CERASI (Cerasa, Cerasio), Tiberio
Nacque a Roma nel 1544 da Stefano e da Bartolomea Manardi, fiorentina. Il padre, originario di Napoli, era stato assunto a Roma negli anni Venti come chirurgo dell'ospedale di S. Maria della Consolazione, ottenendo nel 1530 la cittadinanza romana. Il C. compì studi giuridici, addottorandosi con ogni probabilità in ambedue i diritti.
I suoi legami con l'opera pia in cui lavorò il padre furono sempre molto intensi e nell'agosto del 1583 l'ospedale gli affittò a vita una casa posta nel rione di Trevi per un canone annuo di 40 scudi. Egli a quell'epoca era già avvocato della Curia; sette anni dopo non abitava più la casa: la residenza era nel rione Parione. Ciò si ricava dall'atto con il quale, il 22 sett. 1590, il C., divenuto avvocato concistoriale l'anno prima, donava all'ospedale della Consolazione i libri di medicina e di filosofia già appartenuti al padre, con la clausola che rimanessero conservati nella sede dell'opera pia e fossero adibiti a uso dei suoi medici. Fra essi due manoscritti vengono indicati come opere di Stefano Cerasi.
Il 31 luglio 1593 il C. venne nominato rettore dell'università per quell'anno e per quello successivo. Fu verso quest'epoca probabilmente che abbracciò la carriera ecclesiastica; nel settembre del 1595 lasciò anche la carica di avvocato fiscale per divenire chierico di Camera (aveva acquistato quest'ufficio per 30.000 scudi, avendo ottenuto dal papa di pagare questa cifra invece dei soliti 40.000 scudi). Nel luglio del 1596 egli divenne tesoriere generale della Camera apostolica. Nello svolgimento delle sue funzioni ebbe rapporti con gli artisti e capomastri che lavoravano in Roma in Vaticano, a Montecavallo, in S. Giovanni in Laterano; a Civita Castellana, a Spoleto, a Viterbo, a Camerino, ecc.; fu in contatto anche con l'orefice Curzio Vanni e con l'architetto G. Wandehout. Quando Clemente VIII si recò nel 1599 a Ferrara a prendere possesso della città il C. fece parte del suo seguito.
Morì a Frascati il 3 maggio 1601. Aveva fatto testamento nel marzo del 1598, aggiungendovi un codicillo il giorno prima della morte.
Aveva nominato erede universale l'ospedale di S. Maria della Consolazione. I suoi beni consistevano, oltre a un'imprecisata somma di liquidi (destinò 500 scudi ai suoi dipendenti e 500 a un tale Giacomo, che lo aveva accompagnato a Ferrara), in una vigna fuori porta S. Pancrazio, gravata di un censo in favore di S. Maria in Trastevere, in argenteria e suppellettili della casa, in libri manoscritti e sta pati. I volumi di argomento giuridico li legò al suo uditore, Agostino Dena. Lasciò una villa ad Albano, oltre a un "luogo di Monte", alla chiesa di S. Maria di Monserrato, ove era sepolta la nonna paterna, Bianca Sanchez, Similmente lasciò un "luogo di Monte" alla chiesa di S. Maria del Popolo. Dovevano ritornare ai legittimi proprietari, e cioè rispettivamente all'ospedale della Consolazione, al castello di Castelgandolfo e a Ulisse Gallo, due casette ai SS. Apostoli, una casa e una vigna a Castelgandolfo e la casa in cui viveva "a Pasquino".
Conobbe e ossequiò Federico Borromeo, e Antonio Tempesta gli dedicò il suo Primo libro di caccie varie. A detta di P. Pericoli, egli fu l'autore di alcune costituzioni dal titolo De bono regimine. Aveva avuto un fratello, Giovan Pietro, che aveva seguito le orme del padre ed era stato autore di un'opera edita a Roma nel 1574 (Methodo dello spetiale), morto probabilmente poco prima di lui.
La ragione per cui si ricorda il nome del C. è il fatto che egli fu un committente di Annibale Carracci e di Michelangelo da Caravaggio. Il desiderio di sublimare la sua ascesa sociale lo spinse infatti ad acquistare, l'8 luglio 1600, una cappella in S. Maria del Popolo: i frati agostiniani gli concessero quella del transetto immediatamente a sinistra dell'altare maggiore con facoltà di poterla fabbricare, alzare, approfondire e ornare "nel modo et forma" che egli avesse voluto. Egli ebbe l'autorizzazione a togliere dalla cappella le sepolture già esistenti e si impegnò a dotarla con una casa sita a Montecitorio, precedentemente destinata nel testamento all'ospedale della Consolazione. Non si sa chi curò l'architettura, ma già nel settembre il C. stipulava un contratto con il Caravaggio, che si impegnava a dipingere per lui, entro otto mesi e per un compenso di 400 scudi, due quadri, uno rappresentante la Conversione di s. Paolo e l'altro il Martirio di s. Pietro, i due notissimi capolavori del grande pittore. Si convenne che l'artista dovesse sottoporre al C. i bozzetti delle opere, perché fossero da lui approvati. In effetti il C. usò di questa sua facoltà, dato che, a quanto sembra affermare G. Baglione, due quadri lavorati dal Caravaggio "in un'altra maniera ... non piacquero al Padrone" e finirono nelle mani del card. G. Sannesio. Subito dopo il pittore avrebbe dipinto i quadri tutt'ora conservati nella cappella. Secondo L. Salerno, uno dei due rifiutati sarebbe stato la Conversione di s. Paolo della collezione Balbi-Odescalchi. D'altra parte, da una variante del testo di Giulio Mancini, può addirittura affacciarsi l'ipotesi che i quadri pervenuti al Sannesio fossero "copiati e ritoccati da quelli che sono nella Madonna del Popolo". Se effettivamente il C. rifiutò due prime versioni dei quadri caraveggeschi, potrebbe anche darsi che egli non abbia mai veduto le tele finite. Il completamento del pagamento del pittore infatti avvenne il 10 nov. 1601 ad opera dei suoi eredi.
La cappella, che fu restaurata a metà e alla fine del sec. XIX a cura di Antonio Cerasi, è costituita da due vani, nelle pareti del più esterno dei quali sono affisse due lapidi marmoree. Quella di destra dedicata alla madre del C., morta nel 1573, e al padre, morto nel 1575 è sormontata dal busto di quest'ultimo. L'altra, simile, nella parete sinistra, reca invece il busto del Cerasi. Gli affreschi della volta, raffiguranti i Quattro evangelisti con al centro la colomba dello Spirito Santo sono opera di G. B. Ricci da Novara. Le tele del Caravaggio sono sulle pareti del vano più interno; sull'altare un quadro di Annibale Carracci, rappresentante l'Assunzione della Vergine fra angeli e santi. Gli affreschi sulle pareti e sulla volta sono opera di Innocenzo Tacconi su disegni del Carracci, conservati a Windsor Castle, all'Albertina di Vienna e al Louvre. Essi rappresentano Quo Vadis?, posto al di sopra della Crociflissione di s. Pietro, e dall'altra parte, sopra alla Conversione di s. Paolo, S. Paolo davanti all'apparizione di Cristo. Sul soffitto è L'incoronazione di Maria.
M. Calvesi ipotizzò nel soggetto dei due quadri del Caravaggio la rappresentazione della Ragione (Paolo) e dell'Autorità (Pietro), "i due poli del pensiero agostiniano". La raffigurazione dei due apostoli fu, come si è visto, ribadita negli affreschi sulle pareti della cappella. Inoltre il C. li invoca, insieme a Dio e alla Vergine, all'inizio del testamento, dimostrando di avere per loro una profonda devozione.
Fonti e Bibl.: Bibl. Ap. Vat., Urb. lat. 1063. c. 709r; Urb. lat. 1064, c. 416r; V. Benacci, Descrittione degli apparati fatti in Bologna per la venuta di N. S. Papa Clemente VIII, Bologna 1599, p. D 3v; G.Baglione, Le vite de' pittori scultori et architetti, Roma 1649, pp. 107, 137, 149, 397; C.Cartari, Advocatorum Sacri Consistorii syllabum, Romae 1656, pp. 202 s.; F. A. Vitale, Memorie istor. de' tesorieri generali pontifici, Napoli 1782, p. 48; F. M. Renazzi, Storia dell'università degli studi di Roma, III,Roma 1805, p. 27; P. Pericoli, L'ospedale di S. Maria della Consolazione, Imola 1879, pp. 101 s., 120; L. Bruhns, Das Motiv der ewigen Anbetung in der römischen Grabplastik..., in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, IV(1940), pp. 286 s.; D. Mahon, Egregius in Urbe Pictor: Caravaggio revised, in Burlington Magazine, XCIII(1951), pp. 226 s., 229 s. (con l'indic. di ulter. fonti e bibl.); G. Mancini, Consideraz. sulla pittura, I, a cura di A. Marucchi. Roma 1956, p. 225; II, a cura di L. Salerno, ibid. 1957, pp. 50, 12r s.; L. Steinberg, Observ. in the Cerasi Chapel, in The Art Bull., XLI (1959), pp. 1183-90; Bibl. Ambros., F. Borromeo..., Indice delle lettere ... all'Ambros. Milano 1960, p. 216; M. Calvesi, Caravaggio o la ricerca della salvazione, in Storia dell'arte, IX-X(1971), p. 116; Fonti per la storia artistica romana al tempo di Clemente VIII, a cura di A. M. Corbo, Roma 1975, pp. 26-35; E. Bentivoglio-S. Valtieri, S. Maria del Popolo, Roma 1976, pp. 97 ss.