TAVIANI, Vittorio
Nacque a San Miniato, in provincia di Pisa, il 20 settembre 1929, figlio di Iolanda Brogi, maestra prima del matrimonio, e di Ermanno, avvocato antifascista impegnato nella Resistenza, perseguitato durante il regime e assessore nella prima giunta comunale di San Miniato dopo la Liberazione. Vittorio era maggiore di due fratelli, Paolo (1931) e Franco (1941), entrambi registi.
Si sposò con Carla Vezzoso con la quale ebbe tre figli. Francesca ha sposato Lello Arena, il noto comico del gruppo cabarettistico La smorfia, protagonista anche di uno dei suoi film, Tu ridi (1998). Ebbe anche due gemelli: Giuliano, musicista, che è diventato un bravo compositore di colonne sonore per il cinema, e Giovanna, apprezzata documentarista, direttrice di un festival di documentario a Salina e – da adolescente – protagonista di una scena famosa di Kaos (1984), quando i ragazzi scendono saltando dalle cave di pomice di Lipari.
Studiò Legge all'Università di Pisa e qui iniziò il sodalizio artistico con il fratello Paolo, che nella stessa università si iscrisse a Lettere, formando una coppia di formidabili autori che hanno contribuito a fare la storia del cinema italiano del dopoguerra.
Due registi-intellettuali che hanno riflettuto sul rapporto del cinema con la storia, con la letteratura, con la società. Due grandi cineasti che si sono formati con la necessità storica di una adesione alla realtà (il Neorealismo), e hanno poi sublimato quella realtà scegliendo un cinema di metafore.
Per entrambi la terra d'origine e quella a cui tornare spesso con la memoria fu la Toscana. L’altra terra mitica è stata la Sicilia. Hanno costituito una coppia simbiotica. Difficile dire se ci sia stata una differenza di stile o di pensiero che distinguesse l’uno dall’altro. Giravano una inquadratura a testa, mescolando quindi la responsabilità di una intera sequenza (se dunque uno girava il campo lungo, l’altro girava il primo piano e viceversa). Non erano due gemelli, insomma, ma il loro 'touch' era comune e fortemente riconoscibile come se dietro ci fosse una sola, coerente mano.
Negli anni universitari i due fratelli organizzarono insieme a un loro amico, Valentino Orsini (ex partigiano), iniziative sul cinema a Pisa e Livorno. Nel 1954 i tre iniziarono a realizzare una serie di documentari a sfondo sociale: il più noto è San Miniato luglio '44 (1954), basato su tragici eventi avvenuti in Toscana durante l’occupazione nazista, che ispirarono anche uno dei capolavori dei Taviani di molti anni successivo, La notte di San Lorenzo (1982).
La Toscana fu il primo grande luogo dell’immaginario tavianeo; ma le loro location abbracciarono l’Italia intera, dalla Sicilia di Un uomo da bruciare (1962) al Piemonte di Una questione privata (2017), percorrendo dunque tutto il paesaggio italiano da Sud a Nord. Dalla Sicilia nacque infatti l’ispirazione dei due fratelli, anche grazie alla loro collaborazione con un grande maestro del documentario, Joris Ivens, che in L’Italia non è un paese povero (1960), commissionato da Enrico Mattei, seguì la nuova Italia del boom petrolifero, e compì un percorso Sud-Nord partendo dalla Sicilia e arrivando all’Emilia, da Gela a Salsomaggiore. I Taviani furono aiuti registi di Ivens, e l’esperienza accanto a un grande cineasta, ma anche un regista fortemente impegnato politicamente, li segnò profondamente.
Il film d’esordio, infatti, fu un film siciliano: Un uomo da bruciare, un film 'civile', di denuncia, dedicato alla storia del sindacalista Salvatore Carnevale (interpretato da un grande Gian Maria Volonté). Siamo nel 1962, e stava nascendo una nuova generazione di cineasti dopo quella neorealista: fu in quegli anni, tra il ’62 e il ’64, che esordirono registi quali Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio e, poco prima, Ermanno Olmi, i cineasti della 'modernità' italiana, influenzati dal Neorealismo ma anche dalla Nouvelle vague. I Taviani si fecero notare per un cinema attento al sociale: I fuorilegge del matrimonio (1963), I sovversivi (1967), con la celebre sequenza dei funerali di Togliatti. Ma subito il cinema dei due fratelli diventò un cinema di metafore e di poesia, che assunse una firma e un graffio riconoscibile: Sotto il segno dello scorpione (1969), San Michele aveva un gallo (1972), Allonsanfan (1974), tutti film che intesero ragionare sulla rivoluzione e le sue illusioni. Allonsanfan, primo film non di nicchia, forte di una distribuzione che lo fece andare nelle sale di prima visione e non solo nei cineblub, fu però anche un film dove i Taviani toccarono delle corde poetiche straordinarie: come nella scena in cui il protagonista (l’'Allonsanfan' del titolo) racconta all’interprete principale Mastroianni di come avrebbe potuta essere la sognata insurrezione.
Si aprì poi il grande capitolo del rapporto dei Taviani con la letteratura, che contraddistinse tutta la loro carriera: Padre padrone (1977) dal romanzo di Gavino Ledda, Kaos da Pirandello, Il sole anche di notte (1990) dal racconto Padre Sergij di Tolstoj, Le affinità elettive (1996) da Goethe, Tu ridi ancora da Pirandello, Resurrezione (un film per la televisione del 2001) di nuovo da Tolstoj, Luisa Sanfelice (un film televisivo del 2004) da Alexandre Dumas padre, La masseria delle allodole (2007) da Antonia Arslan, Maraviglioso Boccaccio (2015) appunto dal Decamerone, senza contare Cesare deve morire (2012) che ha come impianto l’opera di Shakespeare.
In mezzo a questo enorme bagaglio di riflessioni teoriche ed estetiche sul rapporto del cinema con la letteratura, si inseriscono una serie di film che, pur non direttamente ispirati a opere letterarie, hanno a che fare col 'romanzesco': Il prato (1979), La notte di San Lorenzo, Good Morning Babilonia (1987), Fiorile (1993), Sono favole meravigliose, come La notte di San Lorenzo, o rivisitazioni della storia e della storia del cinema come Good Morning Babilonia. Quando non è la letteratura la protagonista, è la storia a irrompere nell’imaginario dei Taviani. Raccontata però alla maniera di Stendhal, dove la storia con la s maiuscola si sposa sempre a storie private. Una questione privata, suona infatti il titolo dell’ultimo film, che coniuga una riflessione sulla Resistenza con una indagine sui sentimenti privatissimi di un triangolo amoroso.
Il cinema dei Taviani può essere visto da ottiche molteplici e con l’ausilio di diverse metodologie: oltre a quelle già accennate relative a cinema & storia e cinema & letteratura, c’è una possibilità di indagine psicanalitica (l’Edipo di Padre padrone, il conflitto generazionale e il rapporto con l’Altro da sé di San Michele aveva un gallo, il conflitto tra fratelli in Good Morning Babilonia, il 'perturbante' di Cesare deve morire); una lettura certamente atipica nel caso dei Taviani come quella del gender (basti pensare a Greta Scacchi in Good Morning Babilonia e a Laetitia Casta in Luisa Sanfelice, ma anche al tema della 'mascolinità' in tanti altri film, da Padre padrone ad Allonsanfan). Pensiamo poi al metalinguaggio, alla riflessione sullo stesso mezzo cinematografico che è alla base di tutta l’ispirazione dei Taviani: il riferimento è soprattutto a Good Morning Babilonia, con la messa in scena di David Griffith ma anche col metaforico finale dei fratelli che filmano la propria morte; e poi a Cesare deve morire, opera contaminata tra documentario e finzione, film girato in digitale (cosa inedita per i Taviani, generazionalmente affezionati alla pellicola) e dunque anche riflessione sulle nuove tecniche espressive imposte dal numerico.
Cruciali sono le relazioni con gli attori, che Vittorio (col fratello Paolo) valorizzarono sempre e fecero crescere: Gian Maria Volonté in Un uomo da bruciare, Ugo Tognazzi e Annie Girardot in I fuorilegge del matrimonio, Giulio Brogi e un giovanissimo Lucio Dalla ne I sovversivi; ancora Brogi in Sotto il segno dello scorpione e San Michele aveva un gallo; Marcello Mastroianni in Allonsanfan; Omero Antonutti in Padre padrone; Saverio Marconi e Isabella Rossellini ne Il prato; ancora Antonutti, Bigagli e un ricco coro di attori ne La notte di San Lorenzo; ancora Bigagli e Antonutti, Massimo Bonetti, Margherita Lozano e molti altri in Kaos; Greta Scacchi, Vincent Spano e Charles Dance in Good Morning Babilonia; Julian Sands e Charlotte Gainsbourg in Il sole anche di notte; Bigagli, Galatea Ranzi e vari altri in Fiorile; Fabrizio Bentivoglio e Isabelle Huppert in Le affinità elettive; Antonio Albanese, Sabrina Ferilli, Turi Ferro e Lello Arena in Tu ridi; Stefania Rocca e Giulio Scarpati in Resurrezione; Laetitia Casta in Luisa Sanfelice; Luca Marinelli in Una questione privata. Molti furono, come si vede, dei volti ricorrenti, e diventarono delle icone del cinema tavianeo. Nonostante la provenienza dal neorealismo fatto – anche ma non solo – di attori presi dalla strada, i due fratelli puntarono sempre su professionisti di grande spessore. L’eccezione è forse in uno dei loro film più 'sperimentali', Cesare deve morire, interpretato interamente da reclusi nel carcere romano di Rebibbia.
Qualche parola va doverosamente spesa sui collaboratori artistici di Vittorio (e Paolo), compagni di strada di tutto il loro prolifico cinema: la costumista Lina Nerli Taviani, moglie di Paolo, il montatore Roberto Perpignani (montatore anche del primo Bertolucci), i produttori Giulian G. De Negri e poi Grazia Volpi, da poco scomparsa (7 febbr. 2020). Tutti grandi professionisti che hanno reso possibile la 'poesia' in immagini dei Taviani.
Insomma si tratta di un cinema complesso, che ha ragionato su storia e letteratura, su paesaggio e tecnologie, su memoria e su ideologia, su realtà e favola; un cinema che resta tra seconda metà del Novecento e nuovo millennio. Un cinema, come è evidente, di forte impegno sociale, sia sul terreno della forma filmica che su quello della riflessione civile; Vittorio Taviani è stato sicuramente un intellettuale attivo in tutte le occasioni in cui cineasti o semplici cittadini hanno dovuto manifestare per la libertà o i diritti civili in Italia e nel mondo.
I film dei Taviani hanno ricevuto molti riconoscimenti prestigiosi: San Michele aveva un gallo ottenne il premio Interfilm a Berlino; La notte di San Lorenzo ha vinto numerosi premi nazionali e internazionali tra cui il Gran premio della giuria e il Premio della giuria ecumenica al Festival di Cannes, cinque David di Donatello (miglior film, miglior regia, miglior direttore della fotografia, miglior montaggio e miglior produttore) e i Nastri d’Argento per la regia e la sceneggiatura; Padre padrone vinse la Palma d’Oro e il Premio della critica al Festival di Cannes 1977, oltre a un David speciale e al Nastro d'Argento per la miglior regia. Kaos vinse David di Donatello e Nastro d'Argento per la sceneggiatura, scritta insieme a Tonino Guerra. E infine Cesare deve morire conquistò l’Orso d’Oro a Berlino 2012.
Nel 2008 i due registi vennero insigniti della laurea honoris causa in cinema, teatro e produzione multimediale dall’Università di Pisa. Nel 2009 ottennero il Premio Camillo Marino alla carriera e il Premio Monsignor Torello Pierazzi; nel 2011 vennero omaggiati al Bif&st di Bari con il Premio Federico Fellini 8 ½. Ma la consacrazione forse più importante fu il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra internazionale del cinema di Venezia del 1986, con il quale entrarono di diritto e precocemente nel pantheon dei maestri del cinema mondiale.
A Vittorio (e Paolo) Taviani sono state dedicate molte riflessioni, che ne hanno fatto due tra i maggiori autori del cinema mondiale: si pensi, per esempio, alla retrospettiva completa organizzata dalla Mostra internazionale del Nuovo cinema di Pesaro e da cui è derivato il volume Utopisti, esagerati. Il cinema di Paolo e Vittorio Taviani (a cura di V. Zagarrio, Venezia 2004). Da citare anche un 'saggio audiovisivo', un documentario sui due registi di San Miniato realizzato dalla figlia di Vittorio, Giovanna, con Vito Zagarrio, I fratelli Taviani, per la serie “Dal testo allo schermo”, Palermo, Palumbo editore, 2011, 2 DVD, in cui i due registi fanno una serie di interessantissime considerazioni sul loro rapporto con la Sicilia pirandelliana, espandendo poi l’analisi al loro rapporto con la letteratura, ai loro modelli filmici e al loro stesso linguaggio cinematografico. Ma molti altri sono i saggi e i libri sul cinema dei Taviani, tra cui un’analisi di Bruno Torri (Cinema italiano. Dalla realtà alle metafore, Palermo 1973) che collocò la loro opera al centro di un passaggio dall’epoca del neorealismo a una nuova fase di intervento nella società e di rilettura della storia attraverso strumenti diversi, dai simboli alla favola.
Vittorio Taviani morì a Roma, il 15 aprile 2018.
Chiese di disperdere le sue ceneri nel mare delle Eolie, dove ha avuto una casa, a Salina.
G. Aristarco, Sotto il segno dello Scorpione: il cinema dei fratelli Taviani, Firenze 1977; F. Accialini - L. Coluccelli, Paolo e Vittorio Taviani, Firenze 1979; P.M. De Santi, I film di Paolo e Vittorio Taviani, Roma 1988; R. Ferrucci - P. Turini, Paolo e Vittorio Taviani: la poesia del paesaggio, Roma 1995; G. Pangon - J.A. Gili, Paolo et Vittorio Taviani, Paris 1997; L. Cuccu, Il cinema di Paolo e Vittorio Taviani, Roma 2001; I fratelli Taviani, a cura di G. Taviani - V. Zagarrio, “Dalla pagina allo schermo”, Palermo 2011, 2 Dvd.