TRISEZIONE
. Il problema della trisezione dell'angolo, cioè della divisione di un angolo in tre parti uguali, costituisce una delle classiche questioni che sono pervenute a noi dall'antichità e intorno alle quali si sono affaticati i geometri per una lunga successione di secoli. Solo in tempo relativamente recente, la scienza ha detto l'ultima parola sia sopra questo problema come su quello strettamente affine della duplicazione del cubo (v. cubo), e sull'altro della quadratura del cerchio (v. cerchio).
Negli Elementi di Euclide, o in un qualsiasi trattato di geometria elementare, si trova quasi subito risolto il facile problema di dividere per metà un angolo dato (Libro I, prop. 9); ma non il modo per trisecare un angolo. E la ragione di ciò sta nel fatto che tutti i problemi che si trattano negli Elementi di Euclide si riferiscono sempre a figure esclusivamente costituite da rette e cerchi, sono cioè risolubili con la riga e il compasso; orbene, salvo casi particolari, per trisecare un angolo occorre invece fare ricorso a strumenti più complessi, cioè a curve di tipo più elevato delle rette e dei cerchi.
La scoperta delle numerose e svariate curve che servono a questo scopo, si è iniziata dal periodo aureo della geometria greca, ed è continuata fin quasi ai nostri giorni; ma solo dall'epoca del Rinascimento, con le prime applicazioni dell'algebra alla geometria, si è avuto qualche concetto preciso sulla vera natura del problema, e solo gli ulteriori progressi della teoria delle equazioni (sec. XIX) hanno consentito di lumeggiare pienamente la questione, provando l'impossibilità di risolverla con i mezzi della geometria elementare.
Una delle più antiche soluzioni del problema di dividere un angolo in tre parti uguali risale al sec. IV a. C. ed è dovuta a Ippia d'Elide, il quale si valse di una curva (di tipo trascendente) da lui scoperta, e che più tardi fu denominata quadratrice (v. dinostrato). Essa serve anzi per risolvere il problema più generale della divisione di un angolo in due parti aventi fra loro un qualsiasi rapporto. Un altro indirizzo della scuola geometrica greca, già seguito anche per il problema della duplicazione del cubo, riconduce la nostra questione a uno dei cosiddetti "problemi d'inserzione", che consistono nel cercare d'inserire un segmento avente una determinata lunghezza, in una posizione opportuna, tra le parti di una certa figura; ciò naturalmente non altera la natura del problema, ma solo lo presenta sotto una forma che può essere più conveniente. Una prima trasformazione in questo senso sembra risalire al sec. V a. C., mentre un'altra è attribuita ad Archimede. Da questo punto di vista il problema si risolve in modo assai facile ricorrendo a un'iperbole equilatera oppure a una celebre curva (algebrica, del 4° ordine) detta concoide (v.), dovuta a Nicomede (v.). Direttamente si giunge a trisecare un angolo mediante curve di ordine non superiore al secondo, col classico metodo, riferito da Pappo, consistente nell'intersecare un'iperbole equilatera di eccentricità 2, con un cerchio passante per uno dei fuochi e per il vertice opposto. Venendo a tempi più vicini a noi, ci limiteremo a ricordare solo alcune delle soluzioni legate a nomi celebri, quali, per esempio, quelle di Cartesio (1596-1650), di A.-C. Clairaut (1713-1765), di M. Chasles (1793-1880), nelle quali si fa uso di coniche non circolari; quella di I. Newton (1642-1727), che si vale di un nuovo modo di applicazione della concoide di Nicomede ad uno speciale problema d'inserzione; e quella di Stefano Pascal, padre di Biagio, che ricorre alla cosiddetta lumaca (curva algebrica del quarto ordine). Conviene osservare che le varie soluzioni non sono sempre indipendenti fra loro; talune di esse infatti si ottengono da altre mediante certe trasformazioni che conservano gli angoli (trasformazioni conformi).
Se il problema della trisezione di un angolo si traduce con i simboli e i metodi dell'algebra, si giunge a un'equazione di 3° grado che in generale è irriducibile, cioè, salvo casi particolari, non si può spezzare in equazioni di grado inferiore. Ora è notorio che un'equazione cubica irriducibile non si può risolvere mediante espressioni che contengano soltanto radicali quadratici, e quindi, quando le radici di una siffatta equazione rappresentino lunghezze di segmenti, questi non si possono costruire con la riga e il compasso (v. compasso; riga). Noteremo (v. bombelli) che l'equazione cubica così ottenuta presenta il casus irreducibilis nel quale si hanno tre radici reali ma che non si possono esprimere con simboli algebrici privi di quantità immaginarie (v. algebra, n. 38). Invece il problema della duplicazione del cubo, che è anch'esso di 3° grado, porta a un'equazione cubica con una sola radice reale. E va qui rilevata un'osservazione molto suggestiva dovuta a Cartesio: ogni problema di 3° grado si può ricondurre, con l'uso della riga e del compasso, alla trisezione di un angolo o alla duplicazione di un cubo.
Tornando al problema della trisezione, conviene ricordare l'esistenza di numerose soluzioni approssimate che si ottengono in vario modo col solo uso della riga e del compasso; invece soluzioni esatte si hanno con appositi strumenti detti trisettori, dei quali si sono costruiti diversi modelli. È superfluo avvertire che tanto le prime quanto le seconde hanno valore puramente teorico, poiché, nella pratica, il disegnatore che debba dividere un angolo in tre parti uguali, vi riuscirà, dopo pochi tentativi, con un'esattezza assai più grande di quella ottenibile attraverso complicate costruzioni geometriche.
Bibl.: Della vastissima bibliografia, indichiamo, per notizie storiche: J.-E. Montucla, Histoire des recherches sur la quadrature du cercle, avec une addition concernant les problèmes de la duplication du cube et de la trisection de l'angle, Parigi 1754; G. Loria, Le scienze esatte nell'antica Grecia, Milano 1914. - Per un'ampia trattazione scientifica e notizie bibliografiche: A. Conti, Problemi di terzo grado, in F. Enriques, Questioni riguardanti le matematiche elementari, p. II, 3a ed., Bologna 1926. Cfr. anche I. Ghersi, Matematica dilettevole e curiosa, Milano 1921.