hartley nella sua psicologia associazionistica della conoscenza. L’opuscolo è stato anche letto come una «satira contro i Newtoniani troppo appassionati e in genere contro quegli sperimentalisti che vogliono dar legge a tutto il mondo» (Provenzal, 1900, pp. 233 s.), in quanto evidenziava «le conseguenze filosofiche più assurde e pericolose dei tentativi di ridurre a un medesimo fondamento i fenomeni materiali e spirituali, facendo appello ai criteri di semplicità e di analogia della natura per mostrare l’identità fra i principi di unificazione del mondo fisico e le leggi della mente» e soprattutto segnalava «i rischi di una contaminazione tra fisica e metafisica, tale da modificarne le funzioni tradizionali e i rapporti reciproci» (Giuntini, 1995, p. 87).
Altra opera filosofica di grande successo fu La filosofia morale secondo l’opinione dei peripatetici ridotta in compendio, con un Ragionamento dello stesso sopra un libro di morale del Sig. di Maupertuis (1754), nata su richiesta del giovane nobile Lucrezio Pepoli, che offre una sintesi dell’etica di Aristotele, a partire dall’Etica Nicomachea.
Questa è ritenuta «l’opera filosofica principale» di Zanotti, fino al 1900 «ristampata e letta e adottata come libro di testo nei seminarii» (Provenzal, 1900, p. 227). Zanotti vi aggiunse una polemica nei confronti del matematico, fisico e filosofo francese Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, contrastato come epicureo e utilitarista, perché sosteneva il piacere come fine ultimo. Zanotti affermò cristianamente che l’uomo vuole la virtù in se stessa e non il piacere: «la felicità consiste non nel solo piacere, ma nel piacere insieme e nella virtù; imperocché non può l’uomo esser felice [...], se non ha insieme e piaceri e virtù» (La filosofia morale, Venezia 1763, p. 206). L’avvicinamento non ortodosso dell’etica aristotelica e cattolica alla morale stoica e la pubblicazione del Ragionamento di Maupertuis avviarono «una controversia che commosse tutta Italia» (p. 283) e diedero «la maggior importanza al libro» (Provenzal, 1900, p. 230). La polemica contrappose Zanotti al teologo domenicano Casto Innocente Ansaldi, che nello stesso anno pubblicò le Vindiciae Maupertusiane «in difesa del Maupertuis e della dottrina cristiana che a lui pareva fosse stata dallo Zanotti equiparata moralmente a quella degli Stoici» (p. 231). La disputa venne pubblicata nella Raccolta di trattati di diversi autori concernenti alla religion naturale e alla morale filosofia de’ cristiani e degli stoici (I-II, Venezia 1756-1757) comprendente, oltre ai ricordati testi di Zanotti, Maupertuis e Ansaldi, il Parere di padre Tommaso Schiara, tre Discorsi di risposta dello stesso Zanotti, Lettere di Giuseppe Antonelli (pseudonimo di Zanotti), una Dissertazione del conte Lodovico Barbieri, Lettere diverse colle loro risposte e una Appendice e diceocrisia del canonico Giuseppe Guerreri.
La filosofia morale fu studiata da Giacomo Leopardi e richiamata variamente nelle sue Dissertazioni filosofiche: Zanotti fu considerato da Leopardi il modello del filosofo ‘speculativo’ e quattordici suoi brani comparvero nella Crestomazia della prosa, sei dei quali, scelti da Della forza de’ corpi che chiamano viva, furono inseriti nella sezione Filosofia speculativa, a partire dal primo intitolato Idea del filosofo perfetto (Leopardi, 1968, pp. 263-270).
Afferiscono all’ambito filosofico della produzione zanottiana anche un Ragionamento sopra la filosofia che raccoglie cognizioni elementari di fisica, antropologia, astronomia, logica e morale per la figlia della marchesa Ratta, Eleonora, e i Paradossi, entrambi pubblicati postumi nel volume V delle Opere, raccolte dal discepolo Luigi Palcani in nove volumi (Bologna 1779-1802, V, pp. 217-270 e 271-309).
Dopo esser divenuto «chiaro e famoso a tutta l’Europa», «congiungendo ad una profondissima scienza una straordinaria, e quasi nuova, leggiadria, e grazia di scrivere» (La filosofia morale, cit., 1763, p. VIII), Zanotti pervenne anche alla gloria di critico letterario e di letterato con saggi di poetica e composizioni in versi. Per esaudire il desiderio della marchesa Ratta di imparare le norme per la composizione di una tragedia Zanotti scrisse Dell’arte poetica ragionamenti cinque (1768), la sua «ultima opera di qualche importanza», che è anche «l’unico lavoro uscito dal gruppo bolognese intorno alla poesia e n’è come il codice poetico» (Provenzal, 1900, pp. 149 e 156), che trattano della poesia in generale, della tragedia, della commedia, del poema epico, e «diedero allo Zanotti quella fama di buon critico letterario che gli rimane anche oggi» (p. 159).
Zanotti si inserì nella querelle des anciens et des modernes sostenendo le ragioni degli antichi e richiamandosi nuovamente, come per la filosofia morale, ad Aristotele, se pure in forma libera da schematismi di scuola. Scrisse anche 149 poesie italiane (121 sonetti, 11 canzonette, 9 canzoni, 7 epistole in sciolti, un epitalamio in sciolti) e 36 latine (35 elegie e un endecasillabo catulliano), «poesie scritte per diletto da un grande scienziato» (pp. 225 s.).
Negli ultimi anni studiò il greco e si dedicò alla lingua italiana, approntando anche una grammatica per la marchesa Ratta e continuando a frequentare l’Accademia e a leggervi dissertazioni scientifiche. L’ultimo suo scritto fu un epitalamio per Eleonora Ratta (1777).
Morì a Bologna la mattina del Natale 1777, a seguito di una malattia polmonare contratta da una infreddatura non curata, e fu sepolto nella chiesa priorale di S. Maria Maddalena.
Opere. De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia commentarii, I-VII, Bononiae 1731-1791; Della forza attrattiva delle idee. Fragmento di un’opera scritta dal Signor Marchese de la Tourrì a Madama la Marchesa di Vincour sopra l’attrazione uniuersale, Napoli [ma Bologna] 1747; Della forza de’ corpi che chiamano viva, Bologna 1752; La filosofia morale secondo l’opinione dei peripatetici ridotta in compendio. Con un Ragionamento dello stesso sopra un libro di morale del Sign. di Maupertuis, Bologna 1754, Venezia 1763; De viribus centralibus, Bononiae 1762; Dell’arte poetica ragionamenti cinque, Bologna 1768; Opere, I-IX, Bologna 1779-1802; Lettere di F.M. Zanotti, G.B. Martini, G. Sacchi (sulla divisione del tempo nella musica), Milano 1782 (ed. anast. Bologna 1970); Scritti filosofici, a cura di M.F. Sciacca, Milano 1943.
Fonti e Bibl.: G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 270-286 (ed. anast. 1965); G. Giovio - F. Roberti, Elogio del conte ab. Giambatista Roberti, in G. Roberti, Opere, I-XV, Bassano 1797, XII, pp. 263-365; D. Provenzal, I riformatori della bella letteratura italiana: Eustachio Manfredi, Giampietro Zanotti, Fernand’Antonio Ghedini, F.M. Z., Rocca S. Casciano 1900; G. Leopardi, Crestomazia italiana. La prosa. Secondo il testo originale del 1827, Introduzione e note di G. Bollati, Torino 1968 (in partic. Indice degli autori e dei libri, p. 546); F. Venturi, Settecento riformatore, I-V, Torino 1969, I, pp. 395-403; Un inedito di F.M. Z.: le Notae ad Lockium, a cura di M. De Zan, in Rivista critica di storia della filosofia, XXXVIII (1983), 4, pp. 470-495; G. Arrighi, Due inediti di Ruggiero Giuseppe Boscovich in polemica con F.M. Z., in Physis, XXVI (1984), 3, pp. 373-432; C. Giuntini, La chimica della mente: associazione delle idee e scienza della natura umana da Locke a Spencer, Firenze 1995, ad ind.; M.L. Binda, La forza attrattiva delle idee tra scienza, fede e poesia. Introduzione al pensiero di F.M. Z. C., Trento 2008.