ALBINONI, Tomaso
Compositore, figlio secondogenito di Antonio e di Lucrezia Fabris, nacque a Venezia il 6 giugno 1671. Di famiglia benestante ed elevata per rango sociale nella borghesia veneta, l'A., non avendo preoccupazioni di carattere economico, poté liberamente dedicarsi dapprima allo studio del violino, indi a quello del canto e del contrappunto senza ricoprire incarichi ufficiali nelle varie istituzioni cittadine.
In questo senso, e cioè perché era un musicista indipendente e non al servizio di un qualche principe o di una qualche istituzione ecclesiastica o accademica, come era costume dell'epoca, va intesa quell'insistenza con la quale egli si definisce e si firma i musico di violino o dilettante veneziano.. Dilettante, dunque, inteso non in senso moderno, ma in quanto artista libero da ogni vincolo professionale. Questo fatto può forse spiegare, in parte, la mancanza quasi assoluta di notizie riguardanti l'attività musicale esplicata dall'A. in Venezia durante un periodo di quasi mezzo secolo.
Nel 1694, l'A. diede alle stampe, per i tipi dell'editore Sala di Venezia, la sua prima opera strumentale, Le Suonate a tre, due violini e violoncello col basso per l'organo,dedicata al cardinale Pietro Ottoboni, presso la cui madre un fratello dell'A., Domenico, era paggio d'onore. Nello stesso anno con la Zenobia regina de' Palmirent' su libretto di Antonio Marchi, eseguita al teatro di SS. Giovanni e Paolo, ha inizio quella attività teatrale che durerà ininterrotta fino al 1740 e darà come frutto ben quarantotto opere diverse, oltre ai rifacimenti e le riprese. Purtroppo, di questa vasta produzione troppo poco - le sole arie de L'Inganno innocente (1701), de Il Tiranno eroe (1710) e la partitura del Radamisto (1689) - è pervenuto fino a noi, o, per lo meno, fino ad oggi è stato ritrovato, perché se ne possa dare un giudizio. Certo è che, a detta dei suoi contemporanei, l'A. godette dei favori dei Veneziani e non solo di questi, poiché le sue opere furono eseguite un po' dappertutto in Italia ed anche in Germania. Ne dà conferma il Caffi nella sua Storia della musica teatrale,scrivendo a proposito dell'A.: "Visse egli sempre in Venezia, ove ilteatro e la scuola gli portavan considerabile e continuo profitto, quantunque il di lui stile di una certa finezza mancasse, grato assai riusciva nondimeno per molto nerbo e popolarità".E più avanti: "...benché inferiore di merito ebbe maggior fortuna del suo rivale Gasparini". Nel 1703 l'A. fu a Firenze per soprintendere alla rappresentazione della sua Griselda su libretto di Apostolo Zeno, rappresentata nel teatro del Cocomero, di cui il principe Ferdinando de' Medici era i signore e protettore. L'opera dovette avere indubbiamente un notevole successo se venti anni dopo Cosimo III ne serbava ancora ottimo ricordo tanto da chiamare l'A. a collaborare con la sua musica all'oratorio-centone Giosuè in Gabaon del Barzini, al cui rivestimento musicale parteciparono anche Salvatore Martini, Francesco Conti, Antonio Veracini e Filippo Rossi di Firenze; Azzolino della Ciaia di Siena; Giovanni Luillier di Roma; Giovanni Batt. Bononcini, Pietro Laurenti, lacopo Perti di Bologna; Martino Bitti di Genova. Nel 1705 l'A. sposò una veronese, Margherita Rimondi, e ne ebbe, tra il 1707 e il1718, sei figli: Anton Francesco, Zuane Antonio, Lugrecia Antonia, Francesca Maria, Michel Gerolamo e Francesca Antonia. Nel 1721 perse, assieme ai fratelli, i beni lasciati in eredità dal padre; nello stesso anno gli morì la moglie Margherita, appena trentasettenne. Un anno dopo, si recò a Monaco di Baviera in occasione delle nozze del principe elettore Carlo Alberto di Baviera con Maria Amalia, figlia dell'imperatore Giuseppe I, per organizzare il ciclo delle manifestazioni musicali nel quadro dei festeggiamenti. Fra le opere eseguite: I veri amici e il Trionfo d'amore dell'A. Di ritorno a Venezia, l'A. iniziò un periodo particolarmente produttivo nel campo melodrammatico: ventisei fra opere e rifacimenti nello spazio di diciassette anni; con l'Artamene,su libretto di B. Vitturi, andata in scena nel carnevale del 1740 al teatro S. Angelo, si chiuse il ciclo produttivo dell'A., che trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita nel più assoluto silenzio. Morì il 17 genn. 1750, dopo lunga malattia.
La sua produzione strumentale comprende: Op. I - Dodici Sonate a tre (1694), scritte in dodici tonalità differenti egualmente ripartite tra il modo maggiore e quello minore e ognuna composta di quattro tempi, secondo lo schema classico della sonata da chiesa: grave - allegro - largo - allegro.Già in queste Sonate,pur nella loro palese derivazione corelliana, si avverte una melodicità più soggettiva, che si affianca al tipo vivaldiano.
Esse rappresentano un punto di riferimento nella storia particolare della sonata a tre, per la capacità di contemperamento di elementi tradizionali con elementi rivoluzionari e precorritori. Sono di questa Op. I,e precisamente dei due secondi tempi (allegri)della terza e dell'ottava Sonata,i temi che servirono a Bach per comporre due fughe a tre voci per clavicembalo. Op. II - Sinfonie e concerti a cinque per due violini, alto, tenore, violoncello, basso, dedicate a Ferdinando Carlo, duca di Mantova, edite a Venezia nel 1700. Le Sinfonie,che prendono il nome di Sonate nel corso dell'opera, mantengono non solo formalmente nella successione ciclica di grave - allegro - largo - allegro,ma anche sostanzialmente, le peculiarità dell'Op. I,approfondendone, però, il significato espressivo, sia nella stilizzazione polifonica a cinque parti reali come, per es. nella Sonata I (1° tempo) e nella III (1° allegro),sia nell'accostamento formale della sonata in stile polifonico al concerto in istile omofonico (Io tempo della Sonata V;40 tempo della Sonata VI).Queste sei Sonate a cinque sono intercalate da altrettanti Concerti a cinque,in cui si afferma in modo definitivo la caratteristica del concerto per istrumento solista nell'alternarsi del solo col tutti e nella suddivisione ternaria del ciclo secondo lo schema allegro-adagio-allegro;l'inizio e la chiusa degli allegri sono formati dai tutti,il numero dei soli,alternantisi con quelli, va da un minimo di uno ad un massimo di tre.
L'Op. III,edita a Venezia nel 1701 e dedicata a Ferdinando III di Toscana, è composta di dodici Balletti a tre (due violini, violoncello, basso continuo), i quali, per le loro caratteristiche ciciche e schematiche, possono ricollegarsi alla sonata da camera corelliana. Cinque sono i tipi di danza adottati: quattro a tempo mosso (sarabanda, gavotta, corrente e giga)e uno (allemanda)lento o mosso a seconda che apra il Balletto,che risulta così tripartito, composto cioè di tre danze, oppure che venga preceduto da un preludio,divenendo così quadripartito. Di notevole il movimento veloce della sarabanda, il cui carattere brioso è in netto contrasto con quello meditativo e doloroso della danza bachiana. Segue nel 1704, edita ad Amsterdam, l'Op. IV,composta da Sei Sonate da chiesa per violino e basso continuo, le quali, pur nel rispetto della classica ripartizione in quattro movimenti, si distinguono per una maggiore emotività del discorso musicale nel suo fluire melodico e nella spontaneità espressiva delle idee. Il che s'avverte in modo particolare nella V Sonata che è, come osserva Giazotto, "un'alta testi monianza dell'efficienza espressiva e costruttiva dell'arte albinomana". L'Op. V,edita a Venezia nel 1707, comprende dodici Concerti a cinque per due, tre violini, alto, tenore, violoncello, basso continuo, "ed è caratterizzata dalla netta profilazione che va assumendo il violino solista arricchito nel formulario virtuosistico". In quanto all'alternarsi dei tutti e dei soli,come già si è visto nell'Op. II,l'A. non si attiene allo schema dei tre soli alternati a quattro tutti,che, secondo lo Schering, sarebbe basilare per il concerto albinoniano, ma va da un minimo di due tutti intramezzati da un solo a un massimo, come nel primo allegro dell'XI Concerto,di sette tutti e sei soli.Con i Trattenimenti armonici per camera divisi in dodici Sonate a violini, violone e cembalo Op. VI (Amsterdam 1711 circa) la musicalità albinoniana raggiunge i suoi vertici espressivi nel perfetto equilibrio tra valori formali e contenuto, specie nellaXII Sonata,che in questo senso rappresenta un modello di perfezione. I dodici Concerti a cinque dell'Op. VII (Amsterdam 1716 circa), se, dal punto di vista dell'inventiva musicale, mostrano un senso di stanchezza e di esaurimento, per cui la "maniera" viene spesso elevata a sistema, assumono invece, dal punto di vista strumentale, una particolare importanza per l'inclusione di uno (nel III, VI, IX e XII Concerto)o due oboi (I!, V, VIII, XI)trattati solisticamente, in modo da sfruttarne la tipica sonorità con intenti espressivi. Se quest'inclusione non è scoperta albinoniana, è certo che l'A. portò questo tipo di concerto ad un livello assai elevato, in cui l'aderenza della linea dell'oboe alla forma concertistica può dirsi esemplare. Notevole esempio precoce di allegro biteniatico è il primo tempo del Il Concerto.Nelle sei Sonate dell'Op. VIII -Balletti e Sonate a tre, a due violini, violoncello e cembalo (Amsterdam 1721-22 circa) l'elemento contrappuntistico-polifonico nella sua formulazione canonicoimitativa fra i due violini e fugale in rapporto al violoncello èformalmente determinante la struttura degli allegri,riallacciandoli così idealmente al mondo corelliano, pur nel superamento di questo, per la loro chiarificazione espressiva nella maggior naturalezza di procedimenti; I sei Balletti,invece, sono di una scrittura meno impegnativa. Tutti di forma tripartita, possono dividersi in due gruppi per le danze che li compongono: il primo gruppo (Balletto I, III e IV)comprendente allemanda, giga e sarabanda;il secondo (Balletto Il, Il, VI) allemanda, corrente, gavotta.Èdello stesso periodo l'edizione dell'Op. IX - Concerti a cinque con violino, oboe, violetta, violoncello e basso continuo,che, per vastità di respiro nell'ampiezza strutturale e nello sfruttamento degli sviluppi, per sapienza dialogica nella disposizione strumentale, può considerarsi come la definitiva conclusione estetica dell'arte strumentale albinoniana.
Oltre alle musiche edite, raggruppate, come si è visto, in nove numeri d'opera comprendenti ben 102 composizioni fra Balletti, Sonate, Sinfonie e Concerti,è pervenuta a noi, per i dpi di Jeanne Roger, una raccolta di Sonate a violino a solo.Inoltre nella Sächsische Landesbibliothek di Dresda trovasi, manoscritte, quattro Sinfonie e quattro Concerti per complessi vari. Interessante è la soppressione nelle prime due Sinfonie del basso numerato, soppressione che denota in queste composizioni una chiara aspirazione allo spirito del complesso quartettistico, preludio consapevole delle nuove vie che percorrerà la musica strumentale romantica. Ma ancor più interessanti, sotto questo aspetto, sono le sei Sinfonie a quattro,che si trovano manoscritte nella Hessis che Landesbibliothek di Darmstadt, nelle quali l'introduzione del mrnuetto quale parte organica formativa del genere, il predominio dell'omoritmia, la plasticità tematica nell'affermarsi dell'allegro cantante,preparano quella rivoluzione che, affermandosi nel Samniartini, trova la sua piena realizzazione nel plein-air della sinfonia haydniana.
Si può, dunque, affermare che l'A., nel divenire della sua opera strumentale, rappresenta l'anello di congiunzione fra lo stile polifonico-barocco di A. Corelli e quello del romantico melodismo omoritmico dei sinfonisti preclassici.
L'elenco delle opere teatrali dell'A. di cui si conoscono i libretti (tutte rappresentate la prima volta a Venezia, salvo indicazioni contrarie) comprende, oltre a quelle già citate: Il prodigio dell'innocenza (1695); Zenone imperator d'Oriente (1696); Tigrane re d'Armenia (1697); Princislao primo re di Boemia (1697); L'ingratitudine castigata (1698); Diomede punito da Alcide (1700); L'inganno innocente (1701), ripreso a Napoli col titolo Rodrigo in Algeri; L'arte in gara con l'arte (1702); La fede tra gli inganni (1707); Le prosperità di Elio Sciano (Genova 1707); Astarto (1708); Vespetta e Pimpinone,intermezzi comici (1708); Ciro (1709); Il tradimento tradito (1709); Il Giustino (Bologna 1711); Le gare generose (1712); Alarico (Piacenza 1712) Amor di figlio non conosciuto (1715); Eumene (1717);. Meleagro (1718); Cleomene (1718); Gli eccessi della gelosia (1722); Ermengarda (1723); Laodice (1724); Antigone tutore di Filippo re dei Macedoni (1724); Scipione nelle Spagne (1724); Didone abbandonata (1725); Alcina delusa da Ruggero (1725); Lucio Vero (1725); Statira (1726); Il trionfo d'Armida (1726); L'incostanza schernita (1727); Le due rivali in amore (1728); Il Concilio dei pianeti,serenata a tre voci (1729); Il Filandro (1729); L'infedeltà delusa (1729); Elenia (1730); La stratagemmi amorosi (1730); Il più fedeli tra gli amanti (1731); Ardelinda (1732); Gli Avenimenti di Ruggero (1732); Candalide (1734).
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