TLEMCEN (in berbero Tilimsān; A. T., 112)
Città dell'Algeria occidentale, capoluogo di circondario nel dipartimento di Orano. La città sorge a circa 50 km. dalla costa e altrettanti dal confine del Marocco, all'altitudine di 750 m. s. m., ai piedi di scoscese montagne, e conta 46.360 ab. (1931), dei quali circa 2/3 indigeni musulmani, circa 5000 Ebrei e 4000 Francesi. Oggi Tlemcen è una delle più importanti e interessanti città dell'Algeria per le sue memorie storiche, per i monumenti che racchiude (moschee, fortificazioni), sia nell'interno del recinto attuale, sia nelle adiacenti località di Agadir, Boumedine, Mansurah, ecc., per la vaghezza della sua posizione e delle coltivazioni che l'attorniano nonché per una certa attività industriale (tappeti) che vi si esercita. Stazione della grande arteria ferroviaria che congiunge Algeri a Fez, è altresì collegata al mare e ad Orano per un tronco che scende alla costa al piccolo porto di Rachgoun.
Monumenti. - Tlemcen Tagrart deve agli Almoravidi la grande moschea, vicina al palazzo del governatore. Si conserva quasi quale fu fondata nel 1135, con la corte quadrata a portici e la sala delle preghiere a tredici navate. Il tipo di costruzione e la decorazione di stucco si riallacciano all'arte della grande moschea di Cordova (sec. X), particolarmente la bella cupola a nervature intersecantisi che precede il mihrāb. Gli Almohadi, spodestati gli Almoravidi, cinsero di mura la città ma non vi lasciarono nessun monumento. Il fondatore della dinastia degli ‛Abd al-Wāditi dotò di minareti la grande moschea almoravide e quella del vecchio quartiere d'Agadir. Uno dei suoi successori edificò il grazioso oratorio di Sīdi bel Hasan, attuale museo (1926), una delle opere più perfette dell'arte ispano-moresca. Tlemcen, città regale, arricchita da un fiorente commercio, non fu abbellita soltanto dai suoi legittimi signori; i sultani Merīnidi di Fez lasciarono nei dintorni tracce architettoniche dei loro tentativi bellici e dei loro passeggeri successi. Si deve loro la maestosa cinta di Mansura (al-Mansūrah), la città accampamento costruita durante l'assedio di Tlemcen, con lo splendido minareto della moschea, ora in rovina. Padroni di Tlemcen, essi manifestarono la loro devozione elevando, presso alla tomba di Sīdi bu Medien, il celebre mistico andaluso, una bellissima moschea (1339) una medersa (1347) e varî altri edifici.
La moschea di Sidi'l-Halwi (1353) è pure da annoverare tra le opere elevate dei Merīnidi.
Dopo il sec. XIV, nessuna costruzione notevole venne ad abbellire Tlemcen. Una moschea edificata nell'interno del Mechwar, dove abitavano i sultani, qualche oratorio rionale e qualche sepolcro costruito sotto i Turchi ricordano solo lontanamente le opere dell'età aurea.
Storia. - La zona in cui sorge, fertilissima e anche commercialmente e strategicamente importante, sin da antico fu sede di un centro urbano, pur essendosi esso spostato attraverso i tempi; un po' a nord-est della città odierna esisteva la Pomaria romana, il cui nome risulta da parecchie iscrizioni latine trovate sul luogo, e che in seguito, conquistata dagli Arabi nel sec. VII l'Africa del nord e diffusovi l'Islām, appare nelle fonti storiche col nome di Agādīr e di Tilimsān. Questa a volte fu sede di qualche principato indipendente o semindipendente, a volte fu in possesso di dinastie che dominarono nella Barberia. Affermatosi nella seconda metà del sec. XI nel Marocco il movimento degli Almoravidi e procedendo il loro grande condottiero, Yūsuf ben Tāshufīn, alla conquista anche della parte occidentale dell'attuale Algeria, e, tra altri centri, di quello di Agādīr, nel luogo ove aveva posto il suo accampamento, un po' ad ovest della città, costruì una città nuova che si chiamò in principio Tāgrārt, e poi assunse il nome di Tilimsān ed è l'antenata diretta dell'odierna Tlemcen. Dopo gli Almoravidi se ne impadronirono gli Almoḥadi; scindendosi il vasto impero di questi ultimi nei tre regni dei Merīnidi nel Marocco, degli Hafsidi in Tunisia, e degli ‛Abd al-Wāditi nel Maghrib centrale, Tilimsān divenne appunto la capitale ‛abd al-wādita. Nel sec. XVI, disputata tra Spagnoli e Turchi, fu daI 1555 occupata da questi ultimi. Procedendo i Francesi alla conquista dell'Algeria dopo il 1830, la presero una prima volta nel 1836, e definitivamente nel 1842.
Già durante il dominio degli Almoravidi la città fu centro di cultura musulmana. A sud-ovest della città sono le rovine di al-Manṣūraḥ, una terza città derivata dall'accampamento che i Merīnidi avevano fatto, tra la fine del sec. XIII e il principio del XIV per assediare la capitale degli ‛Abd al-Wāditi. L'impresa si prolungò per parecchi anni e ciò facilitò la trasformazione delle opere di assedio in grandi e solide costruzioni.
Bibl.: ‛Abd ar-Raḥmān ibn Khaldūn, Histoire des Berbères (trad. De Slane), Algeri 1852-56, III, p. 332 segg. (nuova ediz., Parigi 1925 segg.); Abū Zakariyyā' Yaḥyà ibn Khaldūn, Histoire des Beni ‛Abd el-Wâd, rois de Tlemcen (testo e trad. a cura di A. Bel), Algeri 1903, 1911, 1913; W. et G. Marçais, Les monuments arabes de Tlemcen, Parigi 1903; G. Marçais, Manuel d'art musulman, ivi 1926-27; id., Tlemcen città reale, in L'Africa italiana, sett.-dic. 1934, pp. 177-195; A. Bel, Tlemcen, in Encyclopédie de l'Islām, VI, pp. 7843-4.