CARPACCIO (Scarpazo, Scarpazza), Vittore
Pittore, figlio di Pietro, nacque in una data che si fa oscillare tra il 1455 e il 1465 (T. Pignatti, Proposte per la data di nascita di V. C. …, in Venezia e l'Europa. Atti del XVIII Congr. intern. di storia dell'arte, Venezia 1955, Venezia 1956, pp. 224 ss.).
Le ricerche di Ludwig e Molmenti (1906) hanno individuato la casata degli Scarpazo abitanti già nel sec. XIII nell'isola di Mazzorbo presso Torcello. Il ramo da cui sembra discendere il C. risiedeva nel secolo successivo a Venezia nella parrocchia dell'Angelo Raffaele (albero genealogico in Ludwig-Molmenti, p. 61). Il nome Carpaccio, adottato già dal Ridolfi, è italianizzazione della firma alla latina "Carpathius, Carpatio" che il pittore preferì.
Le notizie sulla vita del C. possono essere ricavate, più che altro, dalle firme e dalle date da lui apposte ai dipinti.
Per quel che riguarda la data di nascita c'è da osservare che, se il testamento del 21 sett. 1472 di suo zio Zuane Scarpa[z]za, frate con il nome di Ilario, che lo designa erede subentrante in caso di litigio tra i beneficiari (Ludwig-Molmenti, p. 54 n. 2), può aver fatto pensare che egli fosse in quell'anno almeno quindicenne, l'unica cosa veramente certa è la circostanza che il C. era vivente in quell'anno. Inoltre, mentre il pagamento di un affitto che il C. fa l'8 ag. 1486 per conto di suo padre (Ludwig-Molmenti, p. 57 n. 2) lo indicherebbe abitante ancor giovane presso la casa paterna, va notato che a maggior ragione lo stesso rapido innalzarsi della qualità dell'arte dalla prima storia del Ciclo di s. Orsola, per la Scuola omonima, del 1490, a quelle degli anni non di molto successivi contribuisce a farlo reputare a quella data giovane ancora in formazione. Incerto è il luogo di nascita, ma si può con probabilità pensare a Venezia, se già nel primo telero il C. si firma "veneto".
Alla data del 16 nov. 1488 nella Mariegola della Scuola di S. Orsola (Archivio di Stato di Venezia, reg. 597, pp. 11 s.)risulta l'impegno finanziario dei confratelli a far eseguire i teleri celebrativi della santa. Le varie date che il C. appone ai dipinti sono: settembre 1490 per l'Arrivo a Colonia, 1491 (data discussa) per l'Apoteosi della santa, 1493 per Il martirio dei pellegrini e funerali della santa, 1495 per l'Incontro di Orsola ed Ereo e per Il sogno di s. Orsola (vedi per la descrizione, Valcanover).
Precedente all'Arrivo a Colonia, del settembre 1490, è considerato il dipinto firmato "Vetor Scarpazo" con Il Cristo e quattro discepoli della collezione Contini Bonacossi di Firenze.
Da queste due opere bisogna comunque partire per considerare il problema della formazione del C., e in queste tutto concorre per definirla veneziana. Nel Cristo Bonacossi sono presenti gli aspetti preminenti della cultura pittorica del momento a Venezia: c'è l'insegnamento volumetrico e di colore di Antonello da Messina, a Venezia nel '75-'76, il rapporto con Giovanni Bellini, e si osservano contatti con Alvise Vivarini e il forte influsso di opere fiamminghe. Nulla costringe a pensare a un'educazione fuori di Venezia, ed è accettabile l'ipotesi (Muraro, 1966)che ricerca in Iacometto, pittore ai suoi tempi famoso, il possibile maestro del Carpaccio. E se l'esiguità dei confronti possibili non può dare certezza, l'ipotesi sarà da ritenere in linea con la posizione critica che, appoggiatasi prima erroneamente a Lazzaro Bastiani, poi con più sicurezza a Gentile Bellini (e sono ancora da accertare i rapporti con Iacopo Bellini), ha visto comunque l'apprendistato del C. in ambito veneziano. Per una datazione molto prossima all'Arrivoa Colonia proponiamo, dei teleri della Scuola di S. Orsola, I fidanzati Orsolaed Ereo ricevuti a Roma dal papa. La data 1491, apposta sul dipinto con L'Apoteosi della santa, è stata considerata da alcuni (vedi Perocco, 1967, p. 92n. 14), in rapporto con i mutamenti intervenuti nell'edificio della Scuola, solo memorativa. Ma il colorismo che vi è stato usato dall'artista impedisce di postdatarla. E vi sono un impegno monumentale e una cadenza costruttiva che fan pensare che cada qui la esperienza del C. dell'Italia centrale, la conoscenza del Perugino, del Pinturicchio, a Roma, e ancora del Signorelli, come sembra mostrare il successivo Martiriodei pellegrini e funerali della santa. Del resto la lezione di spazio e di luce urbinate e di Piero della Francesca e il calibrato ordito compositivo centro-italiano si manifestano variamente mediati nell'Arrivo in Bretagna degli ambasciatoriinglesi, che consideriamo ancora successivo.
è nel Martirio dei pellegrini e funerali della santa del 1493che l'artista cerca una ragione compositiva non più estrinseca ma legata al paesaggio vivo e vero e alla luce; il colore viene sfrangiandosi anche se non con gli ardimenti delle tele successive. Nel Sogno di s. Orsola, di cui accreditiamo la data apocrifa del 1495, i numerosi restauri hanno sminuito le qualità pittoriche, ma è chiaro che i valori luminosi dei Funerali della santa ritornano qui con il loro significato di animazione del dipinto.
Il telero con L'incontro dei fidanzati e la loro partenza in pellegrinaggio, del 1495, è una festa della visione, dove fluisce tutta la sapienza registica studiosamente raggiunta. Ma nel paesaggio rimane ancora un poco dell'esito, di tarsia che fa posticipare a questo il Congedo degli ambasciatoriinglesi e il loro Ritorno in patria. In questi è armonizzato in modo assoluto il rapporto figure e ambiente. Le figurine sulle sponde arretrate baluginano di colore quasi in scale cromatiche; i volti dei primi personaggi si animano per lo stendersi tenero dell'ombra e dei riflessi. Dei medesimi anni è il Miracolodella croce alle Gallerie dell'Accademia, ma composto per la Scuola grande di S. Giovanni a Venezia. I piani spaziali in profondità, le accensioni cromatiche, la costruzione per via della luce lo pongono accanto ai capolavori per S. Orsola. Progressivamente il C. elimina dai dipinti una distribuzione o anche una architettura formale che ne regoli l'unità, così che il dipinto va esplorato secondo i suoi percorsi interni, legandosi ai rapporti per cui ogni elemento del reale presuppone gli elementi che gli stanno intorno, uno per uno nella sua autonomia, e che si compongono in unità solo per il significato che assumono nella trama narrativa. Quella che egli ci presenta è la vita degli uomini, il loro esistere di cittadini, il loro costituirsi in comunità, l'orizzonte dei loro interessi, la coscienza della eccezionalità della natura urbana di Venezia e del suo rapporto con il mare. Il C., senza che qui si possa passare a una definizione più analitica, fu il pittore delle "Scuole", di quelle confraternite religiose e insieme associazioni originate dalla comune professione o dalla provenienza nazionale, aperte però a tutti e con libertà di darsi capi e ordinamenti, che costituivano comunità e luogo di incontro tra i ceti sociali, e, nei confronti di popolazioni benemerite, l'occasione per Venezia di mostrare aiuto e protezione.
Il Cristo con gli strumenti della Passione, datato 1496, dipinto per la chiesa di S. Pietro Martire a Udine (ora al Museo della città) e i pagamenti e il saldo per un dipinto nella sala dei Pregadi in palazzo ducale (31 marzo e 26 ag. 1501, Lorenzi, 1868, nn. 256 s.; 18 ag. 1502, Muraro, 1966, p. 60) dimostrano il crescere del credito e dell'affermazione dell'artista. Segue il lavoro per il ciclo della Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni, le cui date sono il 1502 per la Vocazione di s. Matteo e i Funeralidi s. Girolamo e il 1507 per il S. Giorgio che battezza gli abitanti di Selene, se questa data è letta esattamente.
Nei dipinti di S. Giorgio lo stile del C. è in parte mutato: alla poetica che proponeva gli individui come definiti dal loro reciproco nesso e dalla struttura generale, l'artista ha sostituito una definizione specifica del personaggio; alla libera sperimentazione degli ambienti e degli spazi della vita dell'uomo ha sostituito il regolato possesso mentale, la completa definizione prospettica di origine umanistica. La Vocazione di s. Matteo ha ancora un sapore di sperimentale imprevedibilità. Ma il Cristo nell'orto ha un vero significato di "ricognizione" che il C. fa sulla cultura antonellesco-belliniana, di ricostituzione in proprio di un versante della cultura umanistica, più legata alle ragioni specifiche e singole delle figure, quale, partendo dalla definizione mantegnesca, era stato riproposto in fondo anche dalla cultura ferrarese. Nel S. Girolamo e il leone e nelle Esequie del santo vige una composizione unitaria; il colore stesso in questa unità si fa meno brillante e più tenero, si gradua per sottili trapassi, si propone con regolati richiami. Da valori di narrazione il C. passa ad evidenziare il significato dell'evento: a questo dà risalto il comporsi degli elementi architettonici e della rappresentazione figurale. Nella figura del santo della Visione di s. Agostino è stato individuato il ritratto del cardinal Bessarione (G. Perocco, La scuola di San Giorgio…, in Venezia e l'Europa, Atti del XVIII Congr. internaz. di storia dell'arte, Venezia 1955, Venezia 1956, pp. 24ss.; Z. Wazbinski, Portrait d'un amateur d'art de la Renaissance, in Arte veneta, XXII[1968], pp. 21-29). Uno stesso rigore analitico e una stessa intensità di lume iperlucido appaiono nel dipinto con S. Giorgio che uccide il drago. Ma nel Trionfo di s. Giorgio, cosìcome nel Battesimo degli abitanti di Selene del 1507, questo si stempera e non è più presente la tensione inventiva che non lasciava pace alla forme e al loro dialogare. Il Miracolo di s. Trifone, poi, molto deperito, mostra un forte intervento di aiuti.
Del 1505 è la Sacra Famiglia e due donatori (Museo nazionale di arte antica di Lisbona); al 1507 è datato il S. Tommaso in gloria, due santi e un devoto eseguito per la chiesa di S. Pietro Martire a Murano, e ora nella Staatsgalerie di Stoccarda; dell'anno seguente la Morte della Vergine della Pinacoteca di Ferrara: i due ultimi dipinti mostrano ormai un lucido costruire per masse compatte, dai colori netti, dense di plasticità.
è di questo momento il più esplicito appoggiarsi del C. a Cima da Conegliano, la cui impaginazione limpida e spaziata, il fermo e pur dolce calibrarsi delle figure gli eran già stati di riferimento, e che probabilmente anche in seguito gli serviranno a fronte degli sconvolgimenti provocati da Giorgione e da Tiziano. Il C. è in realtà in collegamento con il vecchio Giovanni Bellini e ottiene per questo in quegli anni un grande ma subordinato riconoscimento da parte della Repubblica.
Il 28 sett. 1507, essendo morto Alvise Vivarini, viene affidato a Giovanni Bellini l'incarico di ultimare tre dipinti ed eseguirne due nuovi per la sala del Maggior Consiglio in palazzo ducale (Lorenzi, 1868, n. 296). Nell'accordo è previsto che il vecchio Bellini abbia come aiuti il C. e, a minor compenso, Vittore Belliniano e tale Gerolamo. I dipinti del C., distrutti nell'incendio del 1577, raffiguravano il Papa Alessandro III che concede indulgenza e l'Incontro di papa Alessandro III con il doge in Ancona.Invece il 7 febbr. 1508 (more ven.:1507), in una gara per aggiudicarsi l'esecuzione del gonfalone della Scuola della Carità, il C. risulta secondo, rispetto a Benedetto Diana, cui viene affidata la commissione (per i docc. v. C. Muraro, 1966, pp. 59-70). Lo sostiene la stima del Bellini: su suo suggerimento, il C. l'11 dic. 1508 è designato con Lazzaro Bastiani e Vittore Belliniano quale giudice per la stima degli affreschi di Giorgione per la facciata del fondaco dei Tedeschi.
Del 1510 sono due opere significative: la Presentazione di Gesù al tempio per la chiesa di S. Giobbe a Venezia, ora nelle Gallerie dell'Accademia, e il Ritratto di cavaliere (Lugano, coll. von Thyssen).
Un tono cinquecentesco è nell'impianto monumentale della Presentazione, che si richiama in parte alla pala del Giambellino in S. Zaccaria, di cinque anni prima, con desunzioni da Giorgione e Tiziano nei volti della Vergine e dei personaggi virili.
Il Cavaliere von Thyssen è assai significativo della poetica del C.: la luce è limpida, di ragione non lirica, ma sperimentale, strumento per l'intelletto nell'indagine di un vasto campionario di erbe e di animali; e gli aspetti della realtà sensibile e concreta concorrono alla costituzione di un mondo solo in apparenza favoloso, perché rappresentativo di un libero, aderente, orgoglioso volgersi alle forme dell'esistere, che istituiscono con l'uomo un rapporto di conoscenza immediato ed esaltante.
Nulla invece aggiunge all'arte del C. il ciclo delle Storie della Vergine per la Scuola degli Albanesi. Non abbiamo testimonianze della sua appartenenza all'artista; ma certo i dipinti sono almeno della sua bottega. L'Annunciazione alla Ca' d'Oro, con la data 1504 della commissione del Gastaldo, la Natività della Vergine ora all'Accademia Carrara di Bergamo, lo Sposalizio ela Presentazione al tempio ora a Brera, la Visitazione del Museo Correr e la Morte della Vergine ancora alla Ca' d'Oro a Venezia si scalano diversamente per qualità e per l'intervento di aiuti. Dal 1511 al 1520 vanno le date apposte ai teleri per la Scuola di S. Stefano a Venezia.
Del 1511 è Il santo con sei compagni consacrati diaconi da s. Pietro ora nei Musei di Berlino-Dahlem; del 1514 la Disputa nel sinedrio ora a Brera; dello stesso anno è probabilmente, per la memoria della data sulla cornice, la Predica del santo ora al Louvre, e del 1520 la Lapidazione nella Staatsgalerie di Stoccarda. Un quinto telero non èconservato. Là dove il C. opera da solo e con impegno, sorprende ancora per l'alta qualità. Rimane però l'impressione che ormai egli disponga personaggi e non persone, un po' smorti ed inerti.
Il 15 ag. 1511 il C. indirizza una lettera in due copie, ora conservate presso l'Archivio di Stato di Mantova, al marchese Francesco II Gonzaga. Gli offre uno "Jerusalem de aquarella sopra la tella", dalle misure in metri di 1,90 di altezza e 8,57 di larghezza, ma di quest'opera non rimane traccia (A. Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga…, Modena 1885, pp. 150 s.; ma vedi Muraro, 1966, pp. 61 s., 63, 69).
Del 1514 è la data della Gloria di s. Vitale e otto santi per la chiesa di S. Vitale a Venezia, e del S. Sebastiano della Gall. nazionale di Zagabria, probabile parte di un polittico per la chiesa veneziana di S. Fosca. Nel 1515 il C. firma e data il dipinto con i Diecimila crocefissi del monte Ararat per la chiesa di S. Antonio a Castello di Venezia e ora nelle Gallerie dell'Accademia. Della stessa data è il dipinto proveniente da Treviso e ora anch'esso nelle Gallerie veneziane con S. Anna che incontra Gioacchino, con i ss. Ludovico da Tolosa e Orsola, dipinto in cui è generalmente ammesso l'intervento di collaboratori.
Firmati e datati 1516 sono il Leone di S. Marco, in palazzo ducale, la pala in S. Giorgio Maggiore a Venezia con Ilsanto che lotta con il drago e quattro episodi della vita nella predella. Nella Madonna in trono con il Bimbo e sei santi a Capodistria, nella chiesa dell'Assunta, ampiamente restaurato nel secolo scorso, il Lauts (1962) ha visto la collaborazione di uno dei figli del Carpaccio. Nel Leone di S. Marco il carattere emblematico della figurazione sembra esaltare il C. che ritorna a una nitida ricognizione della natura come nel Cavaliere Von Thyssen; e Venezia vi è tutta e appieno riconoscibile, e due navi ben reali disegnano il loro profilo a vele gonfie contro il cielo. Forse ha invece una dolente carica polemica l'ultimo, a nostro parere, capolavoro del C.: il Cristo morto delle Gallerie di Berlino-Dahlem. Nel dipinto il dramma umano e cristiano si compone nei termini di una iniziazione biblica e neotestamentaria non del tutto ortodossa, non identificabile per ora, sulle cui tracce mette però lo spirito ferrarese del dipinto, e la sua provenienza da una collezione di Ferrara. L'Ingresso a Capodistria del podestà Contarini, nel Museo comunale della città, è del 1517: sull'autografia completa di esso è viva la discussione (Perocco, 1967, n. 67).
Nel 1518 il C. viene accolto nella Scuola della Carità; nell'anno firma e data la Vergine in trono con il Bimbo e sei santi della chiesa di S. Francesco a Pirano e in quello seguente la Vergine con il Bimbo del polittico con quattro santi della parrocchiale di Pozzale nel Cadore; la stessa data portava la Vergine con il Bimbo e i ss. Faustino e Giovita, proveniente da Brescia, e perduta nel 1869 (F. Malaguzzi Valeri, Un quadro del C. perduto, in Rassegna d'arte, XIII[1913], p. 42; Perocco, 1967, n. 70). Del 1520 è un S. Paolo della chiesa di S. Domenico di Chioggia.
Dal 21 ottobre 1522 al 30 novembre 1523 vanno i pagamenti (Archivio di Stato di Venezia) che il patriarca Antonio Contarini fa ripetutamente avere al C. per una pala d'altare, una Natività, e alcuni ritratti compiuti per il palazzo patriarcale di S. Pietro a Castello (distrutti, in gran parte, nell'incendio del 1603; vedi Perocco, 1967, nn. 72, 74). Nel 1523 l'artista firma e data la Presentazione di Gesù al tempio e La strage degli innocenti della chiesa dell'Assunta di Capodistria. Formavano le facce di un'anta d'organo; l'altra anta è perduta.
Gli ultimi dieci anni almeno di attività del C. furono di un artista che a Venezia dovette esser considerato come superato. Esisteva il confronto con Giorgione e Tiziano, ma l'artigiano C. non conobbe la distaccata consapevolezza e dignità di Tiziano; e la sua arte, con l'avanzare del secolo, fu probabilmente messa ai margini della nuova società.
L'ultimo di aprile 1523 il C. è designato esecutore testamentano da una certa Marietta, moglie di Domenico de Canali (Ludwig-Molmenti, p. 59 n. 12), e il 5 settembre dello stesso anno sottoscrive come testimone il testamento di Maria figlia di Ambrogio Contarini (ibid., n. 11). Mentre il 28 ott. 1525, da un documento che riguarda la moglie, il C. risulta ancora in vita, il 26 giugno 1526 il figlio Pietro viene designato come del "quondam Maestro Vittore pittore veneto" (V. Joppi-G. Bampo, Contributo quarto ed ultimo alla storia dell'arte nel Friuli, Venezia 1894, p. 46). La morte del C. va quindi posta tra la fine del 1525 e gli inizi del 1526. La conferma della morte si ha in un documento del 23 marzo 1527 nel quale la moglie Laura è detta vedova (Ludwig-Molmenti, p. 59 n. 14).
Altri dipinti del C. o a lui attribuiti sono: Atlanta, High Museum of Art, Allegorie della Prudenza e della Temperanza;Caen, Museo, Sacra conversazione;Capodistria, cattedrale della Assunta, Il profeta Geremia e Il profeta Zaccaria;Denver, Denver Art Mus. (coll. Kress), Ritratto di donna con libro;Filadelfia, collezione J. G. Johnson, Storia di Alcione e Lucrezia;Firenze, collezione Contini Bonacossi, Cristo morto e santi;Ibid., collez. Serristori, Cristo sostenuto dagli angeli;Ibid., Galleria degli Uffizi, Gruppo di armigeri;Francoforte, Städelsches Kunstinstitut, Madonna e s. Giovannino in adorazione del Bambino;Kansas City, Miss., Nelson Gallery and Atkins Museum of Fine Arts, Ritratto di donna;Karlsruhe, Staatl. Kunsthalle, Madonna col Bambino e due santi;Londra, National Gallery, Scena di commiato;New York, Metropolitan Museum, Meditazione sulla passione di Cristo;New Orleans, Delgado Museum of Art (coll. Kress), Salvator Mundi;Parigi, Museo Jacquemart André, Teseo e le amazzoni;Pittsburgh, Carnegie Inst., Testa di Cristo;Tucson, Univ. of Arizona (coll. Kress), Madonna col Bambino e due santi;Tulsa, Oklahoma, Philbrook Art Center (coll. Kress), Un santo vescovo, s. Pietro martire, s. Stefano, s. Giovanni Battista;Venezia, Museo Correr, Due dame e un bimbo su una terrazza;Verona, Museo di Castelvecchio, S.Caterina d'Alessandria e S.Veneranda;Washington, National Gallery, Madonna col Bambino benedicente, Santa che legge (coll. Kress) e Fuga in Egitto;Zara, cattedrale, Polittico con s. Gerolamo. s. Martino e quattro santi;Zogno, parrocchiale di Grumello de' Zanchi, Cinque scomparti di polittico conquattro santi e l'Eterno.
Di nessun altro artista veneziano dello stesso periodo, come del C., sono conservati così numerosi disegni; essi si trovano nelle più importanti collezioni pubbliche (in particolare Uffizi, British Museum) e private; per i quali e per quelli attribuiti si vedano, oltre a H. e E. Tietze Conrat, The drawings of the Venetian painters of the 15th and 16th cent.s, New York 1944, pp. 138-157; Muraro, 1966, pp. 107-112, e Lauts, 1962.
Fonti e Bibl.: Per una bibl. sul C., oltre a quella in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 35-38, si veda il catal. della mostra V.C., Venezia 1963, pp. 333-360 (e la bibl. della mostra pubbl. dal comune di Venezia nel 1964). Per una bibl. essenz. si veda Lauts, 1962, pp. 305-307. In M. Muraro, C., Firenze 1966, oltre a un'estesa bibliografia, a pp. 59-70 si trova anche una trascrizione di tutti i documenti. Ma vedi anche: G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 627-642; T. Borenius, The Picture Gallery of Andrea Vendramin (1627), London 1923, pp. 6, 17, 30 n. 25, 34 n. 43, 36 n. ss; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte (1648), a cura di D. von Hadeln, Berlin 1914, ad Indicem;G. Lorenzi, Docum. per servire alla storia del palazzo ducale…, Venezia 1868, passim;G. Ludwig-P. Molmenti, V.C., Milano 1906; G. Zorzi, Notizie d'arte e d'artisti nei diari di M. Sanudo, in Atti dell'Istituto veneto, CXIX (1960-61), p. 548; R. Pallucchini, I teleri del C. in S. Giorgio degli Schiavoni, con una app. di G. Perocco, Milano 1961; G. Lauta, C., Köln-London-New York 1962 (rec. di T. Pignatti, in Master Drawings, I[1963], p. 48); Z. Wazbinski, Autour de C., in L'informationd'hist. de l'art, VII(1962), pp. 164-168; A. Busiri Vici, Vicenda di un dipinto. La caccia in valle, in Arte antica e moderna, 1963, n. 24, pp. 345-356 (ma anche G. Fiocco, in Boll. d. Museo civico di Padova, 1955, pp. 61-70); V. Branca-R. Weiss, C. e l'iconogr. del più grande umanista veneziano: Ermolao Barbaro, in Arte veneta, XVII(1963), pp. 35-40; R. Gallo, La Scuola di S. Orsola. I teleri del C., in Boll. dei Musei civici veneziani, VIII (1963), 2-3, pp. 1-24; L. Magagnato, A proposito delle archit. del C., in Comunità, CI(1963), pp. 70 ss.; G. Perocco, C.nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni, Venezia 1964; K. Ambrozic, Duedipinti di V. C., in Arte veneta, XVIII (1964), pp. 162-65; R. Longhi, Il critico accanto al fotografo, in Paragone, XV(1964), 169, pp. 31-38 passim;V.Branca, E.Barbaro e l'Umanes. venez., in Umanes. europeo e Umanesimo venez., a c. di V. Branca, Firenze 1964, pp. 193-212; G. Previtali, La fortuna dei primitivi, Torino 1964, ad Indicem;F. Valcanover, Le storie di S. Orsola, Firenze 1965; W. Pokorny, C.'sAlcyone cycle, in The Burlington Magazine, CVIII (1966), pp. 418-21; J. A. Cauchi, Un disegno del C.… alla Valletta, in Paragone, XVII(1966), 191, pp. 44 s.; P. Zampetti, C., Venezia 1966; M. Cancogni-G. Perocco, L'opera completa del C., Milano 1967; Le Cabinet d'un grand amateur,P.-J. Mariette…(catal.), Paris 1967, p. 53; C. Morazé, S.Georges, une expérience allégorique, in Connaissance des arts, gennaio 1970, pp. 58-67; T. Pignatti, C., Brescia 1970; G. Poschat, Bemerkungen zu C. und Mantegna, in Konshist. Tidskrift, XI, (1971), pp. 99-106; M. Muraro, V.C. o il teatro in pittura, in Studi sul teatro veneto…, Firenze 1971, pp. 7-19; T. Pignatti, C., Disegni, Milano 1972; B. B. Frederickaen-F.Zeri, Census of Pre-Nineteenth-Cent. Ital. Paintings in North American Public Collect., Cambridge, Mass. 1972, p. 47; F. Herrmann, The English as collectors, London 1972, ad Indicem; G. Pochat, Figur und Landschaft…, Berlin-NewYork 1973, ad Indicem; J.M. Fletcher, Sources of C. in German woodcuts, in The Burlington Mag., CXV(1973), pp. 599 ss.; M. Setras, Esthétiques sur C., Paris 1975.