DEL BIANCO, Ubertino
Nacque ad Arezzo, probabilmente agli inizi del sec. XIII, se già nel 1233, in un documento, è citato quale "dominus Ubertinus iudex Iohanni Blanci".
Gli scarsi dati biografici che possediamo sul D. non consentono di accertare con sicurezza una sua appartenenza all'aristocratica famiglia degli Ubertini, di orientamento ghibellino, che fu una delle più prestigiose d'Arezzo e a cui appartenne Guglielmino degli Ubertini: questi, nel 1249 vescovo d'Arezzo, per decenni fu protagonista delle lotte politiche in Toscana.
Nel 1249 il D. fu nominato podestà di Arezzo, con Marzucco Scornigiani assessore e Viva di Michele, padre di Guittone d'Arezzo, camerlingo.
Il D. partecipò attivamente alla vita culturale toscana: fu amico di Guittone d'Arezzo col quale tenzonò e del quale fu dedicatario della canzone Ahi, bona donna, che è devenuto, dove al verso 61 si legge "Ubertin dolze amico"; di Chiaro Davanzati, di Monaldo da Soffena, con entrambi in corrispondenza poetica, e forse anche di Monte Andrea. Così come l'amico Guittone, ma in data posteriore, il D. entrò nell'Ordine dei "Milites Beatae Virginis Mariae", fondato a Bologna verso il 1261 e i cui membri erano comunemente chiamati frati godenti o gaudenti.
Il D. morì nel 1269.
Il non ricco canzoniere del D. è costituito da una tenzone con Guittone d'Arezzo, un contrasto amoroso con madonna e una tenzone con Chiaro Davanzati. L'essere chiamato "giudice" nella tenzone con Guittone e nel contrasto con madonna, e successivamente "frate Ubertino" (che "se non è nome fittizio, è altrimenti ignoto fra i rimatori del tempo", Contini, p. 402) nella tenzone con Chiaro e in un sonetto dialogato di Monaldo, ha posto il problema della esatta identità del Del Bianco. L'ipotesi più ragionevole è che il "giudice Ubertino" verso la fine della sua vita, sull'esempio dell'amico Guittone, si sia monacato, donde la successiva appellazione di "frate Ubertino". Ciò spiegherebbe perché proprio ad un frate Monaldo ponesse quistioni d'amore: "Citato sono a la corte d'Amore, / consiglimi u andar frat'Ubertino". Una diversa identificazione fu tentata dal Mascetta Caracci, il quale credette di potere stabilire la esatta cognominazione di "frate Ubertino" attraverso i vv. 7-9 della prima risposta di Chiaro, dove si legge: "E son certo che siete colorato / d'ambra e di moscato...". Il D. si sarebbe chiamato d'Ambra Moscati, al secolo Federigo d'Ambra che tenzonò con ser Pace notaro, autore anche di un sonetto, conservato dal codice Vaticano 3.214, contro Carlo d'Angiò. Ipotesi per la verità poco credibile, ché non spiega l'opzione per il nuovo nome, né tiene conto che nei testi antico-italiani i sintagmi "ambra" e "moscato" sono spesso in distribuzione sovrapposta.
La tenzone con Guittone, costituita da due sonetti, Guittone risponditore, fu composta verso il 1265. Il D. dopo avere giocato sul significato di Guittone - guitto guittone - e avergli dato del matto, ne mette in dubbio la sincerità della conversione: "... fai vita, quanto al mi' parere, / leggera a Dio e al mondo noiosa". Guittone nella risposta, mantenendo l'aequivocatio, difende la sua scelta, ché invece sarebbe "guittone" qualora condividesse il punto di vista del D.: "Giudice Ubertin, in catun fatto / ove pertegno voi, ver son guittone". Non si tratta del semplice rimprovero del laico all'amico monacatosi, né tanto meno, come credette il Ferretti (Ancora di..., p. 57), di "uno scatto di senile iracondia". La tenzone ha un sottofondo politico, e dimostra il dissenso degli amici - la "tracoitata e forsennata gente" del sonetto 174 (ed. Egidi) - e del D. nella fattispecie verso una scelta che aveva comportato l'abbandono del partito ghibellino. L'Ordine dei gaudenti infatti annoverava in buona parte profughi del ghibellinismo.
Allo stile guittoniano, che per questo particolare tipo di componimento influenzò anche Monte Andrea e Chiaro Davanzati, si rifà il contrasto fittizio con madonna. Dopo uno scambio di invettive (son. III, vv. 6-8 "e tutto ciò che cortesia disdegna / è tanto in voi, ed i' 'l farò sentire, / che di villana morte siede degna". Madonna: IV, vv. 9-11 "Cotanto più alegra alor seragio, / ché tu sì puoi lo mio presgio avanzare, / quando lo blasma om di tuo paragio".) il D. si dichiara vinto: XI, v. 14 "io vi pur servo di amorosa fede". Si deve alla acribia del Massèra la restituzione del testo del contrasto. Unico ad averlo conservato in una forma approssimativamente completa è il codice Vat. lat. 3.793: benché la rubrica informi che il contrasto è costituito di dieci sonetti - Messer Ubertino Giovanni del Bianco d'Arezzo tenzone X - nel manoscritto i sonetti sono otto, dal n. 803 al n. 810. Il Massèra si accorse che i sonetti mancanti erano conservati nel codice Chigiano L.VIII.305 dove, oltre ai corrispondenti dei primi due sonetti, qui adespoti coi numeri 347-48, ve ne erano altri quattro (484-87), anch'essi adespoti, che, ad eccezione del primo (il 484) corrispondente all'ultimo del codice Vaticano (il 810), completavano la tenzone, costituita quindi di undici sonetti. Risultato di non poco conto non solo per il modesto canzoniere del D., ma anche per la conoscenza di quello di Cecco Angiolieri al quale i sonetti del Chigiano erano stati in precedenza attribuiti dal Biadene e dallo stesso Massèra.
La tenzone con Chiaro Davanzati è costituita da quattro canzoni, Chiaro risponditore; l'assenza di lode per l'avversario nell'incipit della prima canzone del D. fa sospettare che i due riprendessero un dibattito già iniziato. Il D. insinua che la fama di cui gode Chiaro è immeritata, ma gli argomenti sviluppati, quale quello, per esempio, sui contrastanti effetti causati dalla luce solare, rinviano "certo a qualche altro precedente, la cui assenza pone un forte limite alla perspicuità del testo" (Menichetti, p. 3).
La tenzone con Guittone è pubblicata in E. Monaci, Crestomazia ital. dei primi secoli, a cura di F. Arese, Roma-Napoli-Città di Castello 1955, pp. 230 s., e in F. Egidi, Le rime di Guittone d'Arezzo, Bari 1940, pp. 251 s. e note p. 371. I sonetti in L. Biadene, Morfologia del sonetto nei secc. XIII e XIV, in Studj di filologia romanza, IV (1889), pp. 116-21, che pubblica gli otto del codice Vat. lat. 3.793; il contrasto per intero in A. F. Massèra, Un contratto amoroso di messer Ubertino di Giovanni del Bianco d'Arezzo, in Giorn. stor. della lett. ital., XLIV (1904), pp. 382-91. Della tenzone con Chiaro pubblica le prime due canzoni G. Contini, Poeti del Duecento, I, Milano-Napoli 1960, pp. 402-07; l'edizione integrale in Chiaro Davanzati, Rime, a cura di A. Menichetti, Bologna 1965, pp. 3-15. Il sonetto dialogato di Monaldo da Soffena è pubbl. in M. Pelaez, Rime antiche ital. secondo la lezione del cod. Vaticano 3214 e del cod. Casanatense d. v. 6, Bologna 1895, p. 91 n. 97, e in E. Molteni-E. Monaci, Il Canzoniere chigiano L. VIII.305, in Il Propugnatore, XI (1978), p. 233 n. 366.
Fonti e Bibl.: Per la bibliografia di precedenti ediz. cfr. F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secc. XIII e XIV, Bologna 1884, pp. 1032 s. e App. p. 102, e il Suppl. di S. Morpurgo, Bologna 1929, p. 107, n. 567. Sulla vita e le opere cfr.: P. Farulli, Annali, overo notizie stor. dell'antica città di Arezzo, Foligno 1717, pp. 121, 283; W. Koken, Guittone's von Arezzo Dichtung und sein Verhältnis zu Guinicelli von Bologna, Hannover 1885, p. 20; T. Casini, Annotazioni critiche a Le antiche rime volgari secondo la lezione del codice Vaticano 3793, a cura di A. D'Ancona-D. Comparetti, V, Bologna 1888, pp. 404-411; L. Biadene, Morfologia …, cit., pp. 168, 208. Si vedano inoltre: Annales Arretinorum, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 1, a cura di A. Bini, p. 6; U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, IV, Firenze 1904, pp. 40, 62; A. Pellizzari, La vita e le opere di Guittone d'Arezzo, Pisa 1906, pp. 13, 22 s., 35, 110; G. Ferretti, Ancora di Marzucco Scornigiani, in Bull. della Soc. dantesca ital., XVI (1909), pp. 57 s.; V. Cian, Storia dei generi letterari, I, La satira, Milano 1923, pp. 129, 133; C. Mascetta Caracci, La poesia polit. di Chiaro Davanzati, Napoli 1925, pp. 19-35, 53 ss., su cui si cfr. la recensione di G. Bertoni, in Giorn. stor. della letter. ital., LXXXVII (1926), pp. 198 s.; S. Santangelo, Le tenzoni poetiche nella letter. ital. delle origini, Genève 1928, pp. 33, 40; F. Egidi, Guittone d'Arezzo, i Frati Gaudenti e i "Fedeli d'Amore", in Nuova Riv. stor., XXI (1937), pp. 192 ss.; G. Baer, Zur sprachlichen Einwirkung der altprovenzalischen Troubadourdichtung auf die Kunstsprache der früheren ital. Lyriker, Zürich 1939, pp. 90 s.; M. Marti, Sui sonetti attribuiti a Cecco Angiolieri, in Giorn. stor. della letter. ital., CXXVII (1950), p. 264; H. Wieruszowski, Arezzo as a center of learning and letters in the Thirteenth Century, in Traditio, IX (1953), p. 376, poi in Politics and culture in medieval Spain and Italy, Roma 1971; B. Panvini, Studio sui manoscritti dell'antica lirica ital., in Studi di filologia italiana, XI (1953), pp. 20, 24; M. Marti, Guittone d'Arezzo, in Orientamenti culturali, Letteratura italiana, I minori, I, Milano 1961, pp. 101, 103; C. Margueron, Recherches sur Guittone d'Arezzo, Paris 1966, pp. 13, 54, 91, 169, 239, 259 ss., 263 s., 425; A. Menichetti, cit., pp. XXXII, 284, 341, Grundriss der romanischen Literat. des Mittelalters, VI, 2, La littérature didactique, allégorique et satirique, Heidelberg 1970, p. 387 n. 5.984; A. E. Quaglio, I poeti siculi-toscani, in La letter. ital. Storia e testi, a cura di C. Muscetta, I, 1, Il Duecento dalle origini a Dante, Bari 1970, p. 248; G. Bertoni, Storia letteraria d'Italia. Il Duecento, Milano 1973, pp. 148, 159; D'A. S. Avalle, Ai luoghi di delizia pieni. Saggio sulla lirica ital. del XII sec., Milano-Napoli 1977, p. 122; v. inoltre Monte Andrea da Fiorenza, Le rime, a cura di F. F. Minetti, Firenze 1979, p. 188.