VIVARINI
. Famiglia di pittori muranesi operanti a Venezia tra il 1440 circa e i primi anni del sec. XVI. La loro attività fu in qualche modo parallela a quella dei Bellini ma con prevalere di tendenze tradizionaliste e su un pianò in complesso più modesto. La famiglia dei V. originaria di Padova risulta stabilita a Murano già nel 1367.
Antonio, figlio di Michele vetraio (fiolario), nacque probabilmente nel secondo decennio del secolo XV e risulta all'opera a partire dal 1441; la sua morte si può collocare tra il 1476 e il 1484. Per quanto sappiamo, egli visse generalmente a Venezia, ma nel 1447 operava a Padova, ivi iscritto nella fraglia dei pittori, e nell'anno seguente s'impegnava nella stessa città a dipingere a fresco, insieme con Giovanni d'Allemagna, meta della cappella Ovetari agli Eremitani, lavoro poi interrotto. Le uniche opere che in base alle scritte possono dirsi eseguite dal solo Antonio V. sono il polittico di Parenzo (1440 circa), quello della Pinacoteca Vaticana (1464) e quello del museo di Bari, se si ammette che la odierna iscrizione e datazione (1467) ripetano altre originali. Nelle altre il nome di Antonio V. compare insieme con quello di Giovanni d'Allemagna e, morto questo (1450), con quello di Bartolomeo Vivarini. Quindi la sicura delimitazione dell'attività pittorica di Antonio V. presenta gravi difficoltà e in molti casi non è possibile.
Giovanni d'Allemagna, pittore d'origine tedesca, appare per la prima volta nel 1441, come collaboratore di Antonio V. Anche egli operò a Venezia e a Padova, sempre con Antonio V., del quale sposò la sorella; morì a Padova nel 1450. Non conoscendosi nessuna opera eseguita sicuramente dal solo Giovanni d'Allemagna, l'attività di questo è per noi incerta, anche se si è disposti ad assegnargli quanto nelle opere dovute a lui e al V. è più vistoso e meno delicato.
Tra i dipinti eseguiti da Antonio V. insieme con Giovanni d'Allemagna sono in particolar modo da ricordare: il polittico di S. Girolamo ora nella Galleria di Vienna (1441), le tre ancone della cappella di S. Tarasio a S. Zaccaria (1443-44), l'Incoronazione della Vergine a S. Pantaleone (1444), la Madonna in trono dell'Accademia di Venezia (1446). Si devono inoltre ad Antonio V., secondo taluno con la collaborazione di Giovanni d'Allemagna, l'Adorazione dei Magi del Museo di Berlino, la Sant'Orsola del seminario di Brescia, la Madonna della chiesa dei Filippini a Padova, il polittico della Pinacoteca di Brera e la Madonna del Museo Poldi-Pezzoli a Milano. Alla collaborazione di Antonio V. col fratello Bartolomeo spetta soprattutto il polittico della Pinacoteca di Bologna (1450). Nell'ultimo tempo Antonio V. non solo lavorò col fratello, ma dovette sentirne anche l'influsso, come appare nell'ancona della Vaticana.
Se la precisa delimitazione dell'opera di Antonio V. presenta notevoli incertezze, tuttavia abbiamo un gruppo di opere omogenee di alta qualità di fronte alle quali più di quella distinzione c'interessa di comprendere le opere stesse nel loro carattere e nel loro valore, magari supponendo che in esse prevalga l'impronta di Antonio V. Per il loro carattere tali opere sono strettamente connesse al gotico cosmopolita della prima metà del '400, con influssi di Masolino e di Gentile da Fabriano, forse anche per il tramite dei gentileschi veneziani Iacobello e Giambono. Per il loro valore Antonio V. va posto fra i più squisiti maestri del '400 gotico italiano.
Bartolomeo, fratello di Antonio, nacque verso il 1432 a Murano, operò fino al 1491 e forse anche dopo. Mentre assai poco si sa della sua vita, abbiamo di lui molte opere firmate e datate, specie del periodo avanzato. Sono in particolar modo da ricordare: parte del polittico della Pinacoteca di Bologna eseguito da lui insieme col fratello (1450), il S. Giovanni da Capistrano ora al Louvre (1459), il polittico 615 delle Gallerie di Venezia (1464), la Madonna in trono della Pinacoteca di Napoli (1465), il trittico di S. Maria Formosa (1473), il S. Agostino ai Ss. Giovanni e Paolo (1473), il polittico di S. Ambrogio alle Gallerie di Venezia (1477), il trittico di S. Giovanni in Bragora (1478), le Ss. Maddalena e Barbara alle Gallerie di Venezia (1490). Molte altre opere vennero eseguite da Bartolomeo V., che spesso si valse di collaboratori, specialmente nel periodo tardo, venendosi in qualche modo a formare intorno a lui una bottega di madonneri che produsse ancone anche per centri lontani. Bartolomeo V. fu con ogni probabilità allievo di Antonio suo fratello, col quale per qualche tempo lavorò; ma fin dalla sua prima giovinezza sentì l'influsso dell'arte nuova che s'andava affermando nell'ambiente padovano, com'è attestato anche dalla Madonna della collezione Lane da lui eseguita a soli 16 anni. In particolar modo sentì l'influsso del Mantegna, ma in senso gotico e conservatore, con incisivo astrattismo formale ed aspro colore, in modi talvolta affini a quelli del Tura e del Crivelli. Il goticismo di Bartolomeo V. fu naturalmente diverso da quello del fratello e ben più plastico e articolato. Hanno un carattere gotico anche i suoi naturalistici accostamenti al vero. Se in qualche opera Bartolomeo V. sentì l'influsso di Giambellino e forse anche quelli della corrente antonelliana, ciò avvenne in modo sporadico ed esteriore. Furono allievi di Bartolomeo V. Quirizio e Andrea da Murano e Lazzaro Bastiani.
Alvise, figlio di Antonio, nacque probabilmente verso il 1446, morì tra il settembre 1503 e il novembre 1505. Per quanto risulta, dimorò generalmente a Venezia, né v'è bisogno di pensare ad un viaggio nell'Italia meridionale se là sono opere sue. A partire dal 1492 lavorò nel Palazzo Ducale; ma le sue tele per la sala del Maggior Consiglio rimasero interrotte, e terminate da Giambellino andarono poi distrutte. La prima opera datata che di lui conosciamo è il polittico del 1475 nella chiesa di Montefiorentino nelle Marche, di tipo tradizionale e derivato in particolar modo dall'arte di Bartolomeo V. Seguono, specialmente importanti: la Madonna e Santi delle Gallerie di Venezia (1480), la S. Chiara e la Santa Martire delle stesse gallerie, il Sant'Antonio del Museo Correr (1480), la Madonna della chiesa di S. Andrea a Barletta (1483), il trittico della Pinacoteca di Napoli (1485), la Madonna del Museo di Capodistria (1489) e quella altrettanto belliniana della chiesa del Redentore a Venezia, la pala del Museo di Berlino con la Madonna e sei santi, imponente composizione antonelliana, il busto di Cristo a S. Giovanni in Bragora (1494) e il Cristo risorto della stessa chiesa (1494-1498), il ritratto di gentiluomo della National Gallery di Londra (1497), la pala di S. Ambrogio ai Frari iniziata nel 1503 e compiuta, morto Alvise, da Marco Basaiti suo allievo.
Alvise V., educatosi nell'ambiente pittorico familiare, s'accostò dapprima soprattutto all'arte di Bartolomeo suo zio. Successivamente sentì in particolar modo l'esempio di Antonello da Messina, anche se il plastico risalto antonelliano veniva da lui reso con una aspra crudezza formale. Crudezza che Alvise andò via via attenuando fino a giungere a quel sorprendente Cristo risorto di S. Giovanni in Bragora così libero dai vecchi schemi da giustificare la ipotesi che v'intervenisse un altro geniale maestro. Alvise fu anche un felice ritrattista, per quanto oggi non si possa attribuirgli tutto ciò che un tempo gli si dava in tale campo.
Particolare fu la sua importanza storica come traduttore veneto dell'antonellismo.
V. tavv. CXI e CXII.
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