VEGLIA (croato Krk; A. T., 77-78)
È la più vasta e la più settentrionale isola dell'Adriatico, posta tra la costa orientale dell'Istria e Cherso da un lato (O.) e la montuosa costa croata dall'altro (E.), e viene assegnata da alcuni (Depoli) alla regione liburnica, da altri (Marinelli) alla Balcania. Ora appartiene alla Iugoslavia e fa parte del Banato della Sava. La sua superficie è di 404,5 kmq. (Cherso 401,7; Brazza 394), la popolazione di 20.013 abitanti in modo che la densità media è di 49,5 abitanti per kmq. La forma è approssimativamente quella di un triangolo, nel quale si aprono alcune baie; la lunghezza massima è di 38 km., la larghezza di 20 km.
Il Canale della Morlacca la separa dal continente, al quale si avvicina a meno di 1 km. (Canale del Maltempo) con l'estremità settentrionale; la Bocca di Segna, nota per la violenza con la quale vi soffia la bora, a SE. la divide dall'Isola di Pervicchio, il Canale di Mezzo da Cherso e dalla minore Isola di Plaunig. Il perimetro costiero è di 184 km. ed in generale ad oriente le coste, esposte alla bora, sono alte e poco articolate, a causa in parte dell'abrasione marina, che ha creato una ripa costiera plasmando terreni poco resistenti, in parte di movimenti tettonici, mentre ad occidente esse presentano seni di notevole ampiezza (come la Valle di Cassione, che non è altro che un polje invaso dalle acque) e vi esistono ancoraggi per piccoli scafi, difettando invece i buoni porti. Coste alte sono anche quelle di SO. tra Punta Negrito e la Bocca di Segna.
La costituzione geologica dell'isola risulta chiara se viene posta in rapporto con la terraferma, in quanto essa presenta un rilievo ondulato, avente un'altezza media di 200 m., di natura carsica, cosparso di doline e di polje, il quale continua l'altipiano liburnico. A N. l'isola è maggiormente piatta (M.S. Giorgio, m. 328), mentre a S. qualche collina (M. Obzova, m. 569, e M. Orliacco, m. 539) supera i 500 m. L'ossatura è formata per la massima parte da terreni calcarei giuraliassici, ricoperti nella parte mediana, tra Castelmuschio e Bescanuova, da una striscia di argille, marne, arenarie della formazione eocenica; nelle depressioni si sono poi raccolti in piccoli lembi dei sedimenti diluviali (sabbie, terra rossa). Le formazioni più antiche sono ripiegate e mentre i calcari costituiscono le anticlinali (che hanno un andamento da NO. a SE., conforme ai rilievi della regione dinarica), le marne e le argille, conservatesi dall'erosione, occupano le sinclinali, salvo a SO., dove il fondo d'una sinclinale è costituito per un tratto da calcari a rudiste. Calcari e marne sono però separati anche da una faglia.
L'idrografia superficiale è assai limitata; la zona calcarea, che in qualche luogo rassomiglia a un deserto di pietre, è caratterizzata da una circolazione carsica; esistono alcuni laghetti (di Gnivizze, superficie 0,61 kmq., profondità 8 m.; di Panighe, superficie media 0,24 kmq., profondità 8 m.) che hanno trovato posto in ampie doline; pure essendo alimentati da piccole sorgenti, essi vanno soggetti a notevoli variazioni di livello e di estensione; polle d'acqua dolce, che vanno disperse, si notano numerose presso le coste, sotto il livello marino; in tutta la zona calcarea esistono poi numerose cisterne. A contatto tra i calcari ed il flysch eocenico sgorgano invece copiose sorgenti e nella depressione centrale, tra Castelmuschio e Bescanuova, data la natura dei detriti e l'abbondanza delle argille, i terreni conservano meglio l'umidità, tanto che esistono due corsi d'acqua perenni, uno diretto a SE. (Fiumera, nella Valle di Besca), l'altro a NO. (Jas).
Il clima è quello mediterraneo (con inverni miti e siccità estiva prolungata), ma del sottotipo adriatico, caratterizzato dall'influenza esercitata dalla bora. Rispetto alla costa croata le condizioni sono migliori, mentre invece la vicina Isola di Lussino, più articolata, ha un clima in cui si risentono maggiormente le influenze marittime (inverni ed autunni tiepidi). La bora, vento freddo e secco che spira da NE., soffia specialmente d'inverno; lo scirocco, caldo ed umido, s'alterna talora con la bora nei mesi invernali, ma è in prevalenza vento autunnale e primaverile. Le precipitazioni si aggirano sui 1200 mm., con prevalenza nei mesi da settembre a novembre.
La vegetazione presenta un certo interesse perché formata da flore distinte: settentrionale (centro-europea), orientale (pontica) e meridionale (mediterranea). Si nota poi un grande contrasto tra la parte occidentale, rivestita discretamente da piante legnose, con boschetti di lecci dal fogliame scuro presso la costa e boschi misti ora fitti ora radi di varie essenze arboree ed arbustive nell'interno, e la parte orientale e meridionale più alta e più dirupata, quasi spoglia di piante, che ospita qualche albero solo nelle doline. Vaste estensioni sono rivestite da una scarsa vegetazione erbacea, caratterizzata da salvia, Satureja montana, Helichrysum italicum, che costituiscono il tipico pascolo carsico. I terreni del solco centrale presentano invece anche d'estate una vegetazione rigogliosa.
Il manto forestale, dal quale gli abitanti ricavano buoni guadagni commerciando il legname, è stato in gran parte distrutto per lasciar posto alle colture, sia arboree (vite, fico, olivo), sia seminative (frumento ed anche mais nelle zone più umide). Di olivi si hanno 240 mila alberi (produzione annua 2250 hl. di olio), di vigneti 3200 ha. (produzione 57 mila hl. di vino rosso e 18 mila di bianco). I ristretti appezzamenti di terreno coltivato vengono generalmente cinti con muri a secco. I dossi calcarei meglio che alle colture si prestano all'allevamento ovino; le pecore solo d'inverno vengono riparate nelle stalle, mentre negli altri mesi vagano all'aperto. Anche le vicine isole di Palhnig e Pervicchio, disabitate servono al pascolo.
La popolazione, piuttosto che in case sparse, vive nelle numerose località costiere, alle quali la lunga dominazione veneta (1480-1797) ha impresso tracce, che il recente sviluppo come centri balneari non può cambiare. Il capoluogo è Veglia (ab. 2473, di cui circa la metà italiani), collegata con linee regolari di navigazione a Fiume e a Susak, posta in fondo alla baia omonima e sul declivio d'un colle che scende verso il mare, cinta da mura, con un porto difeso da una diga e da un frangiflutti. Veglia è sede vescovile; ha agenzia consolare italiana e scuole elementari italiane. Altre località importanti sono a N. Castelmuschio (Omišali, ab. 2500) presso una valle longitudinale invasa dalle acque, centro di pescatori in ripido incremento; a E. di Veglia, sulle rive sudorientali del polje di Cassione, che ha un'apertura di appena 120 m., Ponte (Aleksandrovo, ab. 3340); a SE. Bescanuova (Baska, ab. 1000), posta essa pure in fondo a una profonda insenatura, con case alte e numerosi alberghi e pensioni presso un'ottima spiaggia. L'unico centro d'un certo rilievo della costa orientale è Verbenico (Vrbnik).
Monumenti. - Il capoluogo rivela chiaramente l'impronta architettonica veneziana su antico fondo romanico. È protetto dalla solita cinta di mura turrite veneziane; essa partendo dalla marina, ad E. protegge il vasto palazzo vescovile e ad O. con una torre pentagonale di vedetta volge a monte; mura ancora ben conservate, dominate presso Porta Pisana (una delle tre porte della cinta) da un castello veneziano con due torrioni, il quale dal sec. XII fu sede dei Frangipani.
Entro le mura campielli e calli con graziosi palazzetti veneziani; il "corso" che porta al duomo (il cui campanile è ricco di stemmi) e all'annessa chiesa di S. Quirino: uno strano complesso di costruzioni sovrapposte basilicali a tre absidi, con elementi architettonici primitivi cristiani, preromanici e romanici (colonne e capitelli) e con cappelle a nervature ogivali. Nel duomo sono interessanti il paliotto d'argento sbalzato della Madonna in gloria e 20 Santi e due amboni Rinascimento, una Deposizione, un pulpito ligneo e - in sacrestia - banchi ed armadî barocchi. Anche la chiesa della Madonna della Salute è basilicale a 3 navate con colonne e capitelli antichi di spoglio. La vicina chiesa dei Francescani ha una Madonna con il Bambino e 10 Santi del Pordenone e un pulpito ligneo intarsiato. In tutte le chiese interessanti pietre tombali. La ricca biblioteca e la collezione di violini, tra cui uno Stradivario, lasciti del canonico Algarotti, andarono dispersi. Nei dintorni: interessante la chiesetta primitiva cristiana di S. Donato (il santo vescovo patrono di Zara) e nel centro della bella baia di Cassione il boscoso isolotto con il convento francescano di S. Maria di Cassione del 1447 (biblioteca di 10.000 volumi con 94 incunaboli e molti manoscritti).
Storia. - Veglia (lat. Curicum, Curicta da cui il croato Krk; basso greco Βέκλα; lat. med. *Vigilia, Vegla, da cui l'attuale Veglia [secondo altri da *Vetula]) fu al tempo di Roma fiorente municipio sull'isola omonima, nota per essersi svolta nel 49 a. C., nelle sue vicinanze, la battaglia fra le flotte di Cesare e Pompeo. Nella decadenza dell'impero, già sotto il regno italico di Teodorico, il municipio romano, fin da allora probabilmente sede vescovile, si trasforma in comune, retto da un priore. Tale poi si conserva nei secoli successivi e sotto tutte le dominazioni. Veglia serbò fino al sec. XIX, unica fra le città dalmate, il linguaggio medievale romanzo della Dalmazia. Da Giustiniano sino al 1000 fu sotto la sovranità di Bisanzio, dal 1000 al 1024 sotto Venezia, indi nuovamente sotto Bisanzio. Durante le lotte per l'investitura, nell'isola si accesero focolari di un movimento scismatico croato, favorito dall'impero germanico. Venne in questo tempo, probabilmente dal Friuli, una famiglia, detta poi dei conti Frangipani, che, investiti originariamente dall'imperatore, divennero nel 1118-1129 vassalli di Venezia e come tali tennero e governarono l'isola fino al 1358. Dal 1358 al 1480 oltre al vassallaggio veneziano Veglia riconobbe la sovranità ungherese. Il 22 febbraio 1480 l'isola tornò a Venezia che a mezzo di funzionarî biennali la resse direttamente fino al 1797. Dal 1797 al 1806 fu sotto l'Austria, dal 1806 al 1809 sotto il regno d'Italia napoleonico e dal 1809 al 1918, staccata dalla Dalmazia e annessa all'Istria, nuovamente sotto l'Austria. Nel novembre 1918 venne occupata da truppe italiane e l'indomani del trattato di Rapallo (12 novembre 1920) dai legionarî della reggenza fiumana di Gabriele d'Annunzio. Sgombrata da questi il 5 gennaio 1921, venne consegnata alla Iugoslavia il 13 aprile.
Per l'idioma neolatino preveneto della Dalmazia, parlato a Veglia ed estintosi nel corso del sec. XIX, v. dalmatica, lingua.
Bibl.: A. Impastari, Cenni storici sull'isola di Veglia, Trieste 1862; G. B. Cubich, Notizie naturali e storiche sull'isola di Veglia, ivi 1874; Appunti storico-etnografici sull'isola di Veglia, ivi 1882; G. Th. Jackson, Dalmatia, voll. 3, Oxford 1887; V. Klaić, Krčki knezovi Frankopani (I conti di Veglia Frangipani), Zagabria 1901; L. Waagen, beitrag zur geologie der Insel Veglia, in verhandl. k. k. geol. Reichsanstalt, 1902; M. Bartoli, Das Dalmatische. Schriften der balkankommission, Ling. Abt., IV-V, Vienna, Accad. delle scienze, 1906; M. C. Ikevović, Dalmatiens Architektur und Plastik, voll. 6, Vienna 1910 segg.; G. Vassili, La storia della città di Veglia nei suoi monumenti principali, in Arch. stor. per la Dalmazia, a. VIII (1933), fasc. 93 segg., p. 435 segg.; G. Lusina, Le formazioni legnose dell'isola di Veglia ed i loro elementi mediterranei, in Annali di botanica, XX (1933), pp. 228-54; id., Le formazioni erbacee dell'isola di Veglia, ibid., XX (1934), pp. 418-69.