MOSCATELLI, Vincenzo
(detto Cino). – Nacque a Novara il 3 febbraio 1908, quarto di sette figli, da Enrico, ferroviere, e da Carmelina Usellini.
Terminata la sesta elementare abbandonò gli studi per cercare un’occupazione, dapprima come apprendista presso lo stabilimento Rumi poi, grazie a un corso professionale seguito di sera, come tornitore alle Officine meccaniche novaresi. Fin da giovanissimo iniziò a frequentare il circolo dei ferrovieri e la Camera del lavoro in una città nella quale il movimento operaio e le idee socialiste avevano largo seguito. A 12 anni, nel settembre 1920, nel clima di fermento rivoluzionario che serpeggiava in tutto il Piemonte sulla scia del movimento dell’occupazione delle fabbriche torinese, prese parte all’occupazione dello stabilimento Rumi. Nel luglio 1922, durante la cosiddetta battaglia di Novara che vide fronteggiarsi fascisti e antifascisti, partecipò alla difesa della locale Camera del lavoro. Durante uno sciopero da lui organizzato nel 1925 decise di iscriversi alla Gioventù comunista. Un anno più tardi si trasferì a Milano, dove iniziò a lavorare all’Alfa Romeo e poi alla Cerutti fino a quando espatriò in Svizzera (1927) per seguire i corsi della scuola di partito, tappa fondamentale nella sua formazione di rivoluzionario professionale. Ormai divenuto funzionario dell’organizzazione clandestina del Partito comunista d’Italia (PCd’I), frequentò un’altra scuola di partito a Berlino fino a quando, nell’ottobre 1927 fu inviato a Mosca dove rimase fino al gennaio 1930 per spostarsi in Francia e lavorare nel Centro estero del partito.
A Parigi , fra l’altro, collaborò alla rivista Fanciullo proletario, col conterraneo Pietro Secchia conosciuto a Milano in occasione della redazione del volume, al quale contribuì, La lotta della gioventù proletaria contro il fascismo (assisté Secchia anche nel volume Il Monte Rosa è sceso a Milano. La Resistenza nel Biellese, nella Valsesia, nella Valdossola, Torino 1958).
Alla fine del giugno 1930, grazie a un falso passaporto, fu inviato dal partito in Italia come segretario interregionale della Federazione giovanile comunista d’Italia (FGCd’I) per l’Emilia Romagna sulla scia della nuova politica inaugurata dai comunisti italiani all’indomani della ‘svolta’, decisa dal VI Congresso dell’Internazionale comunista (1928) e dal X Plenum del suo comitato esecutivo (1929), che prevedeva fra l’altro la ripresa dell’attività clandestina in Italia nonostante l’asprezza della repressione fascista. Arrestato l’8 novembre dello stesso anno a Bologna perché scoperto mentre organizzava manifestazioni clandestine per celebrare l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre, Moscatelli fu deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, che lo condannò a 16 anni e 8 mesi di reclusione.
La sua esperienza carceraria fu costellata di trasferimenti dovuti alla partecipazione a scioperi della fame e agitazioni dei detenuti: passò quindi da Volterra a Civitavecchia (dove si trovavano anche Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, Girolamo Li Causi, Leo Valiani) per poi essere trasferito ad Alessandria dove rimase per 6 mesi in isolamento. Scarcerato nel dicembre 1935, in ragione di vari condoni e dell’amnistia del decennale, scelse di continuare la sua militanza clandestina in Italia. Persi i contatti con il centro estero del PCd’I mantenne invece alcuni collegamenti con i gruppi clandestini novaresi e vercellesi. Nel 1937 fu nuovamente incarcerato per 6 mesi perché sospettato di aver scritto frasi contro Mussolini sulle pareti della fabbrica dove lavorava. Dopo aver dichiarato in una lettera il suo ripudio del comunismo fu liberato, pur restando sotto stretto controllo della polizia.
In seguito a quella lettera, che ne provocò l’espulsione dal PCd’I, accantonò l’attività politica, rientrò nella natia Borgosesia dove aprì un ufficio commerciale e, nel 1938, sposò Maria Leoni, che gli diede due figlie, Carla e Nadia.
Dopo l’8 settembre 1943, e grazie ai contatti con Secchia, Moscatelli riprese la sua attività di militante. Organizzatore per conto del Partito comunista italiano (PCI) del Comitato di liberazione valsesiano fu nuovamente arrestato il 29 ottobre dello stesso anno ma immediatamente liberato dai suoi compagni con un rocambolesco assalto alla caserma nella quale era ristretto. Il ritorno in libertà fu l’occasione per fuggire in montagna con altri 22 uomini e, col nome di battaglia Cino, organizzare la guerriglia. Grazie ai suoi guadagni come agente di commercio, fu anche il finanziatore dei primi gruppi partigiani in Valsesia.
Organizzatore capace e combattente temerario, ben presto fu oggetto di una vera e propria mitologia, come testimoniano le canzoni e i racconti con al centro la sua figura che si diffusero durante la Resistenza alimentando anche la sua popolarità negli anni del dopoguerra. Commissario politico del raggruppamento garibaldino Valsesia-Ossola-Cusio-Verbano, fondatore e animatore del periodico Stella alpina arrivò, al momento della Liberazione, a comandare diverse brigate che contavano alcune migliaia di partigiani. Convinto assertore della natura unitaria del movimento partigiano, Moscatelli tessé ottimi rapporti con i cattolici e col clero lasciandosi alle spalle l’anticlericalismo della sua formazione. Congedato col grado di tenente colonnello, fu insignito della medaglia d’argento al valore militare e della Bronze Star statunitense.
All’indomani della Liberazione fu designato dal Comitato di Liberazione nazionale come sindaco di Novara, città nella quale fu eletto più volte consigliere comunale fino al 1956. Consultore nazionale per il PCI, deputato alla Costituente, durante il terzo governo De Gasperi ricoprì la carica di sottosegretario per l’assistenza ai reduci e ai partigiani. Senatore di diritto nella prima legislatura, fu eletto deputato nel 1953 e confermato alle elezioni del 1958. Parallelamente all’attività istituzionale, partecipò intensamente alla vita di partito ricoprendo diversi incarichi nel gruppo dirigente del PCI in ambito sia locale sia nazionale.
Fondatore, nel 1974, dell’Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Vercelli, a questa istituzione si dedicò negli ultimi anni della vita.
Morì a Borgosesia il 31 ottobre 1981.
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