GOZBERTO, Turibolo di
Turibolo in bronzo dorato lavorato a giorno, conservato a Treviri (Domschatz, inv. nr. 34), detto di G. sulla base del testo di un'iscrizione, leggibile lungo il bordo del piede di sostegno, che recita: "+ Haec tu queso videns Gozbertus sit pete vivens".Si tratta di un oggetto alto cm. 22 ca. e del diametro di cm. 14,5, composto da un piede troncoconico lavorato a sbalzo su cui poggia una coppa sovrastata, a sua volta, da un coperchio legato da cinque catenelle a un sostegno finale. La coppa si articola in una zona inferiore traforata e decorata a girali abitati da quattro atlanti nudi che sorreggono con il capo e le braccia alzate un edificio a pianta centrale, cruciforme e absidato. In corrispondenza dei quattro angoli principali della base sono raffigurati Aronne con il turibolo, Mosè con il bastone miracoloso e i profeti Isaia e Geremia con un libro in mano. La parte superiore dell'edificio, ovvero il coperchio, con motivi traforati ad archetti e a racemi, presenta coperture a doppio spiovente timpanate lungo i bracci, semicupole per le absidiole, nonché quattro torrette circolari terminanti a cono. Al di sopra dei timpani si collocano le figure di Abele con l'agnello e di Melchisedec con il pane e il calice, il Sacrificio di Isacco e la Benedizione di Giacobbe con l'allontanamento di Esaù. Al centro, a coronamento dell'edificio, su sostegno rettangolare si trova Salomone in trono incoronato, con scettro e globo, circondato da quattordici leoni (in riferimento a 2 Cr. 9, 17-19). Il sostegno finale delle catenelle è costituito da quattro medaglioni, intervallati da figure di drago, con i busti di Pietro, Paolo, Giacomo e Giovanni; al di sopra l'insieme termina con una figura in trono, forse una Maiestas Domini. Iscrizioni alludenti al programma iconografico corrono rispettivamente alla base dell'edificio, lungo il margine superiore della coppa e lungo quello inferiore del coperchio, come pure nei medaglioni del sostegno superiore.In sede critica, la cronologia e la provenienza di questo manufatto, che rappresenta uno degli esempi più importanti di turiboli romanici conservati, sono state più volte oggetto di fraintendimenti. Rinvenuto nel 1847 dal vescovo di Treviri, nella parrocchia di un piccolo centro dell'Eifel, Buchholz (presso Wittlich), il turibolo è stato messo in relazione con l'abbazia benedettina di St. Maximin a Treviri, sulla base soprattutto del nome G. che compare nell'iscrizione. Un frater Gozbertus ricorre infatti nell'iscrizione di una fontana in bronzo (oggi perduta ma testimoniata in un disegno seicentesco; Bruxelles, Bibl. Royale; Die christlichen Inschriften, 1892, p. 185; Clemen, 1916), fatta realizzare, secondo un documento del 1101, dall'abate Folcardo III per il chiostro del monastero. L'identificazione del G. ricordato sul turibolo con l'omonimo monaco fonditore di Treviri è stata suggerita per la prima volta da Schnitzler (1959), quindi ripresa da Euw (1972; 1985), per il quale inoltre esisterebbero così stringenti affinità tra le teste e le figure del turibolo e i tipi presenti sulla coperta in avorio della c.d. tavola di Simeone - lezionario conservato a Treviri (Domschatz) - da ipotizzare l'esistenza di una bottega comune per i due manufatti. A un atelier di Treviri ha pensato anche Springer (1981), che tuttavia sul piano dello stile ha prudentemente limitato i punti di contatto tra la fontana e il turibolo a semplici analogie di motivi decorativi, ipotizzando altresì una certa differenza cronologica tra i due oggetti.Alla datazione al principio del sec. 12°, accettata comunemente (Swarzenski, 1954; Grabar, 1957; Bloch, 1964; Gousset, 1982; Legner, 1982), si è tuttavia contrapposta l'ipotesi alternativa di Irsch (1931), che sembra aver trovato valida conferma nel recente studio di Westermann-Angerhausen (1988). Irsch, smentendo in modo definitivo un altro grande errore cronologico, secondo il quale il frater Gozbertus autore della fontana e del turibolo sarebbe vissuto addirittura nel sec. 10°, al tempo dell'abate Folcardo II (990-996; Kreplin, 1921; Meyer, 1953), ha proposto per il turibolo una datazione intorno al 1200, basando le sue argomentazioni principalmente sulla forma allungata del turibolo e sulla presenza dei motivi a racemi. Per una data di poco precedente, l'ultimo terzo del sec. 12°, propende anche Westermann-Angerhausen, la quale, sulla base di confronti con opere realizzate a Colonia e appartenenti a quello stesso lasso di tempo, suggerisce per il turibolo anche un diverso luogo d'origine, non Treviri ma una bottega di Colonia, forse legata a Nicola di Verdun.Per la struttura architettonica vengono istituiti confronti, tra gli altri, con il piede di croce di Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus.; Springer, 1981, nr. 27, pp. 145-148); per il tema degli atlanti tra racemi si sono colti legami con il doppio capitello al di sotto di S. Bartolomeo nella c.d. cassa-reliquiario di Annone (Siegburg, St. Michael) e per il motivo a girali vegetali con quella di Benigno (Siegburg, St. Servatius, Schatzkammer) e con tre manoscritti di Colonia: la Bibbia e la Vita sanctorum provenienti da Gross St. Martin (Düsseldorf, Universitätsbibl., A 2; C 10a) e le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio (Colonia, Historisches Arch. der Stadt, W 276). Secondo la studiosa anche i supposti legami tra il programma iconografico del turibolo - sia esso alludente all'offerta della messa nella contrapposizione di tipo e antitipo, Salomone-Cristo (Irsch, 1931), o alla Gerusalemme celeste quale evocazione della redenzione (Gousset, 1982) - e i due modelli di incensiere descritti da Teofilo nella Diversarum artium schedula (III, 60-61) sarebbero ancora tutti da dimostrare, come pure rimarrebbe da verificare se il G. ricordato nell'iscrizione sia effettivamente l'autore e non piuttosto il committente. Alcuni particolari nella fattura della parte superiore con il trono di Salomone, ovvero le tracce di un attacco che non corrisponde tra piano d'appoggio e placchetta, piccoli difetti di rilavorazione nelle figure dei leoni, diversità cromatica nella doratura di quella parte, nonché la tornitura del trono, tipo di lavorazione piuttosto insolito per un manufatto del sec. 12°, hanno suggerito alla studiosa l'ipotesi che essa sia in realtà frutto di un più tardo rimaneggiamento.
Bibl.: Die christlichen Inschriften der Rheinlande, a cura di F.X. Kraus, II, Freiburg im Brsg. 1892, pp. 183-186, nr. 378; F. Witte, Thuribulum und Navicula in ihrer geschichtlichen Entwicklung, ZChK 23, 1910, coll. 101-112, 139-151, 163-174; P. Clemen, Die romanische Monumentalmalerei in den Rheinlanden (Publikationen der Gesellschaft für rheinische Geschichtskunde, 32), Düsseldorf 1916, II, p. 315, fig. 233; B.C. Kreplin, s.v. Gozbertus, in Thieme-Becker, XIV, 1921, p. 464; N. Irsch, Der Dom zu Trier (Die Kunstdenkmäler der Rheinprovinz, 13, 1), Düsseldorf 1931, pp. 341-343; J. Braun, Das christliche Altargerät in seinem Sein und in seiner Entwicklung, München 1932, p. 612; N. Irsch, H. Bunjes, Die kirchlichen Denkmäler der Stadt Trier (Die Kunstdenkmäler der Rheinprovinz, 13,3), Düsseldorf 1938, pp. 283-324: 318; E. Meyer, Les origines de la technique du bronze dans la vallée de la Meuse, in L'art mosan, "Journées d'études, Paris 1952", Paris 1953, pp. 47-49; H. Swarzenski, Monuments of Romanesque Art. The Art of Church Treasures in North-Western Europe, London 1954, tav. 155, figg. 343-344 (Chicago 19672); A. Grabar, Le reliquaire byzantin de la cathédrale d'Aix-la-Chapelle, in Karolingische und ottonische Kunst (Forschungen zur Kunstgeschichte und christlichen Archäologie, 3), Wiesbaden 1957, pp. 283-297; H. Schnitzler, Rheinische Schatzkammer, II, Die Romanik, Düsseldorf 1959, pp. 13-14; P. Bloch, Nachwirkungen des Alten Bundes in der christlichen Kunst, in Monumenta Judaica, I, Katalog (Köln 1963-1964), Köln 1964, nr. A67; II, Handbuch, a cura di K. Schilling, Köln 1964, pp. 735-781: 761-762; N. Müller Dietrich, Die romanische Skulptur in Lothringen, München-Berlin 1968, p. 35; A. von Euw, Das Weihrauchfass des Gozbertus, in Rhein und Maas. Kunst und Kultur 800-1400, cat. (Köln-Bruxelles 1972), I, Köln 1972, p. 264; P. Springer, Kreuzfüsse. Ikonographie und Typologie eines hochmittelalterlichen Gerätes (Bronzegeräte des Mittelalters, 3), Berlin 1981; M.T. Gousset, Un aspect du symbolisme des encensoirs romans: la Jérusalem Céleste, CahA 30, 1982, pp. 81-106; A. Legner, Deutsche Kunst der Romanik, München 1982, pp. 76, 182, nr. 331; A. von Euw, Weihrauchfass des Gozbertus, in Ornamenta Ecclesiae. Kunst und Künstler der Romanik, a cura di A. Legner, cat., Köln 1985, I, p. 478; H. Westermann-Angerhausen, Zwei romanische Thuribula im Trierer Domschatz und Überlegungen zu Theophilus und dem Gozbert-Rauchfass, ZDVKw 42, 1988, 2, pp. 45-60.C. Ghisalberti