VINCENTI MARERI, Ippolito Antonio.
– Nacque a Rieti il 20 gennaio 1738, quintogenito di Cinzio Francesco e di Caterina Razza di Sermoneta.
La famiglia godeva di ingenti patrimoni terrieri in quanto erede delle casate Vincenti, Gentili e Mareri, antichi feudatari della Sabina. Investita nel 1800 del patriziato sabino appena istituito da papa Pio VII, e ascritta alla nobiltà romana dal 1838, essa funse insieme a molte altre da «continuo vivaio della prelatura romana, [...] spina dorsale dello Stato pontificio» (Weber, 1994, p. 31).
Da fanciullo Vincenti Mareri fu avviato agli studi nel seminario diocesano di Rieti; li continuò dal 1754 a Roma, alla Sapienza, ottenendovi nel 1758 il grado di dottore in utroque iure. Rimane ignota la data della sua ordinazione a chierico. È certo invece che cominciò la sua carriera al servizio delle istituzioni pontificie nel 1764, quando venne inviato a Madrid come uditore della nunziatura di Spagna. Lì rimase per ben undici anni, distinguendosi non solo come collaboratore dei nunzi Lazzaro Pallavicino, Cesare Alberico Lucini e Luigi Valenti Gonzaga, ma anche per aver talvolta retto interinalmente la nunziatura durante prolungati periodi di vacanza o di malattia del titolare (von Pastor, 1933, XVI, 1, pp. 827, 843).
In tale veste Vincenti Mareri fu testimone e attore della grave crisi apertasi fra la corte spagnola e la S. Sede in merito all’espulsione della Compagnia di Gesù. Egli si dimostrò impotente di fronte alle accuse di istigazione del Motín de Esquilache mosse contro i gesuiti dal fiscale del Consiglio di Castiglia Pedro Rodríguez de Campomanes, come anche di fronte alla successiva cacciata dei membri dell’Ordine da tutti i domini di Carlo III (2 aprile 1767). Si impegnò però per inoltrare al re le lagnanze pontificie su questioni come l’incameramento dei beni della Compagnia di Gesù, la necessità di provvedere alle pensioni per i gesuiti esiliati, la temporanea chiusura del tribunale della nunziatura e la limitazione del diritto di asilo offerto dai luoghi sacri (Vincenti Mareri, 1931, pp. 38-72). La sua linea fu improntata alla prudente ricerca di difficoltosi compromessi, così da limitare il più possibile le pretese giurisdizionaliste di Carlo III evitando al contempo definitive rotture fra Madrid e la S. Sede.
Rientrato a Roma nel dicembre del 1775, Vincenti Mareri venne nominato referendario di ambedue le Segnature il 23 giugno 1776. Diventò poi assessore del governatore di Roma e ponente della congregazione della Consulta, e tra il gennaio del 1784 e il febbraio del 1785 fu precettore generale dell’Ordine di Santo Spirito in Saxia (Weber, 1994, p. 973). Ricevette l’ordinazione presbiteriale il 19 marzo di quell’anno, e venne nominato arcivescovo di Corinto in partibus infidelium nel Concistoro dell’11 aprile. L’esperienza maturata a Madrid e le relazioni intessute negli anni romani gli valsero infine la promozione alla guida della nunziatura in Spagna nell’agosto del 1785 (Prosopographie..., 2010, p. 1303).
Nel corso del suo secondo soggiorno madrileno, protrattosi sino al 1795, Vincenti Mareri divenne un attento osservatore degli eventi rivoluzionari di Francia (Fiorani - Rocciolo, 2004, p. 531; Pelletier, 2004, p. 419): i suoi dispacci rappresentarono per la Curia uno dei principali canali di informazione sulla crisi politica d’Oltralpe e sulle condizioni del clero francese, in particolare dei suoi membri emigrati in Spagna (Theiner, 1858, II, pp. 383, 390-392). In tali circostanze egli dimostrò altresì interesse per coeve elaborazioni teologico-politiche che ambivano a fare i conti con le sfide poste dalla Rivoluzione secondo una prospettiva niente affatto passiva, critica ma non caratterizzata da una totale chiusura. Ciò è testimoniato sia dai suoi contatti con l’abate Augustin Barruel, del cui Journal ecclésiastique il nunzio si fece patrocinatore nei mesi di gennaio e febbraio 1790 nel tentativo di rimuovere la censura in cui esso era incorso tanto a Madrid quanto a Roma (Theiner, 1858, I, pp. 241 s.; Gendry, 1906), sia dall’apprezzamento per l’opera di Nicola Spedalieri De’ diritti dell’uomo. Benché Vincenti Mareri reputasse poco prudente e «impolitica» una tale iniziativa editoriale negli Stati pontifici per il rischio di irritare le corti assolutiste europee – come effettivamente avvenne – proprio quando la S. Sede più necessitava del loro sostegno, egli giudicò infatti l’opera non priva di «robustezza di stile, e tanta sodezza di raziocinio filosofico-cristiana» (Nobili, 1930, pp. 22 s.).
L’avversione del nunzio nei confronti della Rivoluzione crebbe con il passare del tempo: già nelle settimane precedenti alla sanzione della Costituzione francese da parte di Luigi XVI, egli stigmatizzò la limitazione della piena potestà e libertà del monarca, pur non ravvisando nella carta principi «fatalissimi alla religione» (Borgo San Pietro, Archivio Vincenti Mareri, cart. III, 18, f. 3, 6 settembre 1791). Nel 1792 a più riprese tentò inutilmente di spingere la corte di Madrid a entrare nella coalizione antirivoluzionaria, ma i suoi sforzi furono vanificati dalla caduta in disgrazia del conte di Floridablanca e dalla sua sostituzione alla guida del governo da parte del conte di Aranda. In tali frangenti la sua attitudine ostile verso la Rivoluzione divenne senza appello. Egli la reputava fomentata da empietà e irreligione, e foriera di disordini, d’insubordinazione all’autorità e d’immoralità: «Mi raccapriccia il presente, e temo, per l’avvenire. [...] Tutta Europa, tutto il mondo è sossopra, se non si pon freno a simili esempi», scrisse al segretario di Stato cardinale Francesco Saverio de Zelada il 21 agosto 1792 (Nobili, 1930, p. 30). Nel 1793 il nunzio fu invece impegnato nell’aggiornare costantemente la Curia sull’andamento delle operazioni belliche finalmente intraprese contro la Francia repubblicana dal nuovo favorito di re Carlo IV, Manuel Godoy.
Elevato alla porpora cardinalizia nell’Ordine dei preti il 21 febbraio 1794 con il titolo dei Ss. Nereo e Achilleo, e formalmente sostituito da Filippo Casoni alla guida della nunziatura di Madrid dal 27 maggio di quell’anno, Vincenti Mareri non poté tuttavia fare ritorno a Roma fino all’aprile del 1795 per il mancato arrivo del suo successore. Al principio di giugno fu nominato legato a Bologna, entrando inoltre a far parte delle congregazioni dei Vescovi e regolari, di Propaganda, dell’Indice, delle Acque, paludi Pontine e chiane (Notizie per l’anno bisestile MDCCXCVI, 1796). Nei pochi mesi al governo della città emiliana Vincenti Mareri si distinse soprattutto per aver presieduto la congregazione criminale che nell’aprile del 1796 condannò a morte Giovanni Battista De Rolandis, promotore insieme a Luigi Zamboni di una fallita insurrezione repubblicana a Bologna nel novembre del 1794 (Vincenti Mareri, 1931, p. 257).
Conscio dell’impossibilità di resistere all’avanzata dell’Armée d’Italie di Napoleone Bonaparte, Vincenti Mareri si adoperò affinché l’occupazione si svolgesse ordinatamente, disponendo severe pene per chiunque ardisse offendere con parole o atti i contingenti invasori il 19 giugno 1796 (Baldassari, 1840, I, pp. 74-76). Imprigionato dai francesi, fu tosto rilasciato e poté tornare a Roma; da lì si portò nella natia Rieti, complice il momentaneo offuscarsi della sua stella a causa della perdita di Bologna. Nuovamente posto sotto custodia dall’esercito francese il 9 marzo 1798, e in procinto di rinunciare alla porpora per non essere condotto prigioniero in Francia insieme ad altri cardinali, Vincenti Mareri poté salvarsi solo corrompendo alcuni ufficiali; si rifugiò quindi a Venezia (Baldassari, 1840, II, pp. 113-118). Nella città lagunare, insieme agli altri cardinali ivi riparati, si sforzò di gestire collegialmente gli affari politico-ecclesiastici della Chiesa durante la delicata fase della prigionia di Pio VI; alla morte di quest’ultimo, partecipò al conclave che elesse Barnaba Chiaramonti al ruolo di pontefice (Regoli, 2006, pp. 180-182, 196 s.).
Dopo il ritorno del Sacro Collegio a Roma Vincenti Mareri si mostrò favorevole alla politica di Ercole Consalvi, volta a ripristinare piene relazioni con lo Stato e il clero di Francia mediante la stipula di un concordato con il governo consolare, anche al prezzo di significative concessioni. L’11 agosto 1801, durante il processo di ratifica romana del testo, egli votò a favore dei controversi articoli 1 e 13 della convenzione concordataria (Boulay de la Meurthe, 1905).
Prefetto dell’economia del Collegio romano dal dicembre 1801, Vincenti Mareri ottenne la nomina a vescovo suburbicario di Sabina il 3 agosto 1807. Gli ultimi anni della sua vita furono travagliati dalla seconda occupazione francese di Roma. Chiamato a sostituire temporaneamente Giuseppe Doria Pamphili Landi in qualità di procamerlengo nel marzo del 1808 (Borgo San Pietro, Archivio Vincenti Mareri, cart. III, 2), venne raggiunto nel settembre del 1809 dall’ordine del ministro dei Culti Jean-Étienne-Marie Bigot de Préameneu di trasferirsi a Parigi: furono inutili le sue proteste di non poter abbandonare Roma sia per il suo precario stato di salute sia per l’assenza di un «espresso comando» del pontefice (Parigi, Archives nationales, AF/IV/1046, f. 3, c. 63, 30 settembre 1809). Nella capitale dell’Impero napoleonico Vincenti Mareri accolse di buon grado l’indennizzo mensile offertogli dal governo, e fece parte del gruppo dei ‘cardinali rossi’ che assisterono sia al matrimonio civile sia a quello religioso fra Napoleone e Maria Luigia d’Asburgo-Lorena (Beseghi, 1944, pp. 58, 75 s.). Rifiutò invece di prestare il giuramento ecclesiastico di fedeltà all’imperatore, e fu il primo fra i cardinali vescovi suburbicari a rassegnare le dimissioni dalla titolarità della sua diocesi, il 9 giugno 1810 (Parigi, Archives nationales, AF/IV/1047, f. 1, cc. 78-81).
Ormai infermo, si spense a Parigi il 21 marzo 1811. Per decisione di Napoleone venne sepolto nella chiesa di St. Geneviève – l’odierno Panthéon – come i cardinali Giovanni Battista Caprara Montecuccoli, Charles Erskine de Kellie e molti altri dignitari imperiali. La salma fu infine traslata nella cattedrale di S. Maria Assunta di Rieti nel 1861 (Borgo San Pietro, Archivio Vincenti Mareri, cart, III, 16, f. 11), e tuttora riposa nella cappella di famiglia.
Fonti e Bibl.: Borgo San Pietro (Rieti), Convento di S. Filippa Mareri, Archivio Vincenti Mareri, cartt. II, 19, 23, 28, III, 1-5, 9-14, 16, 18; Parigi, Archives nationales, AF/IV, Secrétairerie d’État impériale, cartt. 1045, f. 6, cc. 1-3, 1046 f. 3, cc. 60-63, 1047, f. 1, cc. 57, 78-81; Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Arch. Nunz. Madrid, cartt. 124, 132-133, 137-138, 142-144, 146, 148, 196, 209, 211-213, 216, 268 A, 303-305, 335, 338, 433; Segreteria di Stato, Spagna, cartt. 274-283/A, 412-417, 428/B, 438-439; Biblioteca apostolica Vaticana, Autografi Ferrajoli, vol. 440, f. 151, vol. 535, ff. 290-292.
Notizie per l’anno bisestile MDCCXCVI, Roma 1796, p. 17; P. Baldassari, Avversità e patimenti del glorioso papa Pio VI negli ultimi tre anni del suo pontificato, I-II, Modena 1840; A. Theiner, Documents inédits relatifs aux affaires religieuses de la France, 1790-1800, I-II, Paris 1858; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, CI, Venezia 1860, s.v.; A. Boulay de la Meurthe, Documents sur la négociation du Concordat, VI, Paris 1905, pp. 105-107; J.-M. Gendry, Pie VI, II, Paris 1906, p. 117; B. Nobili, Il cardinale I. V. M., Rieti 1930; G. Vincenti Mareri, Un diplomatico del secolo decimottavo, Milano 1931; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1-2, Roma 1933; U. Beseghi, I tredici cardinali neri, Firenze 1944; E. Consalvi, Memorie, a cura di M. Nasalli Rocca, Roma 1950, pp. 96 s., 290-298; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, ad ind.; L. Fiorani - D. Rocciolo, Chiesa romana e Rivoluzione francese 1789-1799, Roma 2004, ad ind.; G. Pelletier, Rome et la Révolution française, Roma 2004, pp. 419 s.; R. Regoli, Ercole Consalvi. Le scelte per la Chiesa, Roma 2006; Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1701-1813, a cura di H. Wolf, II, M-Z, Paderborn-München-Wien-Zürich 2010, s.v.