TERMESSO (Τερμησσός, Termessus)
Città della Pisidia sud-occidentale, presso l'attuale villaggio di Güllük sulle Prealpi del Tauro. Le sue rovine furono identificate nel 1841 dallo Schönborn e quasi contemporaneamente, nel 1847, da due ufficiali inglesi, Spratt e Forbes.
Gli abitanti di T. sono detti Pisidi (Strabo, xiii, 4, 16; Arrian., i, 27, 5), ma il loro antico nome, di origine preellenica, era Solymi (già in Omero, Il., vi, 204). Restano tracce della lingua originaria solo nella denominazione del monte Solymos, della divinità principale Zeus Solimèus, nei nomi proprî dei cittadini; la cultura greca infatti si era imposta rapidamente, come attestano le iscrizioni pervenuteci di cui poche anteriori al II sec. a. C. tutte in lingua greca.
La prima notizia su T. risale al 334 a. C., quando Alessandro Magno tentò inutilmente di conquistarla per impadronirsi del passo che conduceva in Frigia. Nel 189 fu costretta dal console Gn. Manlio Vulsone a stringere un patto d'alleanza con Roma dietro pagamento di 50 talenti. Attalo II vi fece costruire un portico. In premio per la sua fedeltà a Roma durante le guerre mitridatiche, fu dichiarata amica et socia populi Romani, con la lex Antonia de Termessibus del 71 a. C., e tale rimase sino alla fine dell'Impero (monete del III sec. d. C. con la leggenda αὐτονόμων). Amministrativamente fece parte prima della provincia di Licia e Pamphylia, poi della Pamphylia seconda. Nel II e III sec. d. C. raggiunse il suo massimo sviluppo economico, come testimoniano l'emissione di varie serie monetali, l'istituzione di numerosi giochi atletici e la ricchezza dei sepolcri; ma alla fine del III sec. andava già declinando (le emissioni monetali cessano infatti prima di Gallieno). Fu sede episcopale insieme con Eudokias ma nel VII sec. il suo nome non è più attestato.
La città di T. è situata ad oltre 1000 m d'altezza, sulla sommità insellata d'un monte, circondata da gole profonde e sovrastata da due cime di cui quella ad E, Guldere Dag, corrisponde all'antico monte Solymos. Nel II sec. d. C., si estese in direzione N-E occupando le pendici dell'altipiano e parte della vallata. Essendo già difesa naturalmente, le sue mura vennero innalzate solo nei punti di più facile accesso. Costruite probabilmente in età ellenistica, a grandi blocchi e con torri, furono restaurate a più riprese sul lato occidentale dove si presentano a doppia cortina. Sul lato orientale, più facilmente accessibile, corrono per un lungo tratto interrotte soltanto da una porta. Da questa parte fu costruito nel II sec. d. C., in seguito all'ampliamento della città, un secondo muro difensivo in opera quadrata che chiudeva la valle. Un terzo muro con torri corre parallelo a questo 500 m ancora più ad E.
Dall'alto della città si dipartivano tre strade, a N-O S-E e N-E, dirette verso la Lycia e la Pamphylia.
La disposizione urbanistica di T. riprende il modello pergameno con terrazze a varî livelli che sfruttavano le irregolarità del terreno. Nella città alta l'avvallamento mediano fu spianato per ospitare il centro politico e religioso della città. Vicino alla porta N-E e quasi parallela alle mura, corre una via colonnata lunga più di 6o m affiancata da due portici con colonne, lungo la quale sono state rinvenute circa 8o basi iscritte di statue onorarie, le più antiche databili alla metà del II sec. d. C. Poco più a S s'incontrano i resti di un edificio dedicato dal popolo ad Antonino Pio.
Nel secondo settore, una diramazione della strada principale conduce nell'agorà trapezoidale, lastricata, sotto il lato N della quale si apre una galleria coperta a vòlta (forse una cisterna). L'agorà è chiusa ad O dal portico di Attalo II, di cui resta anche l'iscrizione incisa sull'architrave, dietro al quale si trova un tempietto prostilo tetrastilo forse dedicato ad Ares; a N dal portico di Orbaras (prima metà del II sec. d. C.) lungo circa 100 m e con una fila di colonne nel mezzo; ad E da un muro al di là del quale c'è un edificio del I sec. d. C. circondato da portici (forse un ginnasio) sopra il quale sono sorte alcune piccole case in età bizantina.
Presso il lato S dell'agorà si ergeva un tempio prostilo, esastilo, corinzio, con ingresso sulla piazza, con cella absidata, colonne su plinti ottagonali, nicchie sormontate da archetti ai lati della porta e con frontone interrotto al centro da un arco a tutto sesto. È datato al II sec. d. C. Accanto a questo sono le rovine di un edificio identificato con il santuario di Zeus Solymèus, di probabile età ellenistica in cui sono stati rinvenuti i frammenti di un altorilievo con gigantomachia d'ispirazione pergamena (Arch. Zeit., 1881, p. 147). Nell'angolo S-E dell'agorà si trova un heròon costituito da uno spezzone di roccia sormontato da un sarcofago. Presso l'angolo S-E del ginnasio, sul pendio di fronte ad un burrone, sorge il teatro. Simile a quelli di Sagalassos e Side, ma con una scena più semplice, poteva accogliere 4-5000 spettatori. Fu costruito nel I sec. d. C. (su un pilastro della scena c'è un'iscrizione ad Augusto, ma subì in seguito dei rifacimenti a cui probabilmente appartengono l'ingresso sul lato S (prima era al centro della cavea in alto) e la decorazione della frons scenae con colonnine tortili.
A S-E del ginnasio si trova il piccolo odeon costruito nel I sec. d. C. La cavea a settore di cerchio è compresa in un quadrato le cui mura hanno finestre inquadrate da lesene. Nelle vicinanze sono stati rinvenuti rilievi con scene di sacrifici; nell'interno, una lista di vincitori di agoni. Dietro l'odeon è un tempietto di datazione e attribuzione incerte (Gea Karpophòros?), con una banchina per le statue di culto, presso il quale furono rinvenuti due pilastri con vittorie in rilievo. Più lontano, ad O, una casa a peristilio con colonne doriche. A S-E dell'odèon, si apre, a strapiombo sul burrone, il terrazzo dell'acropoli con un grande tempio di Artemide, ionico periptero esastilo, con intercolumnio maggiore al centro in corrispondenza dell'ingresso. Dietro a questo, e con lo stesso orientamento ad E, è un altro tempio di Artemide, corinzio tetrastilo in antis, eretto da Aurelia Armasta agli inizî del III sec. d. C. Nell'area antistante i templi si erge un monumento coregico, simile a quello di Lisicrate ad Atene, con alto podio quadrato e un'edicola circolare pseudoperiptera corinzia con un intercolumnio aperto sull'interno vuoto. Scendendo alcuni gradini più a N, si arriva ad un secondo terrazzo dominato da un tempio prostilo, con alta fondazione che lo pone allo stesso livello dei due templi di Artemide, davanti al quale correva probabilmente un portico.
Discendendo a valle nella città nuova, attraverso la porta di N-E, s'incontra il ginnasio fatto costruire da Aurelio Midiano Platone e da suo figlio, verso il 220 d. C. È formato da una serie di ambienti contigui ed affiancato per tutta la sua lunghezza da un portico (forse la νεὰ Λεσχή di un'iscrizione). All'estremità E si trova una cisterna con vòlta sorretta da due file di pilastri. La facciata O del ginnasio, meglio conservata, dà un effetto di movimento per l'alternanza di motivi curvi (archi di scarico profilati e nicchie arcuate) e rettilinei (ingressi architravati). Fuori del secondo muro di fortificazione, a destra della via "reale", il demo di T. dedicò ad Adriano (fra il 129 e il 138) un propileo distilo corinzio a cui si accedeva con duplice scalinata monumentale e che si trovava dinnanzi ad un tempio di Artemide più antico al cui culto fu forse associato allora quello dell'imperatore.
Una serie di condotti scavati nella roccia, con varî bacini di raccolta disseminati lungo il percorso, ingrandita dal sacerdote Apollonio nel II sec. d. C., riforniva di acqua le cisterne della città.
I raggruppamenti principali di tombe si trovano a S e a N-E, quest'ultimo ai lati della via "reale". La tipologia dei sepolcri è molto ricca. Le tombe rupestri, costituite da una cavità a volte preceduta da un piccolo vestibolo, hanno la facciata, intagliata nella roccia, a forma di tempietto con frontone triangolare o con arcosolio. Quelle su terreno pianeggiante, tranne un solo esempio di fossa terragna, hanno il sarcofago deposto in terra o su banchina, o su alto podio o sotto un'edicola o dentro un tempietto che imita fedelmente, nella forma e nella decorazione, i templi della città. L'heròon di Ti. Cl. Pericleia ha una pianta più complessa con nicchie laterali all'interno ed abside semicircolare sul fondo.
I sarcofagi sono per lo più lisci, a volte decorati a rilievo con scudi, spade, aste intrecciate. Più ricca è la decorazione di alcuni sarcofagi visti dal Paribeni. Nell'opera del Lanckoronski (fig. 24) si notano alcuni frammenti di un sarcofago asiatico del tipo di Sidamara.
A N-O della città, si trova una tomba rupestre di tipo macedone, ornata con varî rilievi e riconosciuta da Kleiner come la tomba del diadoco Alceta.
Bibl.: T. A. B. Spratt-E. Forbes, Travels in Lycia, Mylias and the Cibyratis, I, Londra 1847, p. 233 ss.; Ch. Texier, Déscription de l'Asie Mineure, Parigi 1882, p. 707 ss.; G. Lanckoronski, Städte Pamphyliens und Pisidiens, II, Vienna 1892, pp. 22; 122 tavv. I-XXI; R. Paribeni-P. Romanelli, in Mon. Ant. Lincei, XXIII, 1914, C. 186; 230 ss.; R. Heberdey, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 732-778, s. v. (e bibl. ivi citata per tombe e agoni); Frank ed., An economic Survey of Ancient Rome, IV, Baltimora 1938, passim; D. M. Magie, Roman Rule in Asia Minor, II, Princeton 1950, p. 263 ss.; R. Martin, L'urbanisme dans la Grèce antique, Parigi 1956, p. 156 ss.; M. Poëte, La città antica, Torino 1958, p. 340 ss. Per le monete si veda: G. F. Hill, Cat. Coins Brit. Mus., Pamphylia, 1964, p. 272 ss. Per le iscrizioni: Tituli Asiae Minoris, III, i. Per la tomba di Alceta: G. Kleiner, in Sitzungsber. d. wissensch. Gesellsch. an der Goethe Universität, Francoforte 1962, I, 3, p. 67 ss.; Ch. Picard, in Journ. des Savants, 1964, p. 215 ss.; F. E. Winter, in Am. Journ. Arch., LII, 1966, p. 127 ss.