Transgenico
Si definiscono organismi transgenici quegli organismi in cui un gene estraneo è presente in tutte le cellule, inclusa la linea germinale, e può quindi essere trasmesso alla progenie. La FELASA (Federation of European Laboratory Animal Associations) definisce animale transgenico quello in cui, a differenza delle mutazioni spontanee, si è deliberatamente introdotta una modificazione del genoma. Tuttavia il termine può essere utilizzato anche per descrivere quei trasferimenti di geni da una specie all'altra che avvengono spontaneamente oppure tramite incroci effettuati dall'uomo. Il termine transgenico fu usato per la prima volta nel 1981 da J.W. Gordon e F.H. Ruddle in un articolo scientifico che dimostrava la possibilità di integrare stabilmente materiale genetico estraneo nel DNA di un embrione di topo. Da quel momento in poi si è assistito a un rapido sviluppo riguardo all'uso della tecnologia t. per molteplici applicazioni sia in campo scientifico (ricerca di base e applicata) sia nell'ambito di attività produttive (agricole, zootecniche, farmacologiche).Il nucleo di tutte le cellule degli organismi viventi contiene lunghe molecole di DNA che conservano le informazioni necessarie alla regolazione di forma e funzioni dell'organismo. Le porzioni di DNA che vengono trascritte da RNA messaggero e poi tradotte in proteine nel citoplasma prendono il nome di geni; essi possono subire mutazioni spontanee o artificiali tali da cambiare le caratteristiche dell'organismo stesso. Nel caso della transgenesi realizzata in laboratorio, il DNA estraneo (transgene) viene introdotto nell'organismo ospite durante le prime fasi dello sviluppo embrionale in modo che la mutazione interessi ogni singola cellula del futuro individuo. La modificazione può consistere nell'introduzione nel genoma dell'ospite di uno o più geni o anche di un intero cromosoma, appartenenti a un diverso individuo della stessa specie o anche a un individuo di specie diversa; è possibile inoltre introdurre una sequenza di DNA progettata allo scopo di inattivare selettivamente un gene dell'organismo ospite (knockout genico).
La transgenesi naturale e l'evoluzione
Lo spostamento di geni tra specie e specie, spesso definito trasferimento orizzontale di geni, è un evento molto frequente tra i Procarioti, ma avviene anche tra gli Eucarioti. Il fenomeno è stato scoperto grazie alle ricerche genetiche su elementi mobili del genoma come i trasposoni o i retrotrasposoni che spontaneamente si muovono da una parte all'altra del genoma e possono essere considerati come potenti elementi mutageni endogeni. Il trasferimento orizzontale di geni è stato documentato negli animali (Robertson, Soto-Adames, Walden et al. 1998) e successivamente anche nel mondo vegetale (Diao, Freeling, Lisch 2006). Gli elementi mobili del DNA costituiscono una larga frazione del genoma di molti organismi e sono responsabili dei cambiamenti dinamici dei cromosomi (molto simili a quelli introdotti in laboratorio usando proprio i trasposoni o il clonaggio molecolare) che hanno svolto un ruolo importante nelle mutazioni spontanee e nella formazione di ibridi interspecifici avvenute nel corso dell'evoluzione (Long, Betrán, Thornton et al. 2003) contribuendo alla varietà delle specie attraverso un processo di transgenesi naturale.
Piante transgeniche
Prima della metà degli anni Settanta del 20° sec. e dello sviluppo della genetica molecolare, il solo modo per studiare la regolazione e la funzione dei geni era l'osservazione delle caratteristiche ereditarie e delle mutazioni spontanee; molto prima che G. Mendel (1822-1884) formulasse le leggi dell'ereditarietà, l'incrocio selettivo era l'unico sistema conosciuto per introdurre tanto in animali quanto in piante mutazioni favorevoli alle pratiche di allevamento e produzione agricola.
In particolare, per quanto riguarda le piante, le suddette pratiche producevano a tutti gli effetti specie t. in quanto, mediante ibridazione forzata o impollinazione incrociata, consentivano il passaggio di geni da una specie all'altra, con l'intento di sviluppare varietà più produttive o resistenti. Queste tecniche di selezione incrociata tradizionale, che non utilizzano la tecnologia del DNA ricombinante, hanno svolto un ruolo molto importante nello sviluppo di specie fondamentali per l'alimentazione umana, assicurando un futuro sostenibile all'agricoltura, proteggendo i raccolti dai parassiti e consentendo un uso più razionale del terreno e delle risorse idriche.
Negli anni Venti del 20° sec. le procedure classiche di selezione incrociata cominciarono ad avvalersi di tecniche in vitro, come la mutagenesi o la fusione del protoplasto, per generare diversità e produrre piante che non esistevano in natura. La maggior parte delle specie agricole tradizionali attuali sono per la verità ibridi derivati dall'incrocio deliberato di specie diverse ottenute mediante procedimenti che, a partire dai primi decenni del Novecento, fecero sempre più largo uso delle conoscenze genetiche e delle tecniche di laboratorio. Il termine transgenico viene comunque riferito principalmente alle piante prodotte in laboratorio (a partire dalla metà degli anni Ottanta) utilizzando la tecnica del DNA ricombinante allo scopo di conferire loro caratteristiche specifiche mediante l'inserzione artificiale di geni di altre specie e in alcuni casi addirittura di organismi non appartenenti al regno vegetale (v. biotecnologia). Queste specie vegetali geneticamente modificate sono più diffusamente conosciute come OGM (organismi geneticamente modificati).
I metodi utilizzati
A differenza delle tecniche classiche di incrocio che comportano il trasferimento casuale di molti geni alla volta o delle tecniche di mutagenesi che implicano una successiva selezione delle eventuali mutazioni favorevoli, la transgenesi consente l'inserzione mirata del gene scelto allo scopo di conferire alla pianta una determinata caratteristica. Il DNA t. si ottiene clonando in un plasmide batterico (spesso Agrobacterium tumefaciens o A. rhizogenes) il gene che si vuole trasferire insieme a un promotore, ossia una sequenza di DNA che ne regola l'espressione. Uno dei promotori più utilizzati è il CaMV, un promotore costitutivo (gene sempre attivato) ottenuto dal virus del mosaico del cavolfiore, ma è possibile clonare il transgene sotto il controllo di promotori tessuto-specifici o inducibili che ne attivano la trascrizione solamente in alcune parti della pianta o solo in particolari condizioni (freddo, siccità, attacchi di parassiti).
Il batterio contenente il plasmide trasformato viene quindi fatto replicare in un terreno di coltura adatto, ottenendo in tale maniera un numero molto alto di copie del costrutto t., e poi utilizzato allo scopo di infettare cellule della pianta che si vuole trasformare. Infatti, rispetto alle cellule animali differenziate, che perdono la capacità di proliferare, e alle staminali adulte, le quali possono generare solamente quei tessuti compatibili con il loro 'destino' che viene determinato nel corso dello sviluppo embrionale, le cellule vegetali sono totipotenti, cosicché risulta possibile rigenerare l'intera pianta di origine partendo da una qualsiasi cellula.
Tutto questo semplifica il procedimento di transgenesi: è infatti sufficiente inserire il nuovo materiale genetico in poche cellule derivate da un espianto (piccoli frammenti estratti dai tessuti della pianta) per generare un intero nuovo organismo vegetale contenente la mutazione in ogni singola cellula. Un nuovo metodo alternativo per introdurre materiale genetico estraneo nelle piante è la tecnica conosciuta come gene gun, che consiste nel bombardare le cellule vegetali con particelle di metalli pesanti ricoperte con il DNA transgenico.
Le applicazioni
Le piante t. per uso alimentare sono state progettate e create per una varietà di scopi: resistenza ai patogeni e ai fattori ambientali, miglioramento delle qualità nutrizionali e della conservazione dei prodotti. Il primo vegetale t. approvato per la vendita al pubblico negli Stati Uniti è stato il pomodoro Flavr Savr, in cui è stata introdotta una sequenza che codifica per una molecola di RNA antisense che blocca la sintesi dell'enzima poligalatturonasi responsabile della degradazione degli zuccheri. I pomodori restano così acerbi anche per molti mesi fino a che non vengono esposti al gas etilene per indurne la maturazione. Questo approccio può essere esteso alla conservazione di molte specie da frutto. Un'altra pianta geneticamente modificata che ha avuto un'ampia risonanza è il Golden Rice, una varietà di riso t. che produce pro-vitamina A, progettata e realizzata allo scopo di essere diffusa nei Paesi in via di sviluppo, dove la carenza di vitamina A nella dieta causa gravi patologie.
Sono state prodotte piante t. che possiedono caratteristiche di resistenza agli attacchi degli insetti, alle infezioni virali, batteriche e fungine, e piante t. resistenti agli erbicidi, all'alta salinità del terreno, alle temperature estreme e alla siccità. Un esempio molto conosciuto è quello delle piante t. rese resistenti agli attacchi degli insetti mediante l'inserimento del gene Bt (da Bacillus thuringiensis) che codifica per una proteina insetticida. Una volta ingerita dalle larve di insetti nocivi la proteina Bt diventa tossica grazie a un enzima intestinale prodotto unicamente da questi insetti, per cui la molecola risulta innocua per tutti gli altri animali, uomo incluso.
Le piante t. hanno un grandissimo potenziale di applicazione anche nell'ambito delle biotecnologie come bioreattori per produrre sostanze di interesse industriale (per es., plastica), oppure farmaci che non possono essere prodotti per sintesi chimica o con batteri ricombinanti, come anticorpi e vaccini; i benefici che ne derivano, rispetto alle tradizionali colture di cellule animali, sono i minori costi di produzione e i minori rischi di trasmissione di patogeni. Nonostante i miglioramenti e i progressi che le piante t. sembrano promettere in settori di vitale importanza, esse hanno in realtà destato timori nonché opposizioni che ne hanno impedito fino a ora la diffusione su larga scala.
Queste preoccupazioni riguardano soprattutto i potenziali danni alla salute umana (allergenicità, trasferimento ai batteri della flora intestinale dei geni della resistenza agli antibiotici contenuti nei plasmidi utilizzati per la transgenesi, rischio di ingerire DNA estraneo, alterazione dei valori nutritivi) e potenziali danni all'ambiente (passaggio di transgeni a piante selvatiche o non t., rilascio di proteine t. e trasmissione dell'antibioticoresistenza ai batteri del suolo); è inoltre in discussione la reale riduzione dell'uso di pesticidi nelle coltivazioni transgeniche. Per contro, viene obiettato che non esistono evidenze di maggiore allergenicità delle piante t. rispetto a quelle convenzionali (anzi, la tecnologia t. renderebbe possibile eliminare gli allergeni da queste ultime), mentre l'ingestione di DNA estraneo, compreso quello batterico, è una prassi quotidiana connessa con il fatto stesso di ingerire il cibo; inoltre, i metodi tradizionali di incrocio tra piante di specie diverse non impediscono ai tratti genetici delle nuove specie di potersi diffondere ad altre varietà sessualmente compatibili, mentre per quanto riguarda i batteri del suolo essi hanno già di per sé una naturale capacità di sviluppare antibioticoresistenza per difendersi da quegli organismi, anch'essi presenti nel suolo, capaci di produrre antibiotici. È quindi improbabile che il contributo occasionale dato dalle piante t. cambi di molto il livello di antibioticoresistenza dell'ambiente.
Il dibattito è molto attuale e a volte piuttosto acceso, e ha portato a un atteggiamento di maggiore autoregolamentazione da parte della comunità scientifica e di grande cautela in ambito normativo, specialmente nei Paesi dell'Unione Europea, che hanno adottato criteri molto restrittivi per la valutazione della sicurezza degli alimenti transgenici. In altri Paesi, invece, la loro coltivazione è meno vincolata e complessivamente nel mondo l'attività di ricerca e sviluppo e le aree destinate a colture t. sono in continua crescita.
Animali transgenici
Con il contributo della biologia dello sviluppo e dell'ingegneria genetica si è avuto un rapido avanzamento delle tecniche per la generazione di animali transgenici.
Il loro uso si è rivelato fondamentale per lo studio delle funzioni dei geni, mediante mutazioni che possono inattivarli o aumentarne il grado di attività. Per questi studi si possono usare anche colture di cellule o tessuti, ma i processi interattivi che avvengono in un organismo vivente non sono riproducibili in vitro. Lo studio delle modificazioni indotte dal transgene in termini di cambiamenti anatomici o fisiologici e sue interazioni con proteine, ormoni, neurotrasmettitori e altri fattori presenti in un sistema complesso, forniscono informazioni molto più complete e fisiologicamente rilevanti relativamente alle funzioni dei geni. La possibilità di realizzare modelli animali t. di malattie umane ha inoltre permesso di utilizzare per la ricerca biomedica specie come il topo o il ratto, evitando l'utilizzo, per es., dei primati non umani. Il topo è in effetti la specie maggiormente utilizzata nel campo della transgenesi per le piccole dimensioni, il basso costo di stabulazione, il breve periodo di gestazione e l'alta prolificità; inoltre, il suo profilo genetico è molto ben conosciuto e caratterizzato e presenta un buon livello di omologia con il genoma umano.
La microiniezione del DNA estraneo in oociti fecondati di topo è stata la prima tecnica a dimostrarsi efficace per la generazione di animali t. (Gordon, Ruddle 1981) ed è stata poi estesa a varie altre specie come ratti, conigli, pecore, maiali, uccelli e pesci. Successivamente si sono potute sviluppare nuove tecniche per la creazione di animali t., come il trasferimento di geni mediato da cellule staminali embrionali, da retrovirus o da spermatozoi.
I costrutti transgenici
Così come precedentemente descritto per le piante, il costrutto t. viene assemblato utilizzando le tecniche del DNA ricombinante e amplificato mediante crescita in batteri trasformati o con la tecnica della PCR (Polymerase Chain Reaction). Oltre alla sequenza codificante del transgene il costrutto contiene un segnale di terminazione della trascrizione (sequenza di poliadenilazione) e un promotore ubiquitario o tessuto-specifico, a seconda che si voglia far esprimere la proteina t. in tutto l'organismo o solo in un determinato tessuto. Inoltre il promotore può essere costitutivo, se si vuole che il gene sia sempre attivo, o inducibile, se si vuole accendere o spegnere la trascrizione del gene in particolari momenti nel corso dello sviluppo embrionale o dopo la nascita. Sono stati messi a punto sistemi molecolari molto efficaci per il controllo temporale dell'espressione di transgeni. Tra i più conosciuti e anche utilizzati è il sistema inducibile controllato da tetraciclina (Gossen, Freundlieb, Bender et al. 1995) che si basa su sequenze regolatorie virali e sequenze batteriche responsabili della resistenza all'antibiotico che possono essere attivate oppure disattivate attraverso la semplice aggiunta di piccole dosi di tetraciclina nella dieta seguita dal topo.
Un altro sistema di controllo utilizza l'enzima Cre (Cyclization recombination) del fago P1 che ricombina il DNA tra due sequenze consensus chiamate siti loxP. Questi siti, che risultano assenti nel genoma murino, una volta introdotti mediante un transgene permettono di inserire le modificazioni mediate dalla proteina Cre (Grieshammer, Lewandoski, Prevette et al. 1998). Nel costrutto t. si possono inoltre inserire sequenze di riconoscimento (lacZ, GFP, myc, flag) che servono a facilitare la caratterizzazione dell'attività di un promotore oppure il riconoscimento della proteina t. nell'animale mutante mediante anticorpi o colorazioni specifiche.
L'evento di integrazione del DNA t. nel genoma dell'ospite avviene in modo casuale e vi è una certa probabilità che il sito di inserzione non sia favorevole alla sua espressione. Questo problema può essere risolto mediante l'introduzione di larghi frammenti di DNA contenenti l'intero locus genomico con le sequenze chiave di regolazione cruciali per la corretta espressione del gene. Questi veri e propri cromosomi artificiali, come Bacterial artificial chromosomes, o BAC, e Yeast artificial chromosomes, o YAC, stanno diventando uno strumento molto prezioso nell'ambito sia delle biotecnologie sia degli studi di genetica ai fini della caratterizzazione e manipolazione di geni di grandi dimensioni. Altro metodo che consente una localizzazione mirata del DNA estraneo è rappresntato dalla ricombinazione omologa che utilizza sequenze complementari in grado di riconoscere esattamente il sito di inserzione corrispondente al gene bersaglio nel genoma dell'ospite.
L'introduzione di DNA estraneo può avere come scopo ed effetto non soltanto il potenziamento, ma anche la perdita di una funzione. Per sopprimere la funzione di geni endogeni si possono utilizzare geni dominanti negativi, RNA antisense, l'inattivazione selettiva (knockout) oppure la sostituzione mirata (knockin) di geni mediante ricombinazione omologa. L'inibizione dell'espressione di geni (knockdown) in vivo è stata ottenuta mediante la tecnica del RNA interference (McCaffrey, Meuse, Pham et al. 2002) che utilizza delle sequenze di RNA a doppio filamento allo scopo di distruggere il RNA messaggero corrispondente alla proteina-bersaglio.
I metodi utilizzati
Microiniezione. - La microiniezione di DNA in uno dei due pronuclei di un oocita fecondato è il metodo più diffuso per generare animali transgenici. Gli embrioni iniettati vengono poi trasferiti nell'utero di una madre adottiva (una femmina condizionata a portare avanti la gravidanza mediante accoppiamento con un maschio sterile). Nello zigote il pronucleo di provenienza materna e quello di provenienza paterna sono ancora separati e contengono ciascuno metà del corredo genetico del futuro individuo. L'evento di integrazione del DNA t. contribuirà quindi alla propagazione della mutazione su uno solo degli alleli del nuovo individuo t., definito fondatore, che sarà perciò eterozigote rispetto al gene introdotto. Incrociando due individui eterozigoti derivati dallo stesso fondatore si otterrà, secondo le leggi di Mendel, una progenie nella quale il 25% degli individui porterà la mutazione su entrambi gli alleli (individui omozigoti per la mutazione). Normalmente si producono diversi fondatori e si selezionano quelli in cui la proteina t. viene realmente prodotta.
Trasferimento genico mediato da cellule staminali embrionali. - Questa metodologia viene utilizzata principalmente per inattivare o sostituire, mediante ricombinazione omologa, un gene dell'ospite. Il costrutto di DNA viene trasferito (in genere per elettroporazione) in cellule staminali embrionali totipotenti coltivate in vitro. Le cellule in cui si è verificato l'evento di ricombinazione vengono poi inserite in embrioni allo stadio di blastocisti e contribuiranno, insieme alle staminali dell'ospite, allo sviluppo del nuovo organismo che risulterà essere una chimera. L'animale chimerico ottenuto in questo modo potrà trasmettere la mutazione alla progenie soltanto nel caso in cui le cellule staminali trasformate abbiano contribuito allo sviluppo delle sue cellule germinali. Il trasferimento genico mediato da cellule staminali embrionali rappresenta il metodo di elezione per realizzare quei modelli animali in cui è prevista l'inattivazione selettiva oppure la sostituzione mirata di geni endogeni.
Trasferimento genico mediato da retrovirus. - Entrambi i metodi appena descritti hanno lo svantaggio di essere lunghi e laboriosi e di avere una percentuale di successo (inteso come numero di animali t. ottenuti) piuttosto bassa; e inoltre non funzionano bene su mammiferi di grande taglia. Per incrementare la probabilità di ottenere individui mutanti è stato sviluppato un nuovo metodo (Lois, Hong, Pease et al. 2002) che prevede l'uso di retrovirus come vettori per il trasferimento del DNA transgenico. Per l'alta capacità di infettare le cellule e integrarsi nel DNA dell'ospite, il virus, privato delle informazioni genetiche che ne consentono la replicazione autonoma, viene impiegato come un contenitore vuoto nel quale inserire il materiale genetico che si vuole trasferire negli zigoti. I limiti di questa tecnica risiedono nella limitata capienza dei vettori virali, che non possono contenere frammenti di DNA di grandi dimensioni.
Trasferimento genico mediato da spermatozoi. - L'idea di utilizzare spermatozoi per inserire DNA esogeno negli oociti si basa sulla capacità di queste cellule germinali di legare molecole di DNA alla loro superficie (Smith, Spadafora 2005). Anche se questa tecnologia non è ancora entrata tra quelle utilizzate di routine, sono stati ottenuti diversi animali t. utilizzando, come vettori di DNA esogeno, spermatozoi iniettati nel citoplasma di oociti non fecondati con la tecnica IntraCitoplasmatic Sperm Injection (ICSI). In particolare, questa metodologia si presta al trasferimento di transgeni di grandi dimensioni come BAC e YAC (Moreira, Giraldo, Cozar et al. 2004).
Applicazioni nella ricerca
Gli animali t. hanno trovato il loro più largo impiego nell'ambito della ricerca di base (studi di genetica dello sviluppo, analisi dei sistemi di regolazione genica) e applicata (studio di geni responsabili di patologie umane come tumori, malattie genetiche, degenerative, metaboliche). Molto utili per la ricerca biomedica sono i modelli t. che simulano malattie umane come l'OncoMouse® (sviluppato alla Harvard University), nel quale è stato trapiantato un oncogene (myc) che predispone ai tumori. Sono inoltre disponibili modelli t. per il morbo di Alzheimer, l'artrite, la distrofia muscolare, la fibrosi cistica, l'obesità e molte altre patologie. Questi modelli possono essere utilizzati tanto per verificare l'efficacia di farmaci quanto per sperimentare terapie innovative come la terapia genica basata sull'introduzione di geni che sostituiscono il gene responsabile della malattia, o ne vicariano le funzioni.
Applicazioni nell'industria farmaceutica
Gli animali t., specie quelli di grossa taglia, possono essere usati come bioreattori per la produzione, su vasta scala e a bassi costi, di proteine ricombinanti e anticorpi di valore terapeutico. Un tempo le proteine d'importanza farmacologica venivano estratte da liquidi organici o da tessuti di cadaveri umani o animali con evidenti rischi igienico-sanitari, difficoltà pratiche e implicazioni di ordine morale. La possibilità di introdurre nell'organismo ospite geni posti sotto il controllo di promotori attivi solo in particolari tessuti, come, per es., la ghiandola mammaria, permette ora di ottenere la proteina t. di interesse secreta nel latte dell'animale, con indubbi vantaggi in termini di resa, di purificazione e soprattutto senza sacrificare l'animale. Prodotti come l'insulina, l'ormone della crescita, fattori anticoagulanti sono o saranno presto ottenuti dal latte di vacche, pecore o capre transgeniche. Esiste anche la possibilità di produrre proteine umane nell'albume delle uova di polli transgenici. Un altro settore in via di sviluppo è quello della creazione di animali t. (generalmente dei maiali) immunogenicamente compatibili con l'uomo, da utilizzare per il trapianto di organi.
Applicazioni in zootecnia
Le tecnologie t. possono dare un grande contributo al miglioramento genetico delle specie da allevamento, per incrementare la produzione di latte o carne o per aumentare la resistenza alle malattie, evitando la somministrazione di ormoni e antibiotici. Sono stati realizzati anche animali t. in grado di produrre alimenti con caratteristiche particolari, come, per es., vacche che producono latte contenente bassi livelli di lattosio o colesterolo. In questo settore, una volta ottenuto un animale con le caratteristiche desiderate, si abbina spesso la tecnologia t. alla clonazione, visto che la riproduzione naturale non sempre garantisce la trasmissione ai discendenti delle mutazioni introdotte.
Considerazioni etiche
I benefici reali o potenziali che la tecnologia t. può apportare in molti settori non devono mettere in secondo piano considerazioni più ampie relative alla responsabilità umana sul benessere delle altre forme di vita; l'Italia, come molti altri Paesi, ha adottato norme molto severe a riguardo. In linea di massima l'avvento degli animali t. ha diminuito il numero complessivo di animali usati per la ricerca grazie a una maggiore specificità dei modelli che si riescono a realizzare, in specie nel campo delle malattie umane. In questo specifico settore della ricerca, come peraltro in altri settori che prevedono la sperimentazione sugli animali, sarebbe auspicabile il rispetto del criterio di autoregolamentazione (elaborato da W.M.S. Russel e R.L. Burch nel 1959) comunemente definito delle 3R: Refinement (miglioramento delle tecniche sperimentali sugli animali in modo da ridurre disagio o sofferenza), Reduction (riduzione del numero di animali usati o aumento di informazioni ottenute con lo stesso numero di animali), Replacement (sostituzione dell'animale con l'utilizzo di metodi alternativi).
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