The Crowd
(USA 1927, 1928, La folla, bianco e nero, 95m a 24 fps); regia: King Vidor; produzione: Irving Thalberg per MGM; soggetto: King Vidor; sceneggiatura: King Vidor, John V.A. Weaver, Harry Behn; fotografia: Henry Sharp; montaggio: Hugh Wynn; scenografia: Cedric Gibbons, Arnold Gillespie; costumi: André-ani.
4 luglio 1900. In un luogo imprecisato della provincia americana, nel giorno dell'Indipendenza, il padre di John Sims contempla il figlioletto appena nato e profetizza che il mondo sentirà parlare di lui. Dodici anni dopo il piccolo John riceve la notizia dell'improvvisa morte del padre. Lo ritroviamo ventunenne a New York, deciso a farsi strada nella vita. Attendendo la grande occasione, deve però rassegnarsi a lavorare come anonimo impiegato in un ufficio di Manhattan. A Coney Island John conosce Mary, se ne innamora e la sposa. Le ristrettezze economiche e l'invadenza dei parenti di lei mettono presto a dura prova la tenuta della giovane coppia. Tuttavia il legame fra i due viene rinsaldato dall'arrivo di un primo figlio maschio; segue a breve distanza la nascita di una bambina, senza che nel frattempo John abbia avuto un avanzamento di carriera o l'opportunità che continua ad attendere con disarmante fiducia. Proprio quando un colpo di fortuna (la vincita di 500 dollari a un concorso per uno slogan pubblicitario) sembra dare una svolta positiva alla vita di John e Mary, sulla coppia si abbatte la tragedia: la figlioletta viene travolta da un camion sotto gli occhi impotenti dei genitori. Incapace di concentrarsi sul lavoro, l'uomo si licenzia. Dopo uno sfortunato tentativo di vendere elettrodomestici a domicilio, John entra a far parte della folla di disoccupati che assedia gli uffici di collocamento. Rifiuta però un modesto incarico propostogli dai fratelli di Mary, scatenando l'ira della moglie. Dopo avere vagato senza meta per le vie di New York insieme al figlioletto, John è sul punto di buttarsi da un ponte ferroviario, ma la presenza del bambino lo trattiene e lo sprona a cercare un altro lavoro. Rinunciando ai propri sogni di gloria, accetta di travestirsi da uomo-sandwich per reclamizzare un locale, e convince Mary a restare con lui. Il film si conclude in un teatro di vaudeville, con la famigliola ricomposta che ride a crepapelle insieme al resto del pubblico davanti al numero di una coppia di clown.
Sebbene André Bazin, sottolineando l'esistenza nel cinema muto di un filone realista, non citi il nome di King Vidor accanto a quelli di von Stroheim, Murnau e Flaherty, il regista americano merita di essere incluso nella lista dei cineasti che "credono nella realtà". Lo sapevano bene i neorealisti italiani, sulla cui formazione The Crowd ha esercitato una certa influenza (è difficile ignorare le anologie fra la camminata di John con il figlio per le vie di New York e il vagabondaggio romano di Antonio e Bruno Ricci in Ladri di biciclette). Gli ultimi film muti di Vidor e i primi sonori rivelano un'attenzione per gli aspetti minimi e concreti della vita quotidiana che si attenuerà nella produzione successiva, più fedele alle convenzioni dei generi hollywoodiani.
Se tale realismo quotidiano trova in The Crowd la sua espressione più originale e coerente, non si tratta però di un esperimento isolato: film tedeschi come Der letzte Mann di Friedrich W. Murnau, Berlin. Die Sinfonie der Grossstadt (1927) di Walter Ruttmann e Menschen am Sonntag di Robert Siodmak ed Edgar G. Ulmer, ma anche film americani come Lonesome (Primo amore, 1928) di Paul Fejos, sono pure incentrati sulla descrizione realistica della vita nella metropoli moderna e del suo ceto medio-basso. Vidor, che apprezzava il cinema tedesco (come mostrano anche certe soluzioni stilistiche), con una scelta audace decise di porre al centro del racconto tutto ciò che lo spettatore americano era solito lasciarsi alle spalle una volta entrato nella sala buia: a tale rovesciamento sembra alludere la sorprendente plongée con la quale si chiude il film, quando la cinepresa, sorvolando la platea, arretra verso il palcoscenico-schermo dove ha luogo lo spettacolo, come se si congedasse dal mondo reale per ritornare nel suo luogo deputato. Ecco allora che alcune sequenze fanno pensare al 'pedinamento della realtà' teorizzato da Cesare Zavattini, anche se in esse la stilizzazione dovuta all'assenza di parola trasforma l'azione visiva in una sorta di pantomima del quotidiano: così, negli episodi del litigio domestico e del picnic a Coney Island, la tensione esistente nella coppia si manifesta attraverso una serie ininterrotta di piccoli incidenti. A ciò si aggiunge il fatto che Vidor, rifiutando di esorcizzare con un happy ending gli aspetti deprimenti della vicenda, opta per un finale aperto in cui i conflitti non vengono risolti ma solo precariamente ricomposti (di finali alternativi ne furono girati addirittura otto, segno dell'imbarazzo di Vidor e della MGM nella scelta della conclusione più appropriata).
The Crowd è un testo ambiguo e ingannevole già a partire dal titolo, che promette una vicenda corale e non la storia di un singolo individuo sullo sfondo d'una città. D'altra parte il titolo proposto inizialmente da Vidor, One of the Mob, spiegava che il protagonista costituisce un campione rappresentativo della popolazione di New York; tuttavia John Sims è un personaggio dai tratti psicologici troppo individuali (fatalismo, passività, presunzione) per lasciarsi ridurre allo schematismo di un apologo. Il protagonista di questo "dramma dell'ambizione" (B. Amengual), che ha introiettato l'ideologia del successo impartitagli dal padre, si crede destinato a grandi cose senza possedere il talento e l'iniziativa necessari per realizzarle. La sua parabola è la reductio ad absurdum del mito americano: piuttosto che ai Longfellow Deeds, ai Jefferson Smith o ai John Doe di Capra, Mr. Sims assomiglia a certi losers del cinema noir, illusi che un colpo di fortuna (una puntata ai cavalli, una vincita a poker o una rapina) possa cambiare la loro esistenza. Ma The Crowd è anche un dramma del fato. La vita di John Sims appare segnata da due eventi senza i quali il suo percorso esistenziale non sarebbe stato lo stesso: la morte improvvisa del padre, che lo priva della sicurezza economica, e quella della figlioletta, che lo porta a licenziarsi dall'ufficio, con la crisi coniugale che ne segue.
Altrettanto ambiguo è il valore che assume nel film di Vidor l'opposizione fra individuo e moltitudine. La folla appare indifferente alle esigenze del singolo e sorda alle sue sofferenze; tuttavia, a un livello più profondo, il vero bersaglio sembra piuttosto l'assurda pretesa del protagonista di volere affermare la propria superiorità su di essa, con la falsa coscienza di sé che inevitabilmente ne deriva. Dopo il tentato suicidio, John Sims subisce una trasformazione che è legittimo leggere come maturazione: acconsentendo a travestirsi da clown come l'uomo-sandwich che aveva deriso all'inizio del film, rinuncia implicitamente alle proprie ambizioni. Nella sequenza finale, seduto tra il pubblico rumoroso e ilare di uno spettacolo popolare, accetta per la prima volta l'esperienza liberatoria di diventare folla annullandosi in essa.
Interpreti: James Murray (John Sims), Eleanor Boardman (Mary Sims), Bert Roach (Bert), Estelle Clark (Jane), Daniel G. Tomlinson (Jim), Dell Henderson (Dick), Lucy Beaumont (la madre di Mary), Freddie Burke Frederick (il figlio), Alice Mildred Puter (la figlia), Claude Payton, Warner B. Richmond, Virginia Sale.
A.L. Miles, 'The Crowd': The Story of the Film, London 1928.
W. Beaton, The Crowd, in "The Film Spectator", n. 4, April 14, 1928 poi in Selected Film Criticism, a cura di A. Slide, Metuchen, NJ-London 1982.
K. Vidor, A Tree Is a Tree, New York 1953.
R. Durgnat, King Vidor, in "Film Comment", n. 4, July-August 1973.
B. Amengual, Entre l'horizon d'un seul et l'horizon de tous, in "Positif", n. 161, septembre 1974.
J. Baxter, King Vidor, New York 1976.
R. Durgnat, S. Simmon, King Vidor, American, Berkeley 1988.
La grande parata. Il cinema di King Vidor, a cura di S. Toffetti, A. Morini, Torino 1994.