teoria dei processi opponenti
Modello dinamico della motivazione e del comportamento, e dei rispettivi correlati biologici, elaborato originariamente da Leo Hurvich e Dorothea Jameson nel 1957 e successivamente rivisto da altri studiosi. Più recentemente, Richard L. Solomon ha utilizzato questo modello per spiegare il comportamento tossicomanico. La teoria dei processi opponenti ipotizza che le emozioni siano collegate a coppie di opposti; normalmente esse si mantengono in equilibrio fra loro attorno a un livello di omeostasi (punto di neutralità). Quando una delle due emozioni in una coppia viene evocata ripetutamente, l’altra viene momentaneamente soppressa; se tuttavia tale soppressione si prolunga per troppo tempo, si avrà un apprendimento per abituazione a quella emozione e seguirà una reazione opposta di esaltazione dell’emozione contraria, la quale verrà esperita dal soggetto in maniera molto maggiore che di solito. Solomon e John D. Corbit per es., nel 1974, studiando il comportamento dei paracadutisti, osservarono che i principianti sperimentavano livelli di paura molto maggiori rispetto agli esperti, e che al momento dell’atterraggio provavano meno piacere. Con la pratica, si aveva uno spostamento dell’equilibrio in direzione opposta, con minore paura al momento del lancio e maggiore piacere all’atterraggio. Nelle tossicodipendenze, si verificherebbe una dinamica analoga: cioè, un appaiamento tra il piacere, da un lato, e i sintomi fisiologici e affettivi spiacevoli legati all’astinenza, dall’altro. All’inizio il tossicomane prova forti sensazioni di piacere e pochissima motivazione all’astinenza ma con il passare del tempo i livelli di piacere decrescono mentre aumentano di intensità i sintomi di astinenza, e il consumo di droga diventa alla fine soltanto un modo per evitare tali sintomi e non più per provare piacere. Altre elaborazioni di questa teoria hanno utilizzato il fenomeno dell’abituazione per spiegare processi e comportamenti diversi come la visione, l’apprendimento e la motivazione. (*)