MONTI, Urbano
MONTI, Urbano (Monte dall’Angelo). – Figlio naturale di Giovanni Battista e di Angela de Menclozzi, nacque a Milano il 16 agosto 1544.
La famiglia del padre, di estrazione patrizia, sembra fosse originaria della Valsassina in provincia di Lecco, più precisamente secondo lo stesso Urbano della località Monte della Martesana, e vantava vari esponenti impegnati nell’amministrazione cittadina e illustri personaggi, tra i quali si sarebbe distinto in seguito il cardinale Cesare Monti, arcivescovo di Milano dal 1632 al 1650. Sulla grafia del cognome non tutte le fonti sono concordi, l’autore si firmava «Monte» ma per identificare la sua famiglia utilizzava la forma «Monti».
Crebbe insieme con i due fratelli minori e i cugini paterni nella casa comune, sita nella parrocchia di Santo Stefanino di Borgogna. Gentiluomo assai timorato, non occupò mai cariche pubbliche e nel corso della vita si dedicò agli studi, all’amministrazione dei suoi beni e alle opere pie, impegnandosi in alcune congregazioni religiose. All’età di 35 anni prese in moglie la diciottenne Margarita Niguarda, amatissima, dalla quale ebbe quattro figli maschi e una femmina. I contemporanei lo consideravano dotato di grande cultura ed effettivamente doveva possedere una solida preparazione classica e una biblioteca fornita e aggiornata nelle materie di suo più stretto interesse.
Morì a Milano il 15 maggio 1613 e fu sepolto nella cappella di famiglia all’interno della chiesa di Santa Maria de’ Servi, oggi San Carlo al Corso.
Nella prima parte della sua vita Monti realizzò una cronaca manoscritta in quattro volumi, intitolata Delle cose più notabili successe nella città di Milano, le cui uniche copie note sono conservate presso la Biblioteca Ambrosiana (P 248-251 sup./ARBSM 2 col. 957) e la Biblioteca Braidense (solo il primo tomo, con titolo leggermente diverso: AG.XIV.10). Nel resoconto descrive la storia della sua casata, ricostruendone l’albero genealogico con miniature realizzate di suo pugno e, attraverso di essa, le vicende della sua città natale dal 1386, anno in cui era nato il capostipite Ambrogio de Monte e aveva avuto inizio la costruzione del Duomo, al 1587. L’opera, probabilmente per il carattere marcatamente privato, è citata solo fuggevolmente dai successivi cronisti della città; risulta però interessante perché nel quarto libro tratta della prima ambasceria giunta dal Giappone nel 1585 per rendere omaggio al papa. Monti ricostruisce il pellegrinaggio della delegazione nipponica, composta da quattro giovinetti di alto lignaggio e dai loro accompagnatori, dal paese del Sol Levante in Europa, dalla tappa in India alle visite alle corti iberiche fino in Italia. Sbarcati a Livorno nel mese di marzo, dopo una sosta a Firenze gli ambasciatori raggiunsero Roma, dove ebbero un’accoglienza fastosa e furono invitati dal papa al Concistoro. Lasciata la città eterna, visitarono numerose città italiane del centro-nord per raggiungere infine il porto di Genova, da cui si imbarcarono. Nella cronaca la parte più originale e ricca di dettagli è naturalmente quella relativa alla sosta a Milano, che gli ambasciatori raggiunsero il 25 luglio ricevuti con tutti gli onori dalle autorità e dal popolo. Nell’occasione Monti ebbe modo di osservare direttamente i principi orientali e di farne i ritratti, che inserì nel testo. L’ambasceria gli permise anche di raccogliere le informazioni allora disponibili sul Giappone e di reperirne di nuove direttamente dai padri gesuiti che l’accompagnavano; queste vennero rielaborate per produrre una carta geografica dal titolo Descrittione e sito del Giapone. La xilografia, di cui una copia è custodita in un codice dell’Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana di Milano (Cod. Triv. 1128, unità codicologica nr. XLII), fu pubblicata qui nel 1589 dallo stampatore Piccaglia che la dedicò al questore del magistrato ordinario Giulio Dardanoni, imparentato con i Monti.
Il lavoro per cui lo studioso milanese viene ricordato è un’opera geocartografica in quattro libri dal titolo di Trattato universale. Descrittione et sito de tutta la Terra sin qui conosciuta. Anche questa risulta legata alla missione diplomatica nipponica, è anzi presumibile che l’idea sia nata proprio da quell’episodio, che suscitò nell’erudito il desiderio di realizzare un aggiornato compendio sulla geografia del mondo, enormemente dilatata dalle scoperte avvenute nell’ultimo secolo, di cui la carta del Giappone fu un saggio. La prima stesura del manoscritto riporta la data del 1590, ma la gestazione dell’opera nel suo complesso era iniziata cinque anni avanti. Innanzitutto venne redatto il terzo libro, poiché a esso rimandano il primo e il secondo, in ultimo il quarto. Di certo il terzo tomo fu composto di pari passo con le carte che richiama, dunque anche le tavole dovettero essere disegnate all’inizio del lavoro e precisamente entro il Natale del 1587, mentre gli altri libri furono composti nei tre anni successivi. Contenutisticamente la Descrittione non è molto interessante, specialmente nelle parti generali, perché ripropone teorie e credenze diffuse in Italia e nell’Europa occidentale alla fine del XVI secolo. Anche il terzo libro rispecchia la cultura umanistica cinquecentesca rifacendosi ai classici, ma allo stesso tempo deve molto ai moderni, tra cui figurano grandi navigatori, viaggiatori ed esploratori, citati come fonti.
Il vero tesoro racchiuso nell’opera è rappresentato dal grande planisfero circolare, composto da varie carte geografiche da assemblare, molto belle, colorate e curate, ricchissime di particolari curiosi e ricercati, di ritratti di uomini importanti, animali reali e fantastici, flotte con le vele spiegate e mostri marini.
Del trattato di Monti si conoscono almeno tre esemplari, di cui due sarebbero quasi identici nei contenuti ma differenti nella parte cartografica. La prima copia, interamente manoscritta e autografa, è il più prezioso libro geografico del fondo Valentini della Biblioteca del Seminario arcivescovile di Milano (FV.B-VII- 56) e presenta le tavole disegnate e colorate a mano da Monti (edizione anastatica Descrizione del mondo sin qui conosciuto, a cura di M. Ampollini, Lecco 1994; edizione digitale in CD-ROM: Il planisfero di U. M. del sec. XVI, ibid. 1999). Qui venne utilizzata per il planisfero una proiezione che vede i paralleli come cerchi concentrici che aumentano di diametro allontanandosi dal centro (il Polo Nord) fino a terminare in una circonferenza esterna coincidente con il Polo Sud, su cui si intersecano i meridiani tracciati come raggi continui divergenti. Di quest’opera esisterebbe un doppione, sconosciuto agli studiosi, venduto alla fine degli anni Ottanta del Novecento dalla casa d’aste Sotheby a un anonimo privato (Rainero, 1987).
Il secondo esemplare noto e consultabile, posseduto dalla Biblioteca Ambrosiana (A 260 inf.), è un duplicato realizzato successivamente da Monti per la pubblicazione dell’opera (nel luglio del 1603 aveva ottenuto un privilegio quindicinale dal governatore di Milano) quando le tavole del planisfero erano già state incise e presenta infatti le carte geografiche a stampa inframmezzate al testo manoscritto. In questo secondo caso la proiezione utilizzata appare diversa poiché il planisfero, a sud dell’equatore, si apre in una forma quadrilobata in cui i meridiani divengono linee curve e i quattro lobi risultanti contengono ciascuno uno dei continenti meridionali o grandi isole. I numerosi interventi di revisione e le aggiunte dimostrano che le copie vennero riviste a lungo dall’autore, secondo Almagià (1941), almeno fino al 1604, data che appare corretta sul rame in seguito al ripensamento che Monti ebbe riguardo alla proiezione per il planisfero. Una prova evidente del lungo lavorio di correzione e aggiornamento viene anche dagli autoritratti inseriti nelle due versioni, che riportano l’autore all’età di 45 e di 60 anni. Perché egli abbia modificato l’impianto del planisfero non è certo, probabilmente a indurvelo furono le evidenti deformazioni che subivano le terre al di sotto dell’equatore. A quel punto però invece di far ripetere il lavoro di incisione, lungo e costoso, fece raschiare le lastre approntate da Leone e Lucio Pallavicino e su queste apportò le variazioni conseguenti alla nuova impostazione.
Tra la prima stesura e le ultime correzioni il trattato impegnò Monti per almeno 17 anni, dunque fino a tarda età, ma non venne mai pubblicato probabilmente per l’alto costo che avrebbero comportato le enormi dimensioni del planisfero. Sul mancato compimento dell’opera dovettero influire anche i problemi procurati all’autore dal figlio maggiore, dissoluto e continuamente bisognoso di denaro, che proseguirono anche dopo la morte del genitore con lunghe e controverse questioni legate all’eredità fra i fratelli, cui non sfuggirono il testo e le carte del Trattato.
Fonti e Bibl.: B.A. Gutierrez, La prima ambasceria giapponese in Italia. Dall’ignota cronaca di un diarista e cosmografo milanese della fine del XVI secolo, Milano 1938; R. Almagià, Un prezioso cimelio della cartografia italiana: il planisfero di U. M., in La Bibliofilia. Rivista di storia del libro e delle arti grafiche di bibliografia ed erudizione, XLII (1941), 7-9, pp. 156-193; L. Villani, La prima ambasceria giapponese in Italia e il diario milanese di U. M. (1585), in La Martinella di Milano, VII (1953), settembre, pp. 621 s.; T. Guglielmetti, Il Giappone nella carta di Urbano Monte del 1589, in Incontri tra Occidente e Oriente. Saggi IV, Venezia 1979, pp. 33-44; R.H. Rainero, Un trattato inedito di un cartografo milanese del XVI secolo: Urbano Monte ed il suo “Trattato universale”, in Aspetti e problemi della geografia, a cura di G. Corna Pellegrini, Milano 1987, II, pp. 639-652; L. Besozzi, Gli ultimi anni di U. M., geografo e cronista (1544-1613), in Libri e documenti, XXI (1995), pp. 66-89; A. D’Ascenzo, L’ampliamento dell’orizzonte geografico e le rappresentazioni cartografiche nel XVI secolo. I mapamondi di Urbano Monte, in Geostorie. Bollettino e Notiziario del Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici, XIX (2011), nn. 1-3, pp. 111-140.