VALENZA
. Chimica (XXXIV, p. 907). - Il numero di atomi che possono legarsi chimicamente ad un dato atomo per formare dei composti chimicamente definiti, è fisso e caratteristico per ciascun elemento. Con ciò non si vuol significare che un atomo possa combinarsi solo con un determinato numero di atomi di un altro elemento, ma che in genere esiste una serie discontinua di valori che regolano questi rapporti di combinazione. Se convenzionalmente attribuiamo all'H il valore1, chiameremo valenza di un elemento il numero di atomi di H che possono equivalere all'insieme degli atomi legati a quello preso in esame. Così, per es., lo S è tetravalente nell'SO2 ed esavalente nell'SO3; analogamente il Cl può mostrare nei suoi composti le valenze 1, 3, 5, 7, ecc. Merito del Mendeleev è stato quello di avere intuito che queste serie di numeri interi, che determinano la valenza di ciascun elemento, ammettevano un limite, valenza limite, e che questo è di fondamentale importanza nella classificazione degli elementi stessi. La spiegazione fisica del perché un atomo possa legare soltanto numeri fissi e determinati di altri elementi, numeri strettamente legati più che alle dimensioni, alla natura chimica degli elementi stessi, non si è potuta raggiungere che dopo lo sviluppo della moderna teoria quantica della valenza, nonostante già dagli inizî delle classiche teorie elettroniche i chimici ed i chimico-fisici avessero intuito dovesse esistere uno stretto rapporto íra valenza e struttura elettronica degli elementi; la teoria quantica moderna ha dimostrato che la valenza di un elemento è conseguenza diretta del suo stato elettronico.
Secondo il metodo di Heitler-London-Slater-Pauling (H. L. S. P.), per la molecola più semplice, quella dell'idrogeno, in cui ogni atomo possiede un solo elettrone, il legame omopolare (v. in questa seconda App., II, p. 454) può essere espresso dalla funzione d'onda:
costruita come combinazione lineare delle due autofunzioni sotto forma di determinanti aventi gli spin delle autofunzioni atomiche dei due elettroni opposti:
e in cui ψa e ψb rappresentano la parte spaziale delle funzioni d'onda relative agli elettroni sui due atomi a e b, ed α e β sono le autofunzioni relative alle coordinate di spin.
In modo del tutto analogo il metodo è applicabile alla costruzione dei legami di un atomo avente valenza superiore ad uno; per esempio, nel caso dell'ossigeno della molecola d'acqua, se si dicono ψo1 e ψo2 gli orbitali atomici occupati dai due elettroni di valenza dell'ossigeno, ψH1 e ψH2 quelli dei due elettroni dei due atomi d'idrogeno H1 e H2, si potranno rappresentare i due legami omopolari, che l'atomo di ossigeno può formare con quelli d'idrogeno, mediante le seguenti due funzioni di legame:
Una regola utile, alla quale si giunge con l'applicazione di questo metodo, è quella accennata più sopra, per cui un elettrone, il quale abbia il suo spin accoppiato antiparallelamente con quello di un altro elettrone dello stesso atomo, non può prendere parte alla formazione di un legame omopolare, cosicché la valenza di un elemento in un dato stato quantico, derivante da una particolare configurazione elettronica, sarà uguale al numero di elettroni a spin disaccoppiati che esso possiede. Questa teoria viene perciò designata con il nome di teoria della "valenza di spin". Per una migliore comprensione di questa regola è utile tener presente la tabella 1 qui sopra riportata.
In essa, accanto ad ogni elemento, è stato scritto lo stato fondamentale (cioè quello con energia più bassa) nelle notazioni spettroscopiche solite; pertanto di ciascuno si può ricavare subito il numero v di elettroni a spin disaccoppiati, cioè la valenza dell'elemento in quello stato, dal valore della molteplicità spettrale μ (il numero in alto a sinistra in una notazione come 3P2 per l'ossigeno) ricordando che v = μ − 1 in quanto la molteplicità spettrale è uguale a 2S + 1, essendo S lo spin totale dell'atomo. Nella tabella sono riportati anche i potenziali di ionizzazione in volt-elettroni che dànno un'idea dell'energia con cui gli elettroni sono legati all'atomo. Il F, l'O e l'N, come si vede, hanno molteplicità 2, 3, 4 rispettivamente, in accordo con le loro valenze normali omopolari 1, 2, 3; il Li, Na, K, Rb, Cs, hanno molteplicità 2 e valenza1; ecc. va notato però che molti atomi, come per esempio il Be, mostrano nel loro stato fondamentale una valenza zero. Per spiegare questo apparente disaccordo con l'esperienza chimica, paragonando i potenziali di ionizzazione del Be e del B, possiamo notare che l'orbitrale 2p è solo di poco più stabile di quello 2s e pertanto uno degli elettroni 2s del Be può facilmente essere promosso al livello 2p, fornendo due elettroni a spin disaccoppiati, e quindi l'atomo, nel nuovo stato leggermente eccitato, presenta la valenza normale di 2. In modo del tutto analogo si può spiegare la valenza presentata da quasi tutti gli altri elementi apparentemente anomali nel loro stato fondamentale. Un caso tipico, che è utile analizzare, è quello del C per il quale lo stato fondamentale è 3P0 con una configurazione elettronica (is)2 (2s)2 (2p)2 che comporta valenza due. Tuttavia il primo stato eccitato (is)2 (2s) (2p)3 5S possiede quattro elettroni a spin disaccoppiati e quindi ha una valenza 4; sebbene l'energia necessaria alla promozione di un elettrone 2s ad un livello 2p sia dell'ordine di 3 ÷ 4 volt-elettroni, tuttavia, durante la formazione di una molecola con due legami in più (quattro in tutto), l'energia spesa viene assai più che compensata.
Da quanto si è detto succintamente fino ad ora si deduce che la valenza di un elemento è univocamente determinata dalla configurazione elettronica dell'elemento stesso e che, quando un atomo presenta più di una valenza, volta a volta la situazione può essere spiegata notando che in quei casi vi sono più stati chimicamente possibili, aventi configurazioni elettroniche tali da render conto delle nuove valenze.
Una caratteristica molto importante dei legamì che un atomo avente valenza superiore ad uno può formare con altri nella costituzione di una molecola è relativa alle proprietà direzionali dei legami stessi: per esempio è ben noto che il C tetravalente del metano (is)2 (2s) (2p) 5S può formare legamì secondo le direzioni dei vertici di un tetraedro regolare; l'ossigeno (is)2 (2s)2 (2p)4 3P2 nell'H2O forma due legami che fanno tra loro l'angolo di 104°,31; l'azoto (is)2 (2s)2 (2p)3 4S2 nell'ammoniaca forma tre legami a simmetria piramidale, e così via. Se si ricorda la dipendenza angolare degli orbitali s, p, d, che per i primi due è mostrata schematicamente in fig. 1, è facile rendersi conto della configurazione angolare, per esempio, dei due legami dell'ossigeno nell'acqua. Infatti, dei quattro elettroni occupanti orbitali p, due a spin antiparallelo si possono attribuire formalmente ad uno dei tre orbitali (per esempio, quello secondo l'asse z, p2), mentre si può pensare che gli altri due elettroni a spin disaccoppiati occupino rispettivamente gli orbitali secondo x (px) e secondo y (py) e siano essi a concorrere (con gli elettroni 1sH1 ed 1sH2) alla costituzione dei due legami di valenza del tipo [3] formanti un angolo di 90°. Quest'angolo è molto vicino a quello sperimentale di 104° che può essere spiegato se si tiene conto della leggera repulsione dei due atomi di H. In modo del tutto analogo si può spiegare la configurazione piramidale della molecola di NH3. Non altrettanto immediata, invece, è la spiegazione, per esempio, delle proprietà direzionali dei quattro legami a simmetria tetraedrica del carbonio, per il quale si hanno tre orbitali 2p diretti secondo gli assi x, y, z (cioè a 90° l'uno rispetto all'altro, come per l'azoto dell'ammoniaca) ed un orbitale 2s a simmetria sferica, ovvero della configurazione trigonale degli orbitali di valenza dello stesso carbonio tetravalente nei composti come l'etilene, ecc.
Questo problema è stato risolto per la prima volta dal Pauling, il quale, per la costruzione delle autofunzioni di valenza, si è basato sulla considerazione secondo cui l'intensità di un legame è proporzionale all'integrale di sovrapposizione dei due orbitali che concorrono a formare il legame stesso, e quindi tanto più grande quanto maggiormente le autofunzioni si proiettano in avanti nella direzione degli altri atomi della molecola. Con questo criterio egli ha-costruito, per il caso del C tetraedrico, relativo alla configurazione (is)2 (2s) (2p)3, quattro orbitali ψ1, ψ2, ψ3, ψ4, combinazioni lineari di quelli 2s, 2px, 2py, 2pz, che possiedono i loro massimi lungo le direzioni dei vertici di un tetraedro:
e si verifica che, tra tutte le combinazioni lineari possibili, le [4] sono caratterizzate dalla proprietà di fornire la massima intensità dei quattro legami.
Un criterio più generale di quello usato dal Pauling per la soluzione di problemi di questo tipo, si basa su considerazioni di simmetria relative, da una parte, ai legami che si desidera formare e, dall'altra, agli orbitali atomici (in genere dei tipi s, p, d) che si possono usare per costruire questi orbitali di legame. Tale criterio di simmetria consiste sostanzialmente nell'applicare il principio per cui, per la formazione di un dato raggruppamento di orbitali di valenza di un atomo aventi prestabilite proprietà di simmetria, si possono usare soltanto orbitali atomici aventi le stesse caratteristiche di simmetria. Con questo criterio viene pertanto limitato e specificato volta a volta, per ogni particolare simmetria, il tipo ed il numero di orbitali atomici (s, p, d) utili. Si trova così, per esempio, che per ottenere tre orbitali di legame a simmetria piramidale, si può partire solo da una configurazione p3 ovvero d2 p; per ottenerne quattro a simmetria tetraedrica, solo da una configurazione sp3 ovvero d3s; la simmetria tetragonale piana può derivare soltanto dalla configurazione dsp2 ovvero d2p2, e così via.
Sarà utile accennare come, con l'aiuto dei più elementari risultati della teoria dei gruppi, s'imposti il problema della ricerca del numero e del tipo di orbitali atomici necessarî alla formazione di un prefissato raggruppamento di orbitali equivalenti di valenza, aventi proprietà direzionali prestabilite. Per fissare le idee su di un esempio, ricerchiamo quali orbitali atomici, tra quelli s, px, py, pz, dz, dxz, dyz, dxy, dx2-y2, siano necessarî per costruire il raggruppamento di tre orbitali di valenza σ1, σ2, σ3, situati in un piano e formanti tra loro un angolo di 120° come nella fig. 2, in cui gli orbitali di valenza sono stati schematizzati con i tre vettori orientati.
Il gruppo di simmetria a cui appartiene l'insieme delle tre funzioni di legame σ1, σ2, σ3 della fig. 1 è quello D3h le cui operazioni di simmetria sono le seguenti: l'identità I, il piano speculare oh che contiene i tre vettori, l'asse di simmetria ternario C3 perpendicolare al piano xy, l'operazione S3 costituita dalla rotazione di 120° intorno all'asse C3 seguita da una riflessione nel piano xy, l'operazione C′2 che è una rotazione attorno ad un asse contenente uno dei vettori (per esempio l'asse x), ed infine la riflessione σv attraverso un piano passante per uno dei vettori e contenente l'asse z perpendicolare al piano xy nel punto A. Per quanto si è detto bisogna anzitutto trovare le proprietà di simmetria dei tre orbitali di valenza e poi scegliere tra gli orbitali s, px, py ... tre che presentino, sempre dal punto di vista simmetrico, le stesse caratteristiche. Nel linguaggio della teoria dei gruppi, ciò si esprime dicendo che i tre orbitali di valenza σ1, σ2, σ3 formano la base per una rappresentazione tridimensionale G (generalmente riducibile) del gruppo D3h; analogamente gli orbitali atomici s, px, py, ... formano rappresentazioni dello stesso gruppo D3h. Una volta ridotte tali rappresentazioni, da un confronto delle rispettive componenti irriducibili si potrà dire quali combinazioni degli orbitali atomici s, px, py, ... possiedono le stesse caratteristiche di simmetria degli orbitali di valenza σ1, σ2, σ3 e possono quindi essere usati per la costruzione di questi.
La rappresentazione riducibile del gruppo D3h, fornita dai tre orbitali σ1, σ2, σ3 è data dalle matrici di trasformazione di σ1, σ2, σ3 quando vengono assoggettati alle operazioni di simmetria del gruppo. La ricerca di queste matrici di trasformazione è notevolmente facile: infatti, applicando al raggruppamento dei tre orbitali σ l'operazione identità I, si ottengono i tre nuovi orbitali:
(somma degli elementi diagonali) χ (I) = 3; applicando l'operazione σh si ottengono i nuovi orbitali:
applicando l'operazione C3 si ottiene:
operando con S3:
con C′2 (rotazione intorno all'asse x, per es.) si ha:
ed infine per σv:
Nella tabella 2 sono riportati i caratteri relativi alle rappresentazioni irriducibili del gruppo D3h:
in essa I, σh, C3, S3, C′2, σv, sono le operazioni di simmetria del gruppo, ed A′1, A′2, A″1, A″2, E′, E″ ne sono le rappresentazioni irriducibili, di cui le A sono monodimensionali e le E bidimensionali. Se si tiene conto dei valori tabulati si vede facilmente che la rappresentazione G, fornita dai tre orbitali di valenza e che possiede i caratteri che più sopra si sono calcolati χ(I) = 3, χ(σh) = 3, χ(C3) = 0, χ(S3) = 0 χ(C′2) =1, χ(σv) = 1, può essere ridotta nella somma delle rappresentazioni irriducibili A′1 ed E′, cioè G = A′1 + E′ (la somma dei caratteri di A′1 ed E′ relativi alle singole operazioni R è uguale al carattere di G relativo alle stesse operazioni: χG(R) = χA1′(R) + χE′(R)). La teoria dei gruppi insegna comunque che in generale la riduzione di una rappresentazione riducibile nelle sue componenti irriducibili può essere fatta applicando la relazione:
dove ni è il numero di volte in cui la rappresentazione irriducibile i-esima è contenuta in quella riducibile, h è il numero di elementi del gruppo (nel caso presente il numero delle operazioni di simmetria è h = 1 + 1 + 2 + 2 + 3 + 3 = 12), χ (R) è il carattere della rappresentazione riducibile relativo alla operazione R, χi (R) quello (dato dalla tabella) della rappresentazione irriducibile relativo alla stessa operazione. L'applicazione della [5] fornisce evidentemente lo stesso risultato che abbiamo trovato dalla semplice ispezione della tabella 1.
Avendo trovato le caratteristiche di simmetria relative agli orbitali σ, vogliamo, in modo del tutto analogo, vedere come si ricercano i caratteri delle rappresentazioni del gruppo fornite dagli orbitali atomici di tipo s, p, d. Per il caso, ad es., di un orbitale s (avente simmetria sferica, vedi fig.1), le matrici hanno tutte carattere uguale ad1, poiché l'applicazione di ogni operazione R all'orbitale s conduce ancora all'orbitale s stesso, s′ = Rs = s. Per l'orbitale pz, invece, che possiamo rappresentare con un vettore diretto secondo z, si trova facilmente che le matrici di trasformazione sono quelle monodimensionali fornite dallo specchio seguente:
Similmente si può mostrare che, nel gruppo D3h, gli orbitali px, py formano la base per una rappresentazione bidimensionale poiché le trasformazioni di px e py non possono essere scisse l'una dall'altra. La ricerca delle matrici di trasformazione relative a questa rappresentazione può effettuarsi esemplificando al solito i due orbitali con due vettori di uguale lunghezza diretti rispettivamente secondo x ed y, e ricordando che le componenti di un vettore υ⃗, il quale formi inizialmente un angolo θ coll'asse delle x, e venga sottoposto ad una rotazione di un angolo α, si trasformano nel modo seguente:
Se pertanto diciamo &vet;i??? e &vet;j??? i due versori lungo gli assi x e y rispettivamente, e p il valore comune del modulo dei due vettori &vet;p???x e &vet;p???y, si ha &vet;p???x = &vet;p???i e &vet;p???y = &vet;p???j (cioè x = p; y = 0; x = p), e quindi, per esempio, per l'operazione C3:
con matrice di trasformazione
e carattere − 1. In modo analogo a quanto si è fin qui detto, si trovano i caratteri seguenti:
e quindi, da un confronto con i caratteri delle trasformazioni irriducibili forniti dalla tabella 1, si trova che px e py formano la rappresentazione E′ del gruppo.
Con metodi simili si dimostra che gli orbitali dxy, dx2-y2 forniscono anch'essi la rappresentazione bidimensionale E′, quelli dxz, dyz formano v la rappresentazione E″, e l'orbitale dz quella A1′; tutte riportate per comodità nella tabella. Possiamo pertanto concludere che il paragone delle componenti irriducibili della rappresentazione del gruppo di simmetrici D3h, fornita dagli orbitali di valenza σ1, σ2, σ3, con quelle relative alle rappresentazioni fornite da quelli atomici s, px, py ..., stabilisce che gli orbitali di valenza σ1, σ2, σ3 si potranno costruire soltanto con le combinazioni dei seguenti orbitali atomici:
Nella tabella 3 sono riportati i risultati di calcoli analoghi per il caso di un atomo centrale circondato da due a otto atomi esterni.
Concludendo, la configurazone elettronica dell'atomo non solamente fissa il numero di valenza dell'atomo stesso secondo la regola per la quale il numero di legami omopolari che l'elemento può formare in una molecola risulta uguale al numero di elettroni a spin disaccoppiato (v = μ − 1), ma stabilisce altresì le proprietà direzionali dei legami, proprietà che hanno acquistato un'importanza preminente per lo studio della struttura molecolare.