VELA (fr. voile; sp. vela; ted. Segel; ingl. sail)
Per la definizione della vela, la denominazione e la descrizione dei varî tipi di vele e delle loro parti, v. le voci: attrezzatura; manovra della nave; nave; naviglio da diporto, alle quali si fa rinvio. Qui si considereranno alcune questioni salienti relative alla vela, non svolte nelle voci citate.
Effetto del vento sulle vele. - Tenuto conto di quanto è stato esposto alla voce manovra della nave: Navi a vela, e richiamando la formula
si deduce che l'effetto utile dell'aria in moto sopra una vela è normale alla vela, e l'intensità di questo effetto è proporzionale all'area della superficie velica, al quadrato della velocità e al quadrato del seno dell'angolo d'incidenza, che è l'angolo di sopravvento, formato dalla superficie della vela supposta piana con la direzione del vento. Siccome poi il vento che investe una vela obliquamente è ostacolato nel lato di sottovento dall'aria che viene riflessa dalla vela stessa, ne risulta che: 1. quando il vento colpisce una vela obliquamente, il centro dì pressione si trova sempre dal lato di sopravvento; 2. il centro di pressione è tanto più vicino al centro di figura della vela quanto più è grande l'angolo d'incidenza sotto il quale il vento la colpisc, e in conseguenza; 3. se il vento colpisce la vela normalmente, il centro di pressione coincide col centro di figura.
Effetto delle vele sulla nave. - Per determinare questo effetto, oltre che dei principi di cui sopra, bisogna tener conto delle regole meccaniche delle coppie di forze.
Si ha in conseguenza che col pennone bracciato in croce, ogni vela che riceve il vento nel senso della chiglia, cioè a dire normalmente, da poppa, produce sulla nave due effetti: essa tende a farla camminare con moto diretto nel senso della chiglia, ed a farla immergere di prora. Di norma questo secondo effetto non ha importanza. Col pennone bracciato in croce, ogni vela che riceve il vento obliquamente da poppa produce sulla nave tre effetti: essa tende a farla camminare con moto diretto nel senso della chiglia, immergere la prora, e imprimerle un moto di rotazione attorna all'asse verticale che passa per il suo centro di gravità.
Ogni vela orientata obliquamente rispetto alla chiglia, qualunque sia il suo orientamento e l'angolo d'incidenza del vento che la colpisce, tende a imprimere cinque movimenti alla nave, e cioè: un moto in avanti nel senso della chiglia, che è quello essenzialmente utile e più importante, un moto di traslazione laterale o deriva, un moto di rotazione attorno all'asse verticale, un moto d'immersíone della prora, e finalmente un moto d'inclinazione laterale o sbandamento.
In questo caso più generale, del vento con direzione obliqua alla chiglia, la teoria e la pratica consigliano di bracciare i pennoni in modo che risultino sulla bisettrice fra la direzione della chiglia verso prora e la direzione del vento in arrivo: in questo modo la deriva è ridotta al minimo. Per effetto della deriva β (v. figura) la nave, invece di procedere nel senso della chiglia, avanza secondo la risultante GV delle due forze che spingono la nave, innanzi GA e di fianco GD. Praticamente la deriva è l'angolo che forma la scia con l'asse longitudinale della nave: così infatti si può stimare ad occhio.
La tangente dell'angolo di deriva è data dal rapporto tra la velocità di deriva e la velocità diretta.
Il moto di rotazione intorno all'asse verticale della nave, che passa per il centro di gravità, può avere due direzioni: nel senso di allontanare la prora dalla direzione del vento - o movimento di orzata; e nel senso di avvicinare la prora alla direzione del vento - o movimento di poggiata. Per correggere questi movimenti si provvede con un'armonica disposizione delle vele, secondo è consentito dalla forza del vento e, se necessario, anche col timone.
È chiaro infatti che mentre i fiocchi tendono a far poggiare la nave, la randa di poppa serve a renderla orziera, e quindi l'insieme delle vele, spiegate secondo l'armonica disposizione di cui sopra, dà luogo al giusto equilibrio per il governo della nave.
Quanto fin qui esposto si riferisce alle vele considerate come superficie piane, mentre in realtà l'azione del vento su di esse, per quanto siano tesate, obbliga la tela a cedere per elasticità e a curvarsi. La curvatura delle vele non altera i principî suesposti, ma è dannosa al loro rendimento nel senso del moto; infatti la curvatura riduce la superficie utile, per il fatto che la proiezione della vela curvata sopra una superficie piana tangente è minore della vela stessa e fosse distesa, e inoltre con vento obliquo la vela tende a formare una borsa particolarmente pronunciata dal lato di sottovento, e questa borsa evidentemente contribuisce ad aumentare la deriva a scapito del moto in avanti. Questo inconveniente aumenta con i piccoli angoli d'incidenza, cioè con l'andatura di bolina. A esso si cerca di ovviare, specialmente nell'andatura di bolina, col diminuire l'angolo d'incidenza del vento, alando le boline, e col tenere bene in forza le mure, le scotte e le drizze, in modo che le vele risultino quanto più sia possibile tesate.
Per il volo a vela v. volo: Il volo a vela.