TELL MARDĪKH
(App. IV, III, p. 607)
Nel 1978-79 sono stati individuati e scavati il grande Palazzo Occidentale paleosiriano, distrutto verso il 1600 a.C., e la necropoli reale, di cui sono state scavate tre tombe principesche dai ricchi corredi funerari, databili tra il 1825 e il 1700 a.C. Sempre nell'ambito del periodo paleosiriano, nel 1986-89 sono stati riportati alla luce, nella regione nord-occidentale della Città Bassa, il grande Tempio P2 e il Palazzo Settentrionale, e sono state identificate le fortificazioni che cingevano la Cittadella nella regione orientale dell'Acropoli. Nel 1991-94 i maggiori risultati sono consistiti nello scavo del Monumento P3, una gigantesca terrazza cultuale a corte del periodo paleosiriano, appartenente all'estesa area sacra di Ishtar della Città Bassa, e del Palazzo Arcaico, che era il palazzo reale del periodo protosiriano tardo, tra circa il 2200 e il 2000 a.C.
L'età anteriore alla formazione dell'insediamento urbano arcaico di Ebla è nota da tenuissimi resti dispersi relativi alla fase di Mardīkh I (circa 3500-2900 a.C.), mentre i secoli di sviluppo del centro cittadino si collocano verso la fine della fase di Mardīkh IIA (circa 2900-2400 a.C.), noto solo da sondaggi e da un limitato settore dell'Edificio G3 nella zona sud dell'Acropoli. Nella fase di Mardīkh IIB1, l'età degli archivi (circa 2400-2300 a.C.), la dimensione topografica del centro urbano raggiunse probabilmente i 50 ha di superficie con il grande complesso del Palazzo Reale G, mentre Mardīkh IIB2 (circa 2300-2000 a.C.) è una fase almeno inizialmente di decadenza, durante la quale l'insediamento si restrinse verosimilmente alla regione settentrionale della città, dove fu costruita la residenza reale del Palazzo Arcaico. La seconda grande fase di fioritura è quella di Mardīkh IIIA-B (circa 2000-1600 a.C.), quando la città venne ricostruita all'interno degli imponenti terrapieni della cinta fortificata esterna, la Cittadella ebbe la cinta fortificata interna, e numerosi imponenti edifici pubblici, religiosi e secolari, furono eretti nell'ampia Città Bassa anulare attorno alla Cittadella centrale con una superficie abitata complessiva di circa 60 ha. Dopo la definitiva distruzione del grande insediamento urbano attorno al 1600 a.C., un assai limitato e modesto insediamento rurale si attestò sull'Acropoli al tempo di Mardīkh IVA-B (circa 1600-1200 a.C.), e sporadici resti di villaggi sono attestati anche nel successivo periodo aramaico di Mardīkh VB-C (circa 900-535 a.C.). Un più consistente insediamento rurale con un'ampia fattoria è documentato nell'età persiana ed ellenistica di Mardīkh VIA-B (circa 535-150 a.C.) sulla sommità dell'Acropoli, mentre resti sparsi di un modestissimo insediamento tardo-romano e monastico di età bizantina sono, pur poveramente, documentati nella Città Bassa occidentale, durante la fase di Mardīkh VII (circa 200-550 d.C.). La prima documentazione del toponimo Mardīkh si trova in un documento dei regni latini medievali, e vi sono indizi che uno dei corpi di spedizione della prima Crociata sia passato per T.M. alla fine del 1098.
Benché una lista dinastica degli archivi menzioni un'intera serie di oltre dieci re della Ebla protosiriana arcaica, gli unici sovrani noti della città sono i re dell'età degli archivi: Igrish-Khalam, Irkab-Damu e Ishar-Damu. A questa dinastia pose fine l'intervento in Siria, verso il 2300 a.C., di Sargon di Akkad, che in una sua iscrizione ricorda che il dio dell'Occidente Dagān "gli diede Mari, Yarmuti ed Ebla". Sebbene anche il nipote e terzo successore di Sargon, Naram-Sin, si vanti di aver devastato Ebla e Armanum, il distruttore di Mardīkh IIB1, del Palazzo Reale G e della città degli archivi dev'essere stato Sargon, e il suo successore riapparve in Siria per abbattere la nuova città egemone, Armanum, designando con il nome di Ebla la regione piuttosto che la città, come fece oltre un secolo più tardi Gudea di Lagash, che "dalla città di Urshu, dal paese di Ebla" fece venire legname prezioso per le sue celebrate fabbriche sacre. La città paleosiriana ricostruita attorno al 2000 a.C., che stranamente non è mai menzionata nei testi di Mari, mentre è citata nei testi di Kanish e di Alalakh, fu poi distrutta verso il 1600 a.C. da uno dei grandi sovrani paleohittiti, Khattushili i o più probabilmente Murshili i, il conquistatore di Aleppo e di Babilonia. È questa distruzione che è cantata nel notevolissimo testo bilingue hurrito-hittita recentemente scoperto a Boghazköy dell'''Epopea dell'affrancamento'', che celebra la conquista della città forte della sua duplice cinta muraria esterna e interna, come documentato dagli scavi. Quando, nella prima metà del 15° secolo a.C., Thutmosis iii, che incluse il nome della città nella lista delle città conquistate in Palestina e in Siria incisa nel Tempio di Karnak, passò per Ebla, il grande centro urbano dell'alta Siria non doveva essere più che un cumulo di rovine. Il nome di Ebla è ancora ricordato in testi rituali hurriti di Boghazköy e medioassiri di Assur.
Il più importante monumento della città protosiriana matura è il Palazzo Reale G di Mardīkh IIB1, finora esplorato per circa 2500 m2, che era un complesso molto articolato di fabbriche certamente esteso su gran parte dell'Acropoli. Le parti più rilevanti di questo complesso palaziale sono la Corte delle udienze, un ampio spazio urbano porticato di oltre m 60 × 35 sotto il cui colonnato settentrionale era eretto il podio regale, e il Quartiere amministrativo, dove sono state trovate, insieme a molti resti di intarsi di pannelli figurativi parietali e a un'ingente quantità di lapislazzuli grezzi proveniente dall'Afghānistān, numerose coppe egiziane in alabastro e in diorite, dono dei faraoni del Regno Antico, tra le quali due con iscrizioni di Chefren della 4ª dinastia e di Pepi i della 6ª. Tra i più notevoli resti dei ricchi arredi sfuggiti al gravissimo saccheggio dell'esercito sargonico si trovano una serie di splendidi intagli lignei traforati con figure umane, anche regali, esseri mitici compositi e figure animali di un caratteristico stile naturalistico del 2300 a.C., e un gruppo di intarsi figurativi marmorei originariamente montati su assi di legno con scene di trionfo militare e con raffigurazioni di aquile leontocefale e tori androcefali celebranti una divinità della guerra, databili attorno al 2400 a.C.
Le tavolette degli archivi reali, raccolte in larga prevalenza nella maggiore sala d'archivio dove erano disposte su tre scaffalature lignee poste lungo le pareti, sono un eccezionale complesso di documenti di carattere contabile, economico, amministrativo, giuridico, lessicale e letterario dell'amministrazione centrale dello stato eblaita, che riguardano una cinquantina di anni subito prima della distruzione di Ebla a opera di Sargon. Scritti nel cuneiforme classico della Mesopotamia meridionale nella tradizione scribale di Fara, pervenuta in Siria settentrionale probabilmente dall'area di Kish, i testi di Ebla sono di straordinaria importanza anche linguistica, in quanto, pur con molte grafie logografiche sumeriche, esprimono un'arcaicissima lingua semitica, certamente anteriore, come tipo linguistico, al paleoaccadico della dinastia sargonica. Tra i testi di maggiore importanza vanno ricordati le quattro redazioni dei vocabolari bilingui in sumerico e in eblaita con circa 1500 lemmi, il trattato internazionale tra Ebla e Abarsal, un inno al dio solare Shamash, che è la più antica composizione letteraria in una lingua semitica pervenutaci, i grandi resoconti economici annuali relativi ai tessuti e ai metalli con anche 3000 linee di scrittura, i rituali per le nozze dei sovrani e numerosi documenti di cancelleria, tra i quali lettere, ordinanze e verdetti.
Nella città paleosiriana, ricostruita agli inizi del 2° millennio a.C., sulla Cittadella spiccavano il Palazzo Reale E nella zona settentrionale, residenza dei sovrani e sede dell'amministrazione, e, nella regione occidentale, l'Area sacra di Ishtar incentrata sul grande Tempio D, che con la sua struttura planimetrica longitudinalmente tripartita è il più antico precedente del celebre Tempio di Gerusalemme eretto da Salomone nel 10° secolo a.C. Nella Città Bassa ai piedi dell'Acropoli due grandi nuclei monumentali erano costituiti a nord-ovest, da un lato, dal cerimoniale Palazzo Settentrionale di oltre 3600 m2 e dall'Area sacra di Ishtar con il Tempio P2 e il Monumento P3, e a ovest e sud-ovest, dall'altro, dal Palazzo Occidentale, sede del principe ereditario, di circa 7400 m2, dal Tempio B, dedicato al dio dell'oltretomba Rashap, e dal Santuario B2, votato al culto degli antenati regali. È al disotto di questo secondo ampio nucleo monumentale che si estendeva la necropoli reale, nella quale almeno uno dei sepolcri, la ''Tomba del Signore dei capridi'', era certamente regale e conteneva, insieme a numerosi gioielli, avori, bronzi e ceramica, diversi notevolissimi doni faraonici, tra i quali del più grande pregio è la mazza cerimoniale in avorio, oro, argento e calcare del faraone Hotepibre Harnejeryotef della 13ª dinastia, vissuto verso il 1760 a.C. Tra gli edifici della città paleosiriana una particolare attenzione merita il gigantesco Monumento P3, un'immensa e massiccia fabbrica sacra in pietra, lunga m 52,50 e larga m 42, che comprendeva soltanto un'inaccessibile ampia corte di circa m 23 × 12. Questa imponente terrazza cultuale, che aveva i prospetti esterni lievemente ma nettamente inclinati come le basi delle ziqqurrat babilonesi contemporanee, è senza paragoni nell'archeologia della Siria e Palestina: se da un punto di vista urbanistico doveva fortemente segnare il panorama urbano del grande centro paleosiriano con la sua probabile altezza ricostruibile attorno ai 15 m, da un punto di vista funzionale essa doveva ospitare i leoni sacri alla grande dea della fertilità, Ishtar, alla quale era dedicata l'area sacra della Città Bassa.
Rilevantissimo è il contributo degli scavi di Ebla alla ricostruzione della raffinatissima civiltà figurativa paleosiriana, sia per il ritrovamento di notevoli resti di statuaria regale votiva del 1850-1700 a.C. e di stele e bacini lustrali ricoperti di rilievi con scene rituali, divine e mitiche databili tra il 1850 e il 1750 a.C., sia per la scoperta di importanti nuclei di splendidi avori di stile egittizzante da attribuire attorno al 1700 a.C., sia per il recupero di pochi ma pregevolissimi sigilli cilindrici di stile classico in una serie di impronte su giara.
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