SILLANI, Tommaso
(Tomaso). – Nacque a Otricoli (Terni) il 25 marzo 1888, da Alessandro e da Costanza Bellatreccia.
Il padre lavorava come segretario comunale e la famiglia si trasferì dapprima a Pescara e quindi a Chieti, città nelle quali Sillani frequentò senza particolare entusiasmo l’istituto tecnico. Fin da giovane mostrò interesse per gli studi letterari, in particolare per la poesia. Nel 1905 si trasferì a Napoli, forse grazie all’aiuto dello scrittore Giuseppe Mezzanotte, allora preside della Scuola tecnica di Chieti, dove trovò impiego come redattore della rivista Il Pungolo, e dove – grazie all’amicizia con Vittorio Spinazzola, sovraintendente al museo di San Martino – ebbe modo di frequentarne la ricca biblioteca e di coltivare così la sua passione per le lettere.
Intorno al 1908, si stabilì a Roma dove iniziò a collaborare con riviste di primo piano nel panorama nazionale tra le quali Nuova Antologia. Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale Sillani continuò la sua carriera di pubblicista lavorando come redattore della Preparazione, intervenendo come critico d’arte per Cronache letterarie e collaborando ai quotidiani Il Secolo e La Tribuna e per le riviste L’Illustrazione italiana ed Emporium.
Dai suoi interventi, prevalentemente di carattere storico-artistico, emersero spesso toni marcatamente nazionalistici, tesi a mettere in risalto e a esaltare l’antica forza di Roma e a stabilire legami e parallelismi con il Regno d’Italia e i suoi destini.
Nel 1912 l’editore Carabba di Lanciano diede alle stampe Le pastorali, una raccolta di poesie scritte da Sillani nelle quali appaiono evidenti i debiti contratti con l’opera di Gabriele D’Annunzio e Giovanni Pascoli. Accanto all’attività di poeta e critico letterario, tuttavia, iniziò, a partire dal 1914, un’intensa opera di propaganda intorno alle rivendicazioni del nazionalismo più radicale concentrando i propri interessi sull’area adriatica e sulla Dalmazia in particolare. A tale proposito, fu tra i fondatori dell’Associazione nazionale pro Dalmazia italiana nella quale tenne la carica di segretario generale fino al termine del conflitto.
Fu il volume Lembi di patria (Milano 1915) a inaugurare la serie delle pubblicazioni a carattere propagandistico di Sillani laddove, miscelando notizie storiche e considerazioni politiche, compilò una sorta di catalogo delle terre ‘irredente’ e delle motivazioni che ne rendevano necessaria l’annessione alla madrepatria. Sempre nello stesso anno, tornò a occuparsi d’arte, dedicando un’informata monografia al pittore Pietro Vannucci (il Perugino), edita nella collana Artisti d’Italia per le Edizioni d’arte Celzana di Torino.
Seguì, per Alfieri & Lacroix, Mare nostrum (Milano 1916), interamente dedicato alla questione adriatica.
Nella prima parte del libro trovano spazio otto corrispondenze giornalistiche sulle operazioni navali italiane in Adriatico, realizzate tra l’ottobre e il novembre del 1915. Il resto dell’opera è poi composta da diversi testi commemorativi dedicati, tra gli altri, ai poeti Arturo Colautti di Zara e Riccardo Pitteri di Trieste, allo storico Tommaso de Bacci Venuti, caduto in guerra, e a Scipio Slataper. Di quest’ultimo in particolare, ripubblicò un testo che era uscito nel quotidiano Il Resto del Carlino il 10 aprile 1915 dal titolo Un accordo italo-serbo per l’equilibrio adriatico. Paradigmatico delle idee di Sillani negli anni della guerra è proprio il ritratto dedicato a Slataper: centrato, in particolare, sull’ultima fase della sua vita, quando divenne anche consigliere della Pro Dalmazia e sembrò abbandonare quell’idea di irredentismo culturale che aveva caratterizzato i suoi anni vociani per farsi portavoce, proprio dalle pagine del quotidiano bolognese, dell’interventismo più radicale. Sillani sposò in pieno questa visione arrivando persino a definire un «sacrilegio» quello compiuto da La Voce di far propria la memoria di Scipio dopo la morte.
Nel 1917 Sillani, insieme al senatore Leopoldo Franchetti, con il consenso del ministro per le Colonie Gaspare Colosimo e l’adesione di molti intellettuali e politici, redasse un memoriale (memoriale Franchetti) indirizzato al governo e avente come oggetto la rivendicazione italiana dell’intera regione anatolica in Asia Minore. Com’è noto l’Italia entrò in guerra senza aver predisposto un’opera di analisi e di informazione circa i possibili sviluppi della propria politica estera a Oriente, a scapito dell’Impero ottomano, e il testo di Sillani e Franchetti rappresentò senza dubbio uno dei documenti più rilevanti sull’area in questione.
Riallacciandosi alle tematiche contenute nel memoriale, durante l’ultimo anno di guerra, Sillani diede alle stampe per Treves una nuova pubblicazione dal titolo L’Italia e l’Asia Minore (con una nota economica di Mario Alberti, Milano 1918).
Il testo ha toni fortemente nazionalisti e critica in maniera diretta ed esplicita chi, come ad esempio gran parte della stampa democratica italiana, battezzò con il nome di imperialismi le aspirazioni dell’Italia verso una promettente espansione sulle coste dell’Asia Minore solo per il timore di infastidire gli alleati.
Sempre in quel torno di tempo pubblicò La Dalmazia monumentale (Milano 1917) e Capisaldi (Milano 1918). Tuttavia il 1918 fu un anno particolarmente importante per Sillani perché iniziò le pubblicazioni della Rassegna italiana, politica, letteraria, artistica, mensile che diresse fino all’anno della sua scomparsa. La rivista ebbe, soprattutto negli anni tra le due guerre, un successo notevole; vi collaborarono, tra gli altri, Enrico Corradini, Luigi Federzoni, Giovanni Gentile, Piero Foscari, Roberto Paribeni, Ettore Pais e Roberto Forges Davanzati.
Sillani s’impegnò, per mezzo della Rassegna, in un’aspra campagna contro il trattamento riservato all’Italia a Versailles aderendo alla tesi della «vittoria mutilata» e sensibilizzando l’opinione pubblica sull’iniquo trattamento riservato dagli alleati al nostro Paese.
Sempre negli anni immediatamente successivi al conflitto, la rivista ospitò anche la dura polemica che vide opporsi i generali Ferdinand Foch e Luigi Cadorna in merito alla difesa del Piave dopo Caporetto. La linea editoriale tenuta in questo periodo dal mensile fu sempre quella di una strenua difesa dell’operato italiano durante la guerra e della sua valorizzazione e valse al suo direttore l’amicizia e la stima dell’ex capo di stato maggiore.
Negli anni della dittatura il mensile si schierò chiaramente a fianco del regime pubblicando una serie di numeri speciali dedicati alle attività del fascismo nei suoi vari settori nazionali e internazionali in un’esplicita opera di fiancheggiamento e propaganda. Tra questi, in particolare, vi è Lo Stato mussoliniano e le realizzazioni del fascismo nella nazione che, nel 1931, venne presentato a New York dal New York Times come documento della politica di pace perseguita dall’Italia alla vigilia della conferenza per il disarmo di Ginevra.
La Rassegna continuò le sue pubblicazioni fino al 1943 e, dopo un’interruzione, riprese la propria attività editoriale nel 1946. Sillani che, frattanto, nel maggio del 1921 si era sposato con Nerina Giusti (e da cui non ebbe figli), continuò con assiduità anche la sua opera di scrittore e critico.
Curò un’edizione delle Lettere di Enrico Toti (Firenze 1924), cui seguirono uno scritto sui primi anni del dopoguerra, La vittoria dello spirito: cinque anni di passione italiana 1918-1922 (Firenze 1925), una biografia di Luigi di Savoia: ammiraglio, esploratore (Roma 1929) e quella del pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti (Milano 1932). Curò, inoltre, alcune opere di Ercole Luigi Morselli (Favole e fantasie, Milano 1928; Belfagor: arcidiavoleria in quattro atti, Milano 1930; L’osteria degli scampoli e altri racconti, Milano 1936), e raccolse e ordinò Scritti e discorsi di Piero Foscari (Per l’Italia più grande, Roma 1928).
Al termine della guerra, il 9 giugno 1945, Sillani riunì a Roma alcune personalità del mondo diplomatico e universitario, tra i quali l’ambasciatore Pompeo Aloisi, l’ex governatore dell’Eritrea Riccardo Astuto, il diplomatico Alfredo Dusmet, lo storico ed ex ministro Attilio Tamaro, l’archeologo Roberto Paribeni e l’orientalista Giuseppe Tucci per costituire il Centro italiano di studi e pubblicazioni per la riconciliazione internazionale.
Tale associazione, della quale Sillani fu segretario generale, si dedicò alla compilazione di una lunga serie di pubblicazioni dedicate alle più diverse questioni politiche, ma con un’ottica particolare nei confronti di quelle relative agli affari esteri e al ruolo che l’Italia vi avrebbe potuto svolgere nel secondo dopoguerra.
A partire poi dal 1947 il Centro organizzò alcuni cicli di conferenze incentrate in modo quasi esclusivo su tematiche di politica internazionale che videro la presenza di svariate personalità del campo politico e diplomatico. Durante il segretariato di Sillani, carica che tenne fino alla morte, vennero realizzati quattordici cicli di incontri dei quali il Banco di Roma, banca nella cui sede si tenevano le conferenze, pubblicò la gran parte dei discorsi pronunciati, tutti corredati da una breve presentazione scritta dallo stesso Sillani.
Quelle di segretario generale del Centro italiano di studi e direttore della Rassegna furono le principali attività svolte da Sillani per tutti gli anni Cinquanta e fino alla sua scomparsa, sopraggiunta per i postumi di una complessa operazione chirurgica.
Morì a Roma il 9 novembre 1961.
Fonti e Bibl.: Non esiste una bibliografia organica su Sillani; notizie biografiche si possono ricavare dai suoi scritti e dall’opuscolo: Ricordo di Tomaso Sillani nel 10° anniversario della sua morte pubblicato a cura dei familiari, Roma 1971.