DE CAPRARIIS, Vittorio
Nacque a Napoli il 3 sett. 1924 da Filippo e da Anna de Sapia, famiglia di borghesia professionista originaria di Atripalda, nella provincia di Avellino.
Accostatosi già durante gli anni liceali con entusiasmo e con passione all'opera di B. Croce (a cominciare, significativamente, dalla Storia d'Europa nel secolo decimonono), sulla scia di G. Dorso fece giovanissimo, nel '43, le sue prime esperienze politiche come militante nel Partito d'azione, ricoprendone anche la carica di segretario della sezione di Atripalda ove, per le travagliate vicende nazionali di quel periodo, fu costretto a soggiornare, più o meno a lungo, fra il '42 ed il '45 con i familiari. Rientrato definitivamente a Napoli, vi si laureò in giurisprudenza nel 1946, con una tesi in filosofia del diritto sul pensiero politico di Machiavelli. Cominciò in tal modo a manifestarsi la sua vocazione per gli studi storico-politici, sempre congiunta, allora e dopo, ad una mai smentita, fortissima passione civile, che lo vide attivamente impegnato, in quel periodo febbrile della Napoli postfascista, quale esponente della federazione giovanile cittadina del Partito d'azione, all'ombra di A. Omodeo. Fu in quegli anni fra il '44 e il '46, in ambienti partenopei pervasi da gran fervore di iniziative politiche e giornalistiche, che il D., a parte quelli con G. Macera, annodò assai stretti rapporti d'amicizia, divenuti via via più profondi e più fecondi, con R. Giordano e F. Compagna; fondatore quest'ultimo della rivista meridionalistica liberaldemocratica Nord e Sud (1954-1982), cui il D. darà, sino alla sua morte, un ampio contributo politico-culturale, divenendone anche condirettore.
Ma per allora, intanto, oltre alla milizia politica, egli si diede intensamente agli studi, iniziando a confrontarsi con grandi temi di storia del pensiero. Il primo lavoro di rilievo fu un saggio su Socrate (in La Parola del passato [Napoli], 11 [1947], 5) che richiamò l'attenzione di Croce. Proprio nel '47, assieme a Compagna e Giordano, entrò come borsista all'Istituto italiano per gli studi storici, fondato nel frattempo da Croce e diretto da F. Chabod. Dell'Istituto il D. divenne ben presto vicedirettore, dal '49 al '53, segnalandosi nel mondo degli studi storici e di storia del pensiero politico (sulla cui metodologia aveva precocemente riflettuto) soprattutto con l'assai discussa ed innovatrice opera su Francesco Guicciardini dalla politica alla storia (Bari 1950). Già vincitore di una borsa di studio della Fondazione Rockefeller, soggiornò sin dal '49 ripetutamente a lungo a Parigi e a Basilea, in particolare fra il '53 e il '54, avviando studi su Erasmo, su Naudé e Saint-Evremond, ma dedicandosi precipuamente a Bodin, al problema della tolleranza nelle guerre di religione in Francia e a quelli della genesì dello Stato moderno. Andava così elaborando il densissimo volume su Propaganda e pensiero politico in Francia durante le guerre di religione (Napoli 1959): un'opera che doveva in fin dei conti concludere il suo più che decennale impegno su temi della storia delle idee politiche e della cultura, non soltanto francese, cinque e seicentesca. Temi sondati in più direzioni, come sopra s'è detto, e come ancor meglio può essere testimoniato dalle numerose recensioni di libri su Umanesimo, Rinascimento e Riforma, nonché da parecchi altri suoi importanti scritti e saggi, variamente datati e variamente sparsi in riviste scientifiche e comunicazioni accademiche.
Durante il prolungato ultimo soggiorno parigino si fece anche più intensa la sua collaborazione, iniziata nel '53 e destinata a divenire sino alla fine sempre più costante e impegnativa, al settimanale Il Mondo di M. Pannunzio, specie con articoli a lui suggeriti dalle vicende politiche, francesi in particolare ed europee in generale. Tornato in Italia, dopo aver conseguito nel '54 la libera docenza all'insegnamento di storia delle dottrine politiche, divenne nel '56 incaricato presso l'università di Napoú e nel '60 titolare, presso quella di Messina, per la medesima disciplina. Alla fine degli anni '50, ed agli inizi del decennio successivo, il D. (già esponente della Sinistra liberale prima e, dopo, del Partito radicale di quel periodo) fu sul piano pubblicistico la punta di diamante dell'arca politica cui apparteneva, nella battaglia che menò in Italia alla svolta del Centrosinistra.
All'incirca nello stesso ultimo quinquennio della sua vita, l'indirizzo degli studi storico-politici del D. subì una netta svolta tematica, incubata peraltro da una vigile e preoccupata attenzione per i rischi e le crisi degli ideali e degli istituti delle democrazie liberali contemporanee. In tal senso appare già sintomatico, dopo un assai notevole saggio su Gaetano Mosca, pubblicato nel maggio '54 sulla rivista Il Mulino, il suo impegno sui problemi istituzionali dei regimi rappresentativi, vieppiù consistente, in particolare su Nord e Sud, a partire dal '56 e sino alla vigilia della sua scomparsa. Dopo la quale i relativi scritti vennero raccolti e pubblicati, con un'attenta ed amorevole prefazione di M. Pannunzio, nel volume che porta il titolo emblematico Le garanzie della libertà (Milano 1966).
Se Croce, ad ogni modo, e G. Mosca stanno all'origine del suo sforzo di ripensamento degli ideali e degli istituti liberaldemocratici, a mano a mano (insieme a una recezione critica delle tematiche politologiche e "costituzionaliste" di matrice statunitense) il pensatore politico che diverrà un punto di riferimento costante di quella sua riflessione sarà Alexis de Tocqueville, cui il D. dedicò simpateticamente una cospicua parte delle sue attenzioni e delle sue energie di studioso alla fine degli anni '50 ed agli inizi del decennio successivo. In parziale connessione, e dunque non esclusivamente, con l'interesse per l'autore della Démocratie en Amérique, venne inoltre rendendosi sempre più consistente l'attenzione per le vicende, le istituzioni e la cultura storico-politica statunitensi, che egli contribuì in maniera cospicua anche a rendere da noi più accessibili, con accorte e molteplici iniziative editoriali. Nell'ambito di questo settore di studi, per allora quasi pionieristico in Italia, vanno ricordati almeno l'assai ampia e profonda sua introduzione a una sostanziosa raccolta di scritti storicopolitici di C. L. Becker, da lui curata in un volume dal titolo Storiografia e politica (Venezia 1962), e l'importante coevo saggio su Beard e l'interpretazione economica della costituzione americana (in Nord e Sud, X [1963], 41, pp. 113-28).
Che gli Stati Uniti inoltre fossero non soltanto il più grandioso e riuscito esperimento democratico, ma anche, e soprattutto dalla seconda guerra mondiale in poi, l'insostituibile baluardo dei regimi democratici europei, fu convinzione fermissima del D., così come risulta in primo luogo dalla sua Storia di un'alleanza. Genesi e significato del Patto Atlantico (Roma 1958). Atlantismo ed europeismo, quasi facce di una stessa medaglia, furono in effettì costantemente punti fissi e valori indiscutibili nel complesso arsenale ideologico del vigoroso e storicamente assai addottrinato polemista politico che, dopo breve e grave malattia, la morte colse prematuramente, proprio mentre egli andava rivedendo ed integrando il testo della vasta relazione su Partiti politici ed opinione pubblica durante la Grande Guerra da lui letta, nell'ottobre '63, al congresso di Trento dell'Istituto per la storia del Risorgimento.
Cresciuto culturalmente negli studi storici al seguito di Croce e di Omodeo, ma poi anche al magistero di Chabod, ispiratore dei giovanili suoi studi rinascimentali, il D. avvertì sempre vivissimo il nesso, che non vuol dire in alcun modo subordinazione, fra storiografia e politica, riuscendo come pochi ad attuarlo in concreto non solo nel proprio lavoro ma anche nella propria vita. E si potrebbe forse cominciare a dire che sin dal primo libro del '50 su Francesco Guicciardini quel nesso stava nel centro della sua ricerca, ispirandone l'originale ricostruzione del pensiero storiografico dell'autore della Storia d'Italia, in cui il D. vedeva culminare la delusa esperienza politica dell'uomo di Stato e diplomatico fiorentino. L'aspetto, ad ogni modo, innovatore e quasi iconoclastico di quel suo giovanile libro va visto nel rifiuto netto della desanctisiana immagine di Guicciardini quale uomo del "particulare", fondata soprattutto sui Ricordi, considerati dal De Sanctis in poi quasi lo specchio della decadenza morale dell'Italia cinquecentesca. Negando anzi che il Guicciardini fosse l'uomo dei Ricordi, il D. giunse persino a negare che essi potessero essere giovevoli per intenderne l'opera e la personalità, alla cui radice egli individuò, al contrario, una severa coscienza morale, alimentata da una religiosità di tipo savonaroliano, non priva, pur nell'umanesimo di fondo, di alcuni accenti quasi luterani.
Ma l'interesse per Guicciardini, come anche per Machiavelli (da lui sempre inteso più con Chabod che con Croce) e il Rinascimento in generale, si slargò subito nel D. dal Cinquecento italiano e quello europeo, iniziando dalla Riforma e da Erasmo. A tutto quel processo storico, si deve anzi aggiungere, cinque e seicentesco, che nel fitto intreccio di aspetti e problemi religiosi, culturali e politici, condurrà alla nascita dei principi di tolleranza religiosa e civile; agli incunaboli, insomma, del moderno liberalismo. In questa linea sono da intendersi e da collocarsi i lavori del D. su Erasmo e Des Périers, su Naudé e Saint-Evremond, nonché sul problema dei "libertini" in genere, teorizzanti dapprima libertà di pensiero ed assolutismo statale, per giungere più tardi quasi alle soglie della stessa libertà politica.
Frutto maturo ed assai cospicuo di questo in apparenza ordine sparso di studi, condotti avanti dal D. sino a metà degli anni 'So, risulterà il poderoso volume del '59 su Propaganda e pensiero politico in Francia durante le guerre di religione. Un libro il quale, concepito all'origine come studio del pensiero politico di Bodin, si era andato via via allargando ad un'indagine minuziosa e di amplissimo respiro che, partendo dalla complessa vicenda del pensiero politico-giuridico francese della seconda metà del Cinquecento, si addentrava nell'intrico degli eventi e della libellistica politico-religiosa negli anni che vanno da Cateau-Cambrésis alla strage di S. Bartolomeo. Come il D. stesso ebbe a confessare, ciò che nello studio iniziale doveva costituire lo sfondo era divenuto in realtà, nel corso della ricerca, il tema centrale di una vasta opera, subito assai apprezzata dagli specialisti, ma rimasta purtroppo incompiuta. Un'opera generalmente considerata più ancora forse di storia politica tout court che di storia del pensiero politico in senso specifico; ed il cui pregio principale risulta comunque nella capacità di mettere inusitatamente in evidenza il significato delle maggiori opere teoriche di quegli anni tormentati della storia di Francia, alla luce degli innumerevoli libelli, anche anonimi, della "propaganda politica" dei tempo, così come alla luce di un approfondito studio della concreta situazione storica.
Ma con i fatti ed i problemi concreti della vita politica, nazionali, europei ed internazionali a lui contemporanei, il D. si travagliò non poco, soprattutto dalla metà all'incirca degli anni 'So in poi. Giornalista politico liberaldernocratico, seppe muoversi disinvoltamente con rigore e con lo stesso appassionato impegno, dai temi istituzionali, nazionali e non, delle moderne democrazie di massa, o dai problemi di politica estera, dell'atlantismo e dell'europeismo, a quelli delle vicende politiche interne, ansiosamente seguite e stimolate secondo un disegno strategico di vasto respiro. Da tutto questo, e da tutto ciò che a questo variamente si lega, doveva dunque derivare la svolta "contemporanei stica" nell'indirizzo degli interessi storiografici del D., che egli stesso denunciò significativamente, in modo articolato e motivato, nella prefazione al suo Profilo di Tocqueville (Napoli 1962). Un'agile e succosa indagine la quale, assieme ad altri scritti sul grande normanno, doveva costituire la premessa di una successiva opera di più vasta mole.
Tocqueville era apparso ben presto al D. come un pensatore politico di importanza fondamentale non solo in quanto aveva per primo avviato a soluzione il problema delle relazioni fra liberalismo ed ugualitarismo, ma anche perché, primo fra tutti, aveva tentato di dare una originalissima e rigorosa valutazione complessiva della democrazia, al di fuori di ogni mito e di ogni polemica pregiudiziale. Grazie a Tocqueville, secondo il D., il liberalismo era uscito dalla cittadella del garantismo individualista, racchiuso in un ordine istituzionale, intendendo le ragioni e l'importanza del molteplice movimento della società. La grande novità concettuale della Démocriatie en Amérique, il vero punto di passaggio obbligato della filosofia politica liberaldemocratica contemporanea, doveva esser vista nella scoperta del fattore dinamico delle società politiche. Più in particolare, questo alla lettera il giudizio del D., le società democratiche, nella loro fisiologia, sono certamente, per Tocqueville, instabili e percorse da continui fremiti di cangiamento; ma tale instabilità non tocca mai i principi generatori, dalla spinta ugualitaria al bisogno di libertà di cui tale spinta si nutre. Tutto ciò, beninteso, a patto di non scadere nella patologia, più propria alle democrazie "latine", nelle quali appunto i principi generatori vengono rimessi perpetuamente in discussione.
Il D. mori a Roma il 7 giugno 1964.
Fonti e Bibl.: Sul D., fra i numerosi necrologi di vario rilievo cfr.: Il Mondo, 23 giugno 1964; Rass. stor. del Risorg., LI (1964), pp. 410-13; Bibliothèque d'Human. et Renaissance, XXVI (1964), pp. 638-42; Riv. stor. ital., LXXVI (1965), pp. 271-76. Nel primo anniv. della morte, la riv. Nord e Sud pubblicò un numero unico (giugno-luglio 1965, nn. 66-67) dedicato al D. quale storico e pubblicista politico, con importanti contributi di G. Galasso e F. Compagna. Nel ventesimo anniversario, infine, della sua scomparsa, è stato tenuto un convegno di "Giornate di studio in memoria di V. de Caprariis" (università di Messina, 1-3 ott. 1984), i cui atti sono stati poi pubblicati con il titolo Dalla politica alla storia (Messina 1986). Presso lo stesso editore messinese (P&M) è in corso di pubblicazione un'esaustiva raccolta, in più volumi, degli scritti storici e politici del D., troppo a lungo variamente sparsi e dispersi. Finora è stato pubblicato il vol.: Storia delle idee - Da Socrate a Mann, a cura di G. Buttà (1986), e Momenti di storia it. nel '900, a cura di T. Amato (1986).