Vega Carpio, Felix Lope de
L’esuberante innovatore del teatro spagnolo
Tra i grandi spagnoli del 16° secolo, Félix Lope de Vega è uno degli autori più versatili e prolifici. Ha scritto poesie, romanzi, e soprattutto opere teatrali che ne hanno fatto uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi e un maestro della commedia
Nato a Madrid nel 1562, Félix Lope de Vega, ebbe una vita tumultuosa spesa tra il mondo della commedia e quello della corte. Conobbe gloria e trionfi, ma anche miseria, malattia e solitudine. Visse orgogliosamente del suo lavoro di autore di teatro, ma non disdegnò il favore dei nobili. La morte della seconda moglie, la salute precaria, un senso di delusione lo spinsero nel 1614 a farsi sacerdote, ma ciò non gli impedì di continuare la vita mondana né di vivere altri amori appassionati. Morì nel 1635 a Madrid, e la città gli dedicò funerali solenni.
La produzione, poetica e in prosa, di Lope de Vega è impressionante; la sua versatilità, come del resto la sua esuberanza vitale, non conosceva limiti.
Scrisse poesie di ogni genere: versi popolareggianti e raffinati sonetti petrarchisti, liriche amorose e religiose (le Rime del 1602 e le Rime sacre del 1614), poemi epici su temi tratti da Ariosto e Tasso o ispirati alla vita di personaggi del suo tempo, come il pirata inglese Francis Drake e la regina Maria Stuarda. Altrettanto variegata è la sua produzione in prosa: un romanzo pastorale (L’Arcadia, 1598), una sorta di romanzo autobiografico (Il pellegrino in patria, 1604), un romanzo dialogato su un amore infelice ricco di echi autobiografici (La Dorotea, 1632) e infine le novelle brevi (note col titolo di Novelle a Marzia Leonarda, 1621-24).
La sua prodigiosa capacità di scrittura giovò immensamente al teatro spagnolo: di lui ci sono giunte oltre 400 commedie, ma i contemporanei gliene attribuirono più di mille; una produzione così vasta è difficilmente classificabile e presenta una grande eterogeneità di temi – storici, mitologici, religiosi, amorosi – e di forme.
Lope de Vega fu maestro nel costruire intrecci amorosi, intrighi e giochi d’apparenze ingannevoli, dove l’amore trionfa a seguito di mille astuzie, raggiri e persino miracoli, come per esempio in La dama sciocca, in cui la forza della passione riesce a rendere intelligente persino la più stolta delle fanciulle. Seppe con uguale facilità toccare le corde del tragico, giocando sul conflitto tra onore e amore, come in Non è vendetta il castigo o Il cavaliere di Olmedo.
Di grande novità furono infine i cosiddetti drammi dell’onore contadino (Fuenteovejuna, Peribáñez e il Commendatore di Ocaña), nei quali mise in scena la rivolta di umili contadini che, di fronte ai soprusi di un tirannico signore, si ribellano difendendo il proprio senso dell’onore: lo spessore del conflitto, la forza delle passioni e l’animo nobile dei personaggi assicurarono a queste opere un successo duraturo, e in tempi moderni – in situazioni sociali di oppressione e di dittatura politica – non ne sono mancate letture in chiave democratica, contro l’arroganza del potere e in difesa della dignità dell’uomo.
Lope de Vega seppe interpretare i gusti del suo pubblico, così come le esigenze di riforma degli autori di teatro che cercavano nuove strade, prendendo le distanze dai precetti di Aristotele, recuperati dai letterati del Cinquecento.
Nel 1609 pubblicò Nuova arte di far commedie in questi tempi, un trattatello in cui detta la sua formula per la commedia moderna: abbandono delle regole e fusione di comico e tragico, a imitazione di quanto avviene nella vita reale, prendendo a modello la natura più che i precetti degli autori antichi.
La duttilità di tale formula, la verosimiglianza che deriva dalla convivenza di elementi comici e tragici, la capacità di delineare il profilo psicologico dei personaggi, la versificazione variata fecero di Lope de Vega un caposcuola e della sua commedia un modello da imitare.
Fra tutte le sue invenzioni, una delle più geniali è quella del gracioso, un personaggio burlone e irriverente, presente anche nelle opere dal contenuto tragico: si tratta, in genere, di un servo che accompagna e sostiene il protagonista – suo padrone – riproponendone a un livello basso le azioni e il linguaggio e facendosi così portatore della comicità.