CAMPOSAMPIERO, Tiso (Tisone) da
Ottavo di questo nome, nacque forse a Padova tra il 1261 e il 1263 da Tiso (VII) e da Ponzia da Canossa che gli fu tutrice dopo la morte del padre avvenuta nel 1266.
Unico figlio maschio, ereditò un cospicuo patrimonio che egli stesso incrementò. Nel contado padovano gli erano soggette sette "villae" ricordate in uno statuto antimagnatizio (Hyde, p. 313) promulgato dal Comune nel 1278. Nel Trevigiano possedette Fonte e Treville. Durante la sua minorità il congiunto Florio da Camposampiero designò nel 1269 davanti al vescovo di Treviso un feudo composto di molte terre che i predecessori del C. avevano ottenuto da quel vescovado, e del quale nel 1295 venne rinnovata l'investitura personalmente al C. mentre il vescovo di Frisinga gli confermò il feudo di Godego nel 1272.
Fedele alle tradizioni della famiglia, il C. aderì alla "pars Ecclesiae", che riconosceva come capo naturale il marchese d'Este e alla quale erano da tempo legati gli interessi dei Camposampiero. Esordì sulla scena politica favorendo lo stabilirsi in Treviso della signoria di Gherardo da Camino, che il 15 nov. 1283 cacciò dalla città i ghibellini Castelli assumendo il titolo di capitano generale. L'Anonimo Torriano (o Foscariniano) e lo Zuccato ricordano una partecipazione diretta del C. agli avvenimenti; ma il Picotti dimostrò che il racconto era falso o inesatto. Tuttavia è probabile che l'azione di Gherardo sia stata intrapresa in accordo con i guelfi padovani, giacché in quello stesso anno Gherardo era stato incaricato dal Comune di Padova di una ambasceria ad Obizzo d'Este. Con un contingente di soldati il C. seguì il capitano generale di Treviso nell'assedio posto la primavera seguente alla fortezza in cui i Castelli si erano rifugiati. Come già il 29 dic. 1283, il 27 e 28 giugno 1284 fu mallevadore, assieme ad altri guelfi padovani, dei prestiti chiesti da Gherardo a Guglielmo Dente de Lemizoni e a Rinaldo Scrovegni per pagare la somma necessaria all'acquisto delle fortezze dei Castelli, come aveva stabilito la sentenza arbitrale del 20 giugno 1284 con cui il vescovo di Feltre e Belluno aveva posto fine alla lotta armata tra le due parti. Dal luglio 1286, forse per un anno, il C. fu podestà di Treviso, designato dal signore della città col quale rinnovò i legami di parentela, sposandone la sorella Engelinda.
L'amicizia con i Caminesi permise al C. di entrare in possesso di terre nel Trevigiano, già almeno parzialmente appartenute alla sua famiglia, incamerate da Ezzelino e confiscate dal Comune che ne aveva vietata l'alienazione. Nel 1303 gli vennero date in affitto dal Comune di Treviso delle terre in Romano per ordine di Rizzardo da Camino desideroso di concedere una "speciale grazia" a Tiso. Tra il giugno 1310 e il gennaio 1311 acquistò terreni posti in San Zenone, Romano, Fonte e Mussolente e ne fu messo in possesso dai sindaci del Comune. Tuttavia gli eredi del C. non poterono godere questi beni, ripresi dal Comune di Treviso dopo la caduta della signoria caminese.
Nel 1288 il C. fu podestà di Ferrara per gli Estensi, ma in seguito all'attentato contro Obizzo d'Este da parte di Lamberto Bacellieri, bolognese, avvenuto durante la sua podesteria, lasciò la città recandosi a Modena al seguito del marchese. In Padova il C. godette di grandissimo prestigio. Dietro la sua richiesta il Comune bandì e condannò a morte in contumacia (1299) il signore di Verona, Alberto Della Scala, per aver attentato alla vita del Camposampiero. Dal novembre 1303 al maggio 1304 fu inviato come podestà a Vicenza, allora sottoposta al dominio padovano; vi ritornò nei mesi di giugno e luglio dello stesso anno, come "sopracapitaneus" durante la vacanza della podesteria per la morte del titolare. Nel Consiglio maggiore di Padova presenziò alla lega stretta il 18 maggio 1304 con Verona in occasione di una guerra condotta contro Venezia nel tentativo di intaccarne il monopolio del sale. Circa quattro anni dopo (7 genn. 1308) a Ferrara, assieme a Nicolò da Lozzo, Enrico Scrovegni e Ubertino da Carrara, il C. che a quest'epoca secondolo Hyde era anche già stato insignito della dignità di cavaliere, ratificò per il Comune di Padova l'alleanza con il marchese Azzo VIII d'Este, e con il Comune di Ferrara. Assieme a Nicolò da Lozzo, a Iacopo da Carrara e agli inviati di Rizzardo da Camino, il C. riconciliò Azzo VIII, poco prima della morte avvenuta nello stesso mese di gennaio del 1308, con i fratelli Francesco e Aldevrandino e i nipoti, che forti di questa conciliazione, con l'aiuto della S. Sede rivendicarono il governo di Ferrara contro Fresco d'Este appoggiato da Venezia.
Il C. ormai capo riconosciuto della "pars Ecclesiae" in Padova, dovette in qualche modo favorire la congiura dei guelfi veneziani guidati da Baiamonte Tiepolo, mirante ad impadronirsi del potere in Venezia (1310). Il venerdì santo del 1311 Baiamonte infatti si incontrò a Padova con il C., con altri esponenti della sua parte e con gli ambasciatori di Rizzardo da Camino per ottenere aiuti in vista di un nuovo tentativo. L'ostilità del C. nei confronti di Pietro Gradenigo, il doge contro il quale era diretta la congiura, è dimostrato anche dall'appoggio dato alle querele di Fantino, abate di S. Leonardo di Malamocco, contro il doge che lo aveva spogliato dell'abbazia.
Nel novembre 1311, durante il vicariato di Gerardo da Enzola, imposto da Enrico VII alla città di Padova che aveva finito per prestargli obbedienza, disperando di poter resistere alle forze imperiali e a Cangrande Della Scala che teneva Vicenza sottrattasi al dominio padovano, il C. fu tra gli Otto "sapientes" ai quali erano affidate la difesa militare e la politica del Comune verso l'esterno. Tra gli Otto savi il C. appare in posizione di privilegio, visto che a lui solo è concessa la facoltà di allontanarsi per breve tempo dalla città per i propri affari. L'anno seguente, il 15 febbraio, ricevuta la notizia della nomina di Cangrande a vicario imperiale in Vicenza, Padova si ribellò all'Impero. Dopo l'assassinio del capo dei ghibellini padovani Guglielmo Novello Paltanieri, il governo della città venne assunto dal C. e da altri uomini del partito guelfo (tra essi i Maccaruffi e Pietro Altichini), i quali provvidero ad esiliare i ghibellini fautori di Cangrande. Militò nell'esercito padovano nella guerra tosto intrapresa per riconquistare Vicenza, guerra che nel giugno del 1312 vide lo schieramento di tutto il partito guelfo della Marca contro Cangrande. Il C. morì a Padova, mentre infuriava la campagna militare, il 6 luglio dello stesso anno. Nel testamento dettato il 3 luglio designava come eredi il nipote Guglielmo e il nascituro della seconda moglie, disponendo di venire sepolto nella chiesa di S. Antonio in Padova.
Il genealogista trecentesco Giovanni da Nono giudicò il C. il più nobile e potente cittadino di Padova al tempo di Enrico VII; e sebbene annoti che alla morte di lui la sua famiglia perdette di prestigio, riporta tuttavia una profezia corrente al suo tempo, secondo la quale un Camposampiero doveva signoreggiare in Padova cent'anni dopo la cacciata di Ezzelino. Il guelfo, Albertino Mussato vide nel C., che definì "Marchiae Tarvisinae flos et supremum decus" (Hist. aug., col. 430), l'estremo difensore del Comune padovano e quasi la figura che chiuse una epoca.
Dalla prima moglie Engelinda da Camino ebbe un figlio, Giacomo, che gli premorì e fu padre di Guglielmo (III). Sposò in seconde nozze Cunizza di Perenzano da Carrara, dalla quale ebbe un figlio postumo, Tiso (IX), fautore di Marsilio da Carrara, fratello di sua madre, schieratosi infine assieme al Carrarese a favore degli Scaligeri. Per istigazione di Marsilio, inimicatosi con la sorella che parteggiava contro di lui per Nicolò da Carrara, Tiso, sorpresa la madre con un amante, la uccise a Verona nel 1330. Morì senza discendenti lasciando erede dei propri beni Marsilio da Carrara.
Fonti e Bibl.: Padova, Bibl. del Seminario vesc., ms. 581: G. Brunacci, Codice dipl. padovano, p. 1974; Ibid., Bibl. Civica, ms. B. p. 29/1239: G. da Nono, De generatione aliquorum civium urbis Padue, ff. 3v, 11v; Treviso, Bibl. comunale, ms. 1392: Anonimo Torriano, Historia trivisana manoscritta, f. 114r; Ibid., ma. 1391: B. Zuccato, Cronaca..., ff. 65r-67v; Padova, Bibl. civica, datt. B. P. g. 216: G. Camposampiero, Domus de Campo Sancti Petri. Storia genealogica dei Camposampiero, pp. 511-557; A. Mussati Historia augusta..., in Rer. Ital. Script., X, Mediolani 1727, coll. 426, 430; Nicolai Smeregli Annales civitatis Vincentiae, ibid., 2 ed., VIII, 5, a cura di G. Soranzo, p. 18; Ferreti Vicentini Historia rerum in Italia gestarum..., in F. de Ferreti, Le opere..., a cura di C. Cipolla, II, Roma 1914, pp. 123, 129 ss.; G. de Cortusiis, Chronica de novititatibus Padue..., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XII, 5, a cura di B. Pagnin, p. 61; Annales Patavini, ibid., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 188, 232; Chronicon Estense, ibid., XV, 3, a cura di G. Bertoni-E. P. Vicini, pp. 48, 68; G. B. Verci, Storia della Marca trivigiana..., Venezia 1787, III, doc. CCLXXIII p. 103, CCXCI p. 126, CCXCIV p. 133; IV, doc. CCCCXXXVI p. 163; V, doc. DXXXVI p. 147; VII, p. 79; G. B. Picotti, I Caminesi..., Livorno 1905, pp. 86-90, 101 s., 145, 175, 204, 335, doc. VII, pp. 250-252, doc. VIII pp. 252-254, doc. IX pp. 254-256, doc. XLIX pp. 295-97; G. Soranzo, La guerra tra Venezia e la S. Sede per il dominio di Ferrara (1308-1313), Città di Castello 1905, pp. 59-61; P. Sambin, Le relazioni tra Venezia, Padova e Verona all'inizio del sec. XIV, in Atti dell'Ist. ven. di sc., lett. ed arti, cl.di scienze morali e lettere, CXI (1952-53), p. 213; J. K. Hyde, Padua in the age of Dante, New York 1966, pp. 81, 100, 105, 110, 230 s., 260, 264, 275 s., 313.