TROFOANGIOPATIE
Termine generico designante qualsiasi malattia dei vasi periferici (arterie, vene, linfatici) di natura sia funzionale (vasomotoria), sia organica. La Società americana di cardiologia nel 1941, ha stabilito una classificazione tuttora largamente adottata.
Altro importante e più recente inquadramento delle angiopatie periferiche è quello proposto da M. Ratschow nel 1953 e rielaborato nel 1958. Tale autore divide le angiopatie in quattro classi:
1) Angiopatie: A) disturbi circolatorî conseguenti ad aumento della vasocostrizione; a) Digitus mortuus; b) morbo di Raynaud; c) ergotismo; d) emoagglutinazione da freddo.
2) Angioiti: A) da malattie infettive; B) endoangioite obliterante; C) arterite temporale; D) endoangioite delle arterie e delle vene interne; E) periarterite nodosa; F) flebite.
3) Angiosi: A) degenerazione della parete vasale da dismetabolismo, B) disturbi circolatorî senili; C) stato varicoso; D) linfedema.
4) Altre ostruzioni vasali: A) obliterazione vasale da trauma e da congelamento; B) spasmi arteriosi o venosi; C) embolia arteriosa; D) edema del dorso della mano traumatico; E) tumori del glomo; F) trombosi venose.
Si accenna ad alcune forme morbose non trattate in altra parte di questa Enciclopedia e ad altre per le quali si sono registrati apprezzabili progressi in campo etiopatogenetico o terapeutico.
Livedo Reticularis. - Alterazione delle arteriole, simile all'acrocianosi, dalla quale differisce perché può interessare gli arti in tutta la loro lunghezza, specie quelli inferiori, con una marezzatura a rete, le cui maglie delimitano zone scolorate quasi bianche in un tessuto di colorito rosso bluastro tenue. Le si attribuisce una origine da spasmi del sistema simpatico: si tratta di una manifestazione innocua che ha importanza solo per motivi di ordine estetico. Dopo intervento di simpatectomia lombare la l. r. scompare.
Periarterite nodosa (o panarterite nodosa). - Processo arteritico delle piccole e medie arterie conglobante tutte e tre le tuniche vascolari, ad etiologia allergico-iperergica; è caratterizzata da una lesione degenerativo-infiammatoria, con esito in sclerosi dei vasi. La malattia è oggi considerata come una tipica collagenosi (v. collageno, patologia del, in questa Appendice).
Arterite temporale. - Processo infiammatorio, prevalentemente localizzato alle arterie temporali, che colpisce acutamente soggetti in età avanzata. La malattia, che ha inizio per lo più con una complessa fenomenologia, locale e generale (turgore, ispessimento e dolorabilità delle arterie temporali; violenta cefalea, mialgie, fenomeni irritativi a carico delle mucose dell'apparato respiratorio, aumento della velocità di eritrosedimentazione, ecc.) tende per lo più alla risoluzione spontanea. Tuttavia in alcuni casi si possono avere compromissioni anche gravi e irreversibili della funzione visiva. Il trattamento con cortisonici e ACTH facilita una favorevole evoluzione.
Tra le malattie delle vene le forme funzionali non hanno particolare importanza. Per quanto riguarda le forme organiche sono meritevoli di menzione i risultati terapeutici realizzati nella cura delle tromboflebiti comunemente dette anche flebiti (v. flebite, XV, p. 540; tromboflebite, XXXIV, p. 403). Per la profilassi di queste ultime è stata confermata, tra l'altro, l'utilità dei precoci movimenti degli arti nei soggetti operati: l'uso di calze elastiche nelle flebectasie e nelle varici; l'impiego di anticoagulanti e perfino di antibiotici nei pazienti con disturbi della circolazione venosa degli arti inferiori, specialmente quando debbano essere sottoposti a interventi operatorî o siano allettati per lungo tempo.
È stato inoltre affermato il principio che ogni tromboflebite anche iniziale necessita di riposo a letto con arto sollevato di circa 10 cm e immobilizzato con cuscini, od opportuna doccia di legno foderata di cotone, e ciò almeno sino a quando duri la febbre.
La terapia vera e propria si avvale di due tipi di nuovi farmaci: gli anticoagulanti e gli antibiotici. I primi permettono di bloccare e ridurre l'estensione del trombo, diminuendo il potere coagulante del sangue. Fra i più usati sono l'eparina, usata per via endovenosa in 4-5 somministrazioni giornaliere per un complesso di circa 250 mg, e i derivati del dicumarolo. Il dosaggio della terapia anticoagulante è strettamente legato al tempo di protrombina, che deve essere eseguito specie all'inizio della malattia quasi giornalmente: in caso di emorragie si ricorre a forti dosi di vitamina K.
La terapia antibiotica viene eseguita per via orale, intramuscolare o endovenosa ricorrendo a preparati con spettro di azione il più largo possibile, poiché nella maggior parte delle tromboflebiti non è possibile isolare l'eventuale germe responsabile. Tra gli antibiotici più usati sono l'eritromicina, le tetracicline, l'oleandomicina, ecc.
Circa il 70% delle tromboflebiti ha esito in un edema cronico non flogistico, dell'arto, che si varrà di una terapia tonica, di estratti venosi, di arnica, di ippocastano, ecc.
Bibl.: M. Rosselli e coll., La terapia delle malattie vasali periferiche, Napoli 1950; C. Servelle, Pathologie vasculaire, Parigi 1952; M. Ratschow, Die peripheren Durchlutungstorungen, 2ª ed., Dresda e Lipsia 1958; J. Learmouth, Studi clinici sulle malattie vascolari periferiche e sul loro trattamento, in Rec. progr. in medicina, XXIX (1960).