TYRÒ (Τυρώ)
Eroina figlia di Salmoneo e madre di Pelia e di Neleo per opera di Posidone. Nei suoi elementi essenziali la storia di T. compare già nell'Odissea (Nèkyia, xi, 235 ss.) e doveva verosimilmente esser trattata da Esiodo. Tuttavia non è che nel V sec. a. C., attraverso il teatro attico, che questo tema mitico abbastanza periferico prende consistenza e notorietà nel mondo ellenico. Sappiamo infatti di due tragedie di Sofocle su questo argomento e di altre di Astydamas, Karkinos e Timokles.
L'unica figurazione dell'eroina che può esser messa in relazione con la tradizione epica è quella della Nèkyia di Polignoto a Delfi (Paus., x, 29, 7), che dipende per gran parte dal racconto omerico. Le altre apparizioni di T. sono invece tutte da mettere in relazione con i motivi svolti nel dramma attico. Di conseguenza mentre non è possibile identificare T. con nessuna delle giovani donne delle avventure amorose di Posidone come appaiono nella ceramografia attica - si assume infatti si tratti almeno in prevalenza di Amymone - i temi costanti in cui l'eroina ritorna sono quelli della persecuzione da parte della matrigna Siderò e della vendetta compiuta su quest'ultima dai figli ritrovati Pelia e Neleo. Una piccola terracotta di Atene raffigura l'eroina dolente, seduta su una roccia come nella Nèkyia di Polignoto, mentre la povera culla a forma di scafo con i due neonati è abbandonata sulle rive del fiume. Una rozza oinochòe dell'Agorà di un tipo speciale riservato a scene caricaturali, forse di commedia, conserva il nome di T. e il volto di uno dei figli di una comicità grottesca e aggressiva. Non è improbabile che si tratti del motivo più noto negli specchi etruschi e nella situla Czartoryski, l'incontro alla fontana dei due giovani eroi viaggiatori e di T. avvilita nelle funzioni di una schiava. L'ultimo atto del dramma ci è conservato invece in una nota arula di Medma con il corpo della crudele Siderò distorto e abbandonato a terra e T. umile e trepidante che siede sull'altare come una supplice, i capelli corti ad attestare le persecuzioni della matrigna, e nelle mani la mano consolatrice di uno degli eroi vendicatori, suoi figli, a promessa di una nuova èra di felicità.
I motivi della persecuzione e dei capelli tagliati, unitamente alla reintegrazione nella gloria per opera dei figli erano svolti nel tempio di Cizico come attesta il n. 9 degli Epigrammata Cyzicena.
Bibl.: P. Wolters, in Jahrbuch, VI, 1891, p. 63 ss.; Preisendanz, in Roscher, V, 1916-24, c. 1458 ss., s. v.; C. Robert, in Hermes, LI, 1916, p. 273 ss.; G. E. Rizzo, in Mem. Acc. Napoli, IV, 1929, p. 125 ss.; G. Radke, in Pauly-Wissowa, VII A, 1948, c. 1869; M. Crosby, in Hesperia, XXIV, 1955, p. 78 ss.; Fr. Brommer, Vasenlisten, Marburg 1960, p. 372.