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Tuvalu è situata nell’Oceano Pacifico. Il paese, costituito da nove isolette – cinque delle quali di origine corallina – è tra i più piccoli stati del mondo, e con i suoi 10.000 abitanti risulta essere anche il meno abitato del pianeta, dopo il Vaticano. La popolazione, la cui densità è pari a 333 abitanti per chilometro quadrato, appartiene al gruppo etnico polinesiano e professa la fede protestante, secondo i precetti della Chiesa di Tuvalu.
Ottenuta l’indipendenza dal Regno Unito nel 1978, il paese fa ora parte del Commonwealth britannico, e ha per monarca la regina Elisabetta II, rappresentata dal governatore generale Iakoba Taeia Italei. Egli è stato nominato nel maggio 2010, di comune accordo tra il monarca e il premier, la cui carica, dal dicembre 2010, è ricoperta da Willie Telavi. L’architettura istituzionale prevede un’Assemblea generale, composta da 15 membri eletti a suffragio universale ogni quattro anni. Non esistono partiti e le elezioni avvengono in base alla reputazione familiare e sociale dei candidati e alla collocazione geografica degli stessi, in quanto Tuvalu è attraversata da una tradizionale rivalità tra gli isolani del nord e quelli del sud. L’ago della bilancia elettorale è spesso in mano ai cittadini della capitale Funafuti, abitata da circa metà della popolazione totale.
La politica estera del paese è inquadrata all’interno di organismi internazionali quali le Nazioni Unite, di cui è membro dal 2000, il Forum delle isole del Pacifico e la Banca asiatica di sviluppo (Adb). Nel 2009 Tuvalu ha inoltre fatto richiesta, ancora al vaglio delle autorità di competenza, per entrare nel Fondo monetario internazionale. La leadership politica, nel contesto internazionale, è particolarmente sensibile al tema del riscaldamento globale. Le isole di Tuvalu, infatti, raggiungono un’altezza massima di 4,5 metri sul livello del mare e il riscaldamento del globo, nonché il conseguente innalzamento del mare, minacciano l’esistenza stessa del paese. In quest’ottica Tuvalu ha annunciato nel 2001 di voler impugnare azioni legali, assieme a Kiribati e Maldive, contro gli Stati Uniti, in quanto questi ultimi hanno si sono rifiutati di sottoscrivere il Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Lo stesso anno il paese ha siglato un accordo con l’Australia per creare una stazione di monitoraggio ambientale a Tuvalu e, nel 2009, ha ottenuto il sostegno di Taiwan per realizzare un progetto di protezione nazionale contro l’innalzamento del mare. Sempre nel 2009 e in relazione alla questione ambientale, Tuvalu ha giudicato inadeguato il Patto sul clima di Copenaghen, in quanto sprovvisto di efficaci provvedimenti per l’effettiva riduzione delle emissioni.
Le sorti economiche di Tuvalu dipendono in massima parte dalle donazioni della comunità internazionale, in particolare del Regno Unito e di Taiwan. Dal 1990, inoltre, il paese può fare affidamento sul Fondo fiduciario di Tuvalu (Ttf), creato da donazioni di Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito. L’ammontare del Ttf – pari a 27 milioni di dollari nel 1990 – ha raggiunto i 100 milioni di dollari nel 2006, divenendo una sicura garanzia contro la volatilità delle entrate provenienti dalla vendita delle licenze della pesca, soprattutto del tonno. In particolare, il 15% della popolazione adulta, pari a circa 1000 cittadini, lavora all’estero come marinaio e produce rimesse che oscillano tra 1,5 e 3 milioni di dollari all’anno. L’impiego più diffuso rimane comunque quello nel settore pubblico, dove confluisce il 70% circa della forza lavoro del paese. L’agricoltura è sostanzialmente di sussistenza e il turismo, potenzialmente il settore più forte, è in realtà poco sviluppato anche perché la carenza di infrastrutture non permette grandi afflussi nelle stagioni di vacanza. Il progetto più ambizioso, in termini economici ma anche ambientali, avanzato dal paese è la costruzione, entro il 2020, di impianti di energia rinnovabile in grado di sostituire tutte le altre fonti energetiche.