CALOSSO, Umberto
Nacque a Belveglio d'Asti il 23 sett. 1895 da Giuseppe e da Giuseppina Damasio. Iscrittosi alla facoltà di lettere dell'università di Torino, ebbe, modo di conoscervi Gramsci, Tasca, Togliatti, Passoni, Martorelli. Nel 1918 aderiva al partito socialista, frequentando la sezione cittadina di cui Grainsci era stato eletto da un anno segretario.
Nel 1920, conseguita la laurea, si diede all'insegnamento. Collaborò all'Ordine Nuovo (1921), di cui fu poi anche redattore politico, sotto lo pseudonimo di Mario Sarmati con articoli di critica letteraria; fu poi tra i sostituti per la critica teatrale di Piero Gobetti, chiamato al servizio militare, la conoscenza del quale risaliva al tempo della pubblicazione di Energie nove. Nel '22 redigeva anche una rubrica dal titolo "Sotto la mole", che si proponeva di riflettere sulle "piccole cose" della cronaca torinese, offrendo una serie di spunti polemici e di osservazioni sul costume politico, un genere pubblicistico assai congeniale alla sua indole di moralista. Fu anche l'autore anonimo, secondo la testimonianza di Leonetti e di Viglongo, di alcuni corsivi della rubrica gramsciana.
Lo squadrismo trovò poi in lui, sempre dalle colonne dell'Ordine Nuovo, con la rubrica "Il terrore bianco in Italia" che attirò la rappresaglia fascista, un critico vigile e combattivo. Incriminato per detenzione abusiva di armi e altri reati, con Leonetti, Gennaro Gramsci, Viglongo e Pastore, venne, insieme a questi, processato e assolto il 3 apr. 1923. Questo episodio segna il passaggio del C. all'attività clandestina.
Nel 1924 il C. pubblicava a Bari presso Laterza un saggio su L'anarchia di Vittorio Alfieri, che, attraverso l'analisi dei limiti sociopolitici dell'individualismo libertario del poeta astigiano, costituiva indirettamente un filo conduttore per una prima riflessione su alcuni temi dell'esperienza ordinovista, in cui non manca di farsi sentire l'influenza culturale di Piero Gobetti, e che lo porta a tracciare un profilo intellettuale dell'Alfieri che sarà ripreso poi dal Salvatorelli nel suo Pensiero e azione nel Risorgimento.
Nel 1931, abbandonata l'Italia insieme con la moglie, Clelia Lajolo, che aveva sposato nel '27, si recava prima in Francia e poi a Londra, dove Angelo Crespi, che aveva collaborato alla Rivoluzione liberale, gli offrì la possibilità di riprendere l'insegnamento a Malta, succedendo sulla cattedra di italiano del St. Edwards' College a G. Donati, morto in quell'anno.
Durante un viaggio a Parigi entrò poi in contatto con il gruppo di "Giustizia e libertà". Proprio in un saggio su Antonio Gramsci e l'Ordine Nuovo, pubblicato sui Quaderni di Giustizia e Libertà (agosto 1933, pp. 71-79), operava una definitiva revisione del suo "marxismo". L'esperienza dell'OrdineNuovo gli si presentava come legata ai problemi di sviluppo della Russia sovietica, non a quelli dell'opposizione al fascismo. La stessa riflessione critica gramsciana gli pareva inficiata di dottrinarismo e contraddittoria nella duplice assunzione d'una "situazione rivoluzionaria in atto" e nello sforzo, di più lungo periodo, di maturazione della coscienza di classe, attraverso gli istituti consiliari e l'autonoma gestione tecnica delle strutture finanziarie e produttive da parte operaia. Apprezzava il carattere storico-nazionale dell'approccio critico di Gramsci, ma ne individuava come "errore vitale" una derivazione gentiliana, sorgente di simboli e di miti che gli servivano per tradurre allegoricamente il suo ideale politico.
L'aspetto positivo dell'esperienza ordinovista rimaneva per il C. l'individuazione del potenziale democratico e libertario delle élites operaie. Per questa via si orientava dall'impostazione dell'OrdineNuovo a quella della Rivoluzione liberale di Gobetti, erede, secondo il C., del più profondo spirito grainsciano, che consisteva nella concezione della rivoluzione sociale "come un approfondimento e una spiritualizzazione della lotta che nel mondo borghese si svolge prevalentemente sul terreno economico".
Trovandosi casualmente in Spagna, per un giro di conferenze, nei giorni del pronunciamento franchista dell'esercito (luglio 1936), si recò a Barcellona, dove le masse operaie erano riuscite a organizzare la prima resistenza, e venne eletto membro del Comitato rivoluzionario. Più tardi, unitosi al gruppo di antifiascisti italiani accorsi in Spagna, a capo del quale erano Carlo Rosselli e Mario Angeloni, partecipò alla battaglia del Monte Pelato che fu - come egli ricorda - il primo fatto d'armi degli italiani nella lotta contro il fascismo.
Caduta la repubblica tornò a Malta, dove scrisse e pubblicò, nel 1940, i Colloqui con Manzoni, unsaggio diffuso in Italia soltanto attraverso pochi esemplari, che venne recensito dal Croce sulla Critica (XXXVIII [1940], pp. 239 s.). Nel corso della guerra egli si stabilì in Inghilterra, da cui si assentò per una parentesi di attività in Egitto, insieme con il Vittorelli. A Londra, insieme con altri egnigrati (Angelo Crespi, Decio Pettoello, Paolo e Piero Treves e qualche altro), diede vita all'associazione Libera Italia, intorno alla quale si raccolsero anche alcuni simpatizzanti inglesi. Egli poté così continuare la sua attività antifascista attraverso Radio Londra, e riuscì ad ottenere l'aiuto del deputato laburista Ivor Thomas, che pubblicò insieme con il gruppo italiano un "Penguin" dal titolo The remaking of Italy.
Dopo la caduta del fascismo cercò di tornare in Italia, ma vi riuscì soltanto nell'ottobre del '44. Si stabilì a Roma e lavorò all'Avanti! accanto a Nenni. Si recò poi a Torino e vi diresse il Sempre Avanti!.In questo periodo egli collaborò anche alla rivista Socialismo, diretta da Saragat, e più tardi da R. Morandi. Nominato consultore nazionale ed eletto, nel 1946, deputato alla Costituente nelle liste del P.S.I.U.P. (I collegio di Torino, con 43.898 voti preferenziali), dopo la scissione del partito socialista passò al gruppo guidato da Saragat (P.S.L.I.). Insieme con Corrado Bonfantini, nel 1947, fondò il giornale socialdemocratico Mondo nuovo e nel marzo assunse la direzione dell'Umanità. L'anno seguente era eletto deputato nelle liste del P.S.L.I. e prendeva parte ai lavori della Commissione istruzione e belle arti.
Aveva continuato in questo periodo l'opera di moralizzatore alla R.A.I., con la rubrica Rosso di sera, battendosi per il raggiungimento delle riforme più urgenti, come il voto alle donne e la riforma della scuola, e collaborando al settimanale Il Mondo.
Nel '53 il C. pubblicava a Modena un opuscolo, La riforma della scuola si può fare;libero docente di letteratura italiana e incaricato di questa materia presso il magistero dell'università di Roma, aveva discusso della scuola - come egli stesso ricorda - con Croce, Gentile, con Filippo Turati in esilio, con Einaudi, suo antico professore, quando era alla Costituente, con la Montessori, e infine con i suoi alunni, sia in Italia sia all'estero. Il C. fu il primo a battersi per quella linea di riforme che fu detta senza spese e che ebbe un certo favore pubblicistico negli anni '50, cioè la riforma della scuola secondaria, la rivoluzione del calendario scolastico, il dimezzamento dei programmi. Egli fu inoltre sostenitore della gratuità e dell'obbligatorietà dell'istruzione inferiore e dello sviluppo dell'insegnamento professionale.
I neofascisti del M.S.I. disturbarono in continuazione, a Roma, la sua attività di docente. Nel 1953 il C. rientrava nel P.S.I. ma, gravemente malato, fu costretto a ritirarsi da ogni attività politica e civile.
Il C. morì a Roma il 10 ag. 1959.
Bibl.: A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, ad Indicem;L. Einaudi, Lo scrittoio del presidente, Torino 1956, pp. 6 ss.; G. S. Spinetti, Bibl. degli esuli antifascisti, Roma 1959, ad Indicem;A. Garosci, Gli intellett. e la guerra di Stagna, Torino 1959, pp. 438-453; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I, Torino 1967, pp. 177, 235 s.; Enciclopedia dell'antifascismo e della resistenza, I, Milano 1968, pp. 426 s.