TANCREDI d'Altavilla (Tancredi Marchisio)
Nacque verosimilmente fra il 1070 e il 1080, da Oddone (detto Marchisius, «il Buon Marchese»), esponente degli Aleramici, la famiglia dei signori del Monferrato, e da Emma, sorella di Roberto d’Altavilla detto il Guiscardo (morto il 1085), fondatore del Ducato di Puglia. La coppia ebbe certamente un altro figlio maschio, Guglielmo, e una femmina, Altruda.
La data di nascita può essere ragionevolmente ipotizzata sulla base del fatto che Emma, madre di Tancredi, è più giovane del Guiscardo, e che Tancredi è più giovane del cugino Boemondo d’Altavilla, il primogenito del Guiscardo. Anche gli Aleramici erano variamente imparentati con gli Altavilla (ad es. Adelaide del Vasto, figlia di Bonifacio del Monferrato, sposò Ruggero I d’Altavilla, conte di Sicilia, fratello del Guiscardo): anch’essi variamente imparentati con gli Altavilla.
Di recente Francesca Petrizzo ha riproposto una vecchia ipotesi di ricostruzione genealogica, sostenendo che Tancredi fu nipote di Boemondo d’Altavilla. Tale genealogia, da diversi studiosi accettata, è basata soprattutto su una serie di autori che non hanno mai messo piede in Terrasanta (Guiberto di Nogent, Roberto Monaco, Balderico di Bourgueil, ecc.), e su una interpretazione piuttosto capziosa di un passaggio dell’Hystoria de via, 2009, 1.55, che è per ampi tratti però soltanto una riscrittura della biografia di Tancredi (il Tancredus scritto da Rodolfo di Caen).
Poco o nulla si sa della adolescenza di Tancredi in Italia. Compare per la prima volta sulla scena politica nel 1096, quando, dopo l’appello di papa Urbano II a Clermont Ferrand, suo cugino Boemondo, in rotta totale col fratellastro Ruggero Borsa, duca di Puglia, si pose a capo del contingente italo-normanno che partecipò alla prima crociata. Aggregatosi alla spedizione con un ruolo subalterno a quello del cugino, Tancredi si mise presto in luce per il valore militare e lo straordinario coraggio: in particolare, in una difficile situazione in cui si trovarono – a causa dei Bizantini – lui e i suoi nell’attraversamento del fiume Vardar, in Epiro (Albania). Secondo il suo biografo Rodolfo di Caen si distinse peraltro anche sul piano politico: si rifiutò in maniera decisissima di prestare un giuramento di vassallaggio all’imperatore bizantino Alessio I Comneno, cosa che invece accettarono di fare diversi capi crociati, compreso Boemondo, con cui cominciarono gli screzi.
Dopo la conquista di Nicea (giugno 1097), mentre la spedizione crociata iniziava la strada alla volta di Antiochia, Tancredi decise, con un manipolo di fedelissimi, di operare per conto proprio, per ritagliarsi una signoria, e si recò in Cilicia, dove pose l’assedio alla città di Tarso, di cui si impadronì grazie ad un astuto stratagemma. Arrivò però in Tarso anche Baldovino, fratello di Goffredo di Buglione (capo del contingente lorenese); tra i due capi crociati lo scontro fu inevitabile, e Baldovino mise in atto una serie di violenze contro l’italo-normanno. Tancredi, per evitare lo scontro fratricida fra cristiani, abbozzò, lasciando la città a Baldovino, e puntò sulla città di Adana, i cui abitanti armeni gli si consegnarono pur di liberarsi del dominio turco. Lo stesso accadde a Mamistra, e da questa posizione di forza Tancredi si accordò con Baldovino, nel frattempo divenuto signore di Edessa.
Nel prosieguo della campagna militare, Tancredi subì con Baldovino una sconfitta ad Artah, in Siria, e si aggregò all’esercito crociato all’assedio di Antiochia. Nella circostanza, si mise in luce in diversi episodi.
In uno scontro, Tancredi sconfisse un contingente di 700 Turchi, e portò 70 teste mozze al legato pontificio della spedizione, Ademaro vescovo di Le Puy. Secondo il racconto di Rodolfo di Caen, Tancredi fu poi protagonista di un’autentica aristìa, affrontando da solo tre Turchi e uccidendoli tutti: ma fece promettere allo scudiero che lo accompagnava che non avrebbe raccontato mai a nessuno l’episodio fino alla sua morte.
Nel momento della conquista di Antiochia, dopo un assedio andato per le lunghe (e non senza diserzioni dalle fila crociate), Tancredi si lamentò per non esser stato messo al corrente dell’assalto notturno decisivo: la città fu conquistata in modo rocambolesco da Boemondo d’Altavilla, grazie al tradimento di alcuni abitanti armeni della città, in rivolta contro il dominio turco.
Il 28 giugno 1098 Tancredi partecipò infine, facendo strage di Turchi, alla vittoriosa sortita che permise ai cristiani che – sorpresi da un colpo di mano turco mentre Boemondo e Raimondo di Saint-Gilles disputavano sulla signoria su Antiochia – si erano ritrovati assediati nella città appena conquistata, per l’arrivo di un preponderante esercito turco guidato dall'atabeg di Mosul, Kerbogha. Nello scontro i cristiani portarono con sé la sacra lancia di Longino, la preziosa reliquia recentemente ritrovata ad Antiochia; il contingente italo-normanno, sotto la guida di Boemondo e di Roberto filius Gerardi, giocò un ruolo cruciale e Boemondo rimase in Antiochia, come principe.
Anche la partecipazione all’assedio di Gerusalemme da parte di Tancredi fu, per il suo biografo Rodolfo di Caen, occasione per l’inserimento di curiosi incisi narrativi, oltre che per l’illustrazione dei suoi atti di valore e di pietà.
Dopo aver partecipato fra i primi all’attacco decisivo contro Gerusalemme (15 luglio 1099) e aver fatto strage di nemici (anche inermi) asserragliati all’interno del Tempio, Tancredi si inserì nel complicato puzzle per l’assegnazione della corona di re di Gerusalemme ed ebbe un durissimo scontro, poi rientrato, con il prelato normanno Arnolfo di Chocques, futuro patriarca latino di Gerusalemme. Le trattative tra i capi crociati condussero alla fine alla nomina di Goffredo di Buglione, che prese il titolo di defensor Sancti Sepulchri. Tancredi si pose al suo fianco, sotto il profilo militare, partecipò alla presa di Bethsan, e fu investito del Principato di Galilea.
L’anno successivo, quando Boemondo fu fatto prigioniero dai Danishmendidi a Malatya, Tancredi lasciò la Palestina per assumere la reggenza del principato di Antiochia. Una volta a capo di esso, Tancredi intraprese una politica di grande aggressività verso tutte le potenze confinanti (Bizantini, Turchi, Arabi, altri Stati crociati). Cacciato da Antiochia Baldovino di Le Bourg, che era succeduto nella contea di Edessa all’omonimo cugino Baldovino di Boulogne, diventato nel frattempo, alla morte di Goffredo di Buglione, re di Gerusalemme (1100), Tancredi avviò una vera e propria politica espansionistica: attaccò tra l’altro, Laodicea (Latakia), importante porto con cui il principato poteva restare in stretto contatto anche con l’Europa occidentale, dopo essersi scontrato con i Provenzali di Raimondo IV di Saint-Gilles, che avevano costituito una contea in Libano, con capitale Tripoli. Questa prima fase di espansionismo antiocheno sotto la reggenza di Tancredi procedette inoltre in direzione Nord, soprattutto verso le città della florida Cilicia (Mamistra, Adana, Tarso).
Liberato nel 1103, Boemondo tornò in Antiochia e Tancredi gli cedette di nuovo lo scettro di principe. Boemondo si rese tuttavia presto conto della sua difficile situazione e decise di partire per l’Europa allo scopo di recuperare aiuti in uomini e denaro in Francia e in Italia.
Nel 1104 Tancredi fu dunque richiamato ad Antiochia. Il lungo viaggio di Boemondo in Francia e in Italia ebbe conseguenze importanti per lui: il cugino infatti non solo sposò Costanza figlia di Filippo I re di Francia, ma concordò anche il matrimonio di Tancredi – la cui fama era giunta in Europa grazie ai resoconti di crociata e ai racconti di Boemondo stesso – con Cecilia di Francia, sorellastra di Costanza (in quanto figlia adulterina di Filippo e di Bertrada di Montfort). La sposa giunse ad Antiochia, via mare, alla fine del 1106 (nonostante un tentativo dell’imperatore bizantino Alessio I Comneno di catturarla durante lo spostamento).
Le successive, sfortunate vicende politico-militari di Boemondo coinvolsero una volta di più Tancredi. L’impossibile sogno (che era stato già del Guiscardo) di impadronirsi dell’Impero bizantino svanì con la sconfitta di Durazzo e il contrattacco della flotta bizantina a Otranto (difesa, secondo Anna Comnena, anche da Emma, la madre di Tancredi). Il durissimo trattato di Devol (settembre 1108) costrinse Boemondo a prestare giuramento vassallatico ad Alessio Comneno, e a promettere di costringere Tancredi a rispettare l’impegno a restituire Antiochia all’imperatore una volta morto Boemondo.
Nel frattempo Tancredi, ad Antiochia, aveva attaccato la città di Artah (1105), snidando il pericoloso Ridwan di Aleppo, e conquistato altri castelli nella Siria settentrionale. Attaccò poi Apamea e riprese Laodicea e la Cilicia, espandendo il principato verso Apamea e Shaizar (con l’obiettivo massimo di mettere le mani su Aleppo). Nel 1108 si rifiutò di accettare il Trattato di Devol, il che permise al principato di Antiochia di restare indipendente dall'Impero bizantino per i decenni successivi. Una accorta politica di attenzione verso le popolazioni locali (soprattutto gli Armeni, ma a volte anche i Turchi) consentì a Tancredi di rinforzare il proprio potere, grazie anche ad alcune defezioni eccellenti dal campo turco (ad es. nel 1108 divenne suo vassallo l’emiro Kothlog di Azaz).
L’anno successivo (1109), un momento delicatissimo nella storia degli Stati crociati e del Principato d’Antiochia in particolare, fu l’arrivo in Outremer, con un poderoso esercito, di Bertrando di Tolosa, figlio di Raimondo IV di Saint-Gilles, il cui obiettivo era di togliere la contea di Tripoli a Guglielmo Giordano di Cerdanya. Dato che fu attaccato anche San Simeone (il porto di Antiochia), Tancredi si alleò con Guglielmo Giordano, mentre Bertrando tirò dalla sua parte re Baldovino I di Gerusalemme e suo cugino Baldovino di Edessa (intanto liberato dalla prigionia). Tancredi comunque, aiutato da Baldovino I, riuscì a far prevalere la diplomazia sullo scontro bellico fratricida, e così le armate crociate potettero puntare unite contro Tripoli, che venne velocemente presa. Tancredi ne approfittò per dilatare i confini del suo principato in direzione Sud.
Apamea si consegnò a Tancredi che si impossessò di Jabala e Banyas, nonché della fortezza nota come Krak des Chevaliers (più tardi importante caposaldo della Contea di Tripoli) e cominciò a prendere di mira Shaizar, tenuta dall’emiro ibn Munqidh.
Nonostante il clima di ostilità, tra quest’ultimo e Tancredi si instaurò anche un clima di vera e propria cavalleria: l’emiro fece dono al principe cristiano di un magnifico cavallo, e gli inviò insieme a questo un suo collaboratore, il curdo Hasanun, eccezionale cavaliere, che sconfisse in una gara equestre i cavalieri antiocheni. Usama ibn Munqidh, nipote dell’emiro, cronista, racconta che quando Tancredi chiese a Hasanun che regalo volesse, questi rispose che voleva solo essere risparmiato se per caso in seguito fosse stato catturato in battaglia dagli Antiocheni; Tancredi lo accontentò. Ma quando poco tempo dopo l’eventualità si verificò, Tancredi diede ordine che, prima di liberarlo, a Hasanun fosse cavato un occhio, perché guerriero troppo pericoloso.
Nel 1110 - secondo il parere di Asbridge, 2000 - Tancredi liberò inoltre Edessa dall’assedio operato nella primavera (Fulcherio di Chartres, Historia Hierosolymitana, 1913, pp. 537-543) da Mawdud, atabeg di Mosul, inviato con un potente esercito dal sultano turco di Baghdad, Mohammed; fu in questa occasione che il futuro biografo Rodolfo di Caen conobbe il principe. L’anno successivo (1111) Tancredi cinse d’assedio Shaizar (Siria del Nord) e partecipò all’attacco delle forze crociate contro Aleppo. Insieme, Mawdud e Munqidh respinsero sia le truppe del re di Gerusalemme Baldovino I che quelle di Tancredi, che mostrò tuttavia la sua perizia tattica evitando l’inseguimento da parte dei Turchi.
Dopo la morte di Boemondo (marzo 1111), e a dispetto del trattato di Devol, Tancredi fu principe legittimo in Antiochia e lo rimase fino alla morte, avvenuta il 12 dicembre 1112 durante un'epidemia di tifo.
Sul letto di morte, Tancredi chiese a Cecilia di risposarsi con Ponzio (morto il 1137), conte di Tripoli, allo scopo di porre fine alla rivalità tra Antiochia e Tripoli, contrapposizione che nuoceva alle azioni dei crociati in Terrasanta, e le diede anche in dote le fortezze di Arcicanum e Rugia. Per mancanza di eredi, sul trono di Antiochia salì Ruggero di Salerno (figlio di Riccardo del Principato e di una sorella di Tancredi, Altruda).
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