TAGLIACOZZO (A. T., 24-25-26 bis)
Città dell'Abruzzo (provincia di Aquila) a breve distanza dal confine del Lazio, pittorescamente situata fra 733 e 830 metri su un ripido pendio alla sinistra del fiume Imele, la cui valle precipite e incassata fiancheggia a sud l'abitato. Il pendio su cui sorge questo è chiuso a monte da un'erta, lunga parete di calcare, a picco per una cinquantina di metri, a piè della quale tra cumuli di detriti ha origine da una ricca polla (Capacqua) l'Imele: si tratta veramente di una risorgenza di varie piccole sorgive del vicino altipiano di Verrecchie, che si perdono nelle fessure del calcare e circolano sotterra per circa 3 km. A valle l'Imele è incanalato e aziona un'officina elettrica e varî molini. Tagliacozzo, salvo la parte bassa prossima alla stazione, dov'è la grande e bella piazza Duca degli Abruzzi, fiancheggiata da larghe vie moderne, nella parte antica, ha strade strette, ripide e tortuose, ma monumenti cospicui, come il palazzo ducale, chiese e case medievali di notevole interesse, oltre alla caratteristica Piazza dell'Obelisco nel piano.
Tagliacozzo guarda un passo importantissimo lungo l'antica Via Valeria allo sbocco di uno stretto che, per chi viene da Roma, dà accesso ai Campi Palentini, e, più oltre, alla regione del Fucino; da ciò la sua importanza storica. Sulla sua popolazione in epoche passate abbiamo scarsi dati. Nel 1669 aveva intorno a 1600-1800 ab. e altrettanti o poco più nel 1737; nel 1931 gli abitanti accertati erano 2411. Ma il comune è vastissimo (96,9 kmq.) e comprende altri 10 villaggi dei quali S. Sebastiano (alt. 725 m.) ha 1330 ab.; quattro centri sono sopra i 1000 m. (Roccacerro, il più alto, è a 1140 m.). L'intero comune aveva 8052 ab. nel 1881 e 9494 nel 1931. Il comune comprende il lembo occidentale dei Campi Palentini con popolazione sparsa, parte della montagna tra Imele e Salto e le nude groppe calcaree a sud e a ovest del paese. Nelle aree più basse sono colture di cereali, patate, legumi. La montagna è a pascolo, ma è anche ricca di boschi e di castagneti. A Tagliacozzo si tiene un mercato animato il giovedì; notevole è la fiera di mezzo agosto.
La cittadina, che è soggiorno estivo ricercato dai Romani per la sua altezza e il clima saluberrimo, è servita da una stazione ferroviaria sulla linea elettrificata Roma-Avezzano e da una strada rotabile Roma-Pescara.
Monumenti. - La chiesa di S. Francesco, consacrata nel 1233, a una navata con presbiterio in vòlte ogivali, ha un'elegante facciata di tipo abruzzese decorata nel sec. XV di un portale e del rosone. Contiguo alla chiesa è il convento, con resti di pitture nell'androne e nel portico. Notevoli la chiesa monastica dei Ss. Cosma e Damiano con un portale del 1452, opera del lombardo Martino da Biasca; fuori di città la chiesa di S. Maria del Soccorso, con un portale di arte paesana del 1495 entro un elegante portico del 1542. Il periodo di massimo splendore è segnato dalla costruzione dello storico palazzo ducale, il quale venne iniziato dagli Orsini nel sec. XIV e fu completato sulla fine del XV.
L'edificio massiccio e imponente presenta un insieme poco amonizzante con la bellezza dei suoi particolari. Il primo piano rimonta al Trecento, il piano superiore con ampie sale da ricevimento e da letto vi fu aggiunto nel secolo successivo. Qui è un grande loggiato a colonne con ricca decorazione a fresco e la cappella gentilizia affrescata nel secolo XV, con le storie del Nuovo Testamento che ricordano così Lorenzo da Viterbo come Andrea da Lecce marsicana (Andrea Delitio). Nell'esterno del palazzo le parti più antiche sono le finestre bifore del primo piano e il portone d' ingresso all'atrio. Invece le decorazioni plastiche che decorano le finestre arcuate del secondo piano vengono attribuite a Giovanni Merliano da Nola (1478-1559).
Durante la costruzione del palazzo ducale la città fu abbellita di edifici privati di qualche importanza, quasi tutti con portici a piano terreno, eleganti finestre e loggiati ai piani superiori. Una bella porta a timpano del Rinascimento romano, posta avanti alla chiesa della Misericordia, può ritenersi l'ultima espressione artistica di questo periodo.
Storia. - Tagliacozzo si affaccia alla storia nel 937, come dominio di Berardo il Francisco, primo conte dei Marsi.
Dopo la conquista normanna della Marsica (1142), fu signore di Tagliacozzo Ruggero di Comino seguito da Bonaventura di Berardo (1187), entrambi provenienti dai conti dei Marsi.
Quali condomini, subentrarono i De Pontibus (1173), ghibellini, e a questi successero gli Orsini, guelfi, per il matrimonio fra Risabella De Pontibus - figlia del conte Bartolomeo e di Maria d'Aquino, sorella di San Tommaso - con Napoleone Orsini, nel 1270.
Sotto gli Orsini, il contado di Tagliacozzo assorbì, nel 1442, quello di Albe e le baronie di Carsoli, di Civitella Roveto e, poi, quella di Corvaro. Si costruirono allora altre chiese, edifici pubblici e privati, e si completò il palazzo comitale, detto ducale sotto i Colonna. L'agglomerato si estese e divenne città, ed ebbe una delle prime zecche d'Abruzzo. Gli ultimi Orsini (Roberto, Napoleone e Virginio) aiutarono il re di Napoli a debellare la congiura dei Baroni; ma Virginio, ribellatosi al papa e al re, morì prigioniero a Napoli, nel 1496. L'anno dopo, fu investito del feudo di Tagliacozzo Fabrizio Colonna, duca di Paliano, che, per la lotta coi figli di Virginio Orsini, solo nel 1504 poté avere il dominio effettivo e duraturo dello stato di Tagliacozzo e dei Marsi. Terzo duca fu Marcantonio Colonna, l'eroe di Lepanto. Seguirono altri dieci duchi della stessa casa, fino a Filippo III, al quale, aboliti i feudi, rimase il palazzo, poi ereditato dai Barberini e ora proprietà dei Corsini.
I primi moti del Risorgimento ebbero ripercussione anche in Tagliacozzo dove i Carbonari avevano una vendita. Nel 1860 Tagliacozzo fu teatro di lotte tra reazionarî e garibaldini, finite con l'occupazione delle truppe "piemontesi", le quali sorpresero la banda del generale spagnolo, J. Borjes, presso Sante Marie. I superstiti insieme con il loro capo furono fucilati a Tagliacozzo l'8 dicembre 1861.
Bibl.: G. Gattinara, Storia di Tagliacozzo dall'origine ai giorni nostri con brevi cenni sulla regione marsicana, Città di Castello 1894; L. Degli Abbati, Da Roma a Sulmona. Guida storico-artistica delle regioni attraversate dalla strada ferrata, Roma 1888; I. C. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, Milano-Roma s. a.; G. Marini, Tre pittori del Quattrocento, ecc., in Albia, Roma, I (1924); M. Febonio, Historiae Marsorum, Napoli 1678; E. Gattula, Historiae Abbatiae Cassinensis, Venezia 1733; P. A. Corsignani, Reggia Marsicana, Napoli 1738; V. Mancini, Carmina, Roma 1835; T. Brogi, La Marsica, Roma 1890; G. Gattinara, Storia di Tagliacozzo, Città di Castello 1894; A. Lanciotti, I Padri della civiltà occidentale, Subiaco 1911; A. Paoluzi, Piccola guida di Tagliacozzo, Roma 1929.
La Battaglia di Tagliacozzo. - È la battaglia combattuta il 23 agosto 1268 tra Corradino di Svevia e Carlo d'Angiò.
I seimila ghibellini, seguaci di Corradino, guidati da Arrigo di Castiglia, da Federico duca d'Austria e da Galvano Lancia, l'italiano zio di Manfredi, uscirono da Roma il 18 agosto, passarono per Tivoli, Celle (oggi Carsoli), Valle di Celle (oggi del Turano), Tagliacozzo, ancora ghibellina, e scesero nel piano sottostante di Tagliacozzo o dei Campi Palentini, per accamparsi sulla riva sinistra del fiume Imele, a Castel Ponte (che non esiste più), il 21 agosto, in attesa dei franco-guelfi che giunsero il giorno dopo, scendendo dai prati di Ovindoli, e si fermarono sulla collina presso Albe, di fronte al campo svevo, che rimaneva in basso.
I ghibellini, superiori di forze, si sentivano sicuri di vincere e proseguire per Lucera dove si sarebbero ricongiunti con i Saraceni. Infatti, dopo un tentativo del 22, non accettato dai guelfi, stanchi, lo scontro avvenne la mattina del 23 e la vittoria di Arrigo fu piena, perché si credette nel campo che il re angioino fosse morto, mentre era caduto il maresciallo Roberto de Cousance, indossante le insegne reali. Lo stesso Arrigo, che lo aveva trafitto, lo indicò ai suoi. Creduto morto il re, trucidati molti guelfi, i vincitori si abbandonarono al tripudio e alla preda. Solo Arrigo, lasciato Corradino e gli altri a riposarsi in Castel Ponte, continuò a combattere inseguendo con i suoi Spagnoli i fuggiaschi nella valle del Liri verso Napoli.
Viceversa, il re, ben consigliato da Alardo di Valery (... e là da Tagliacozzo - ove senz'arme vinse il vecchio Alardo: Dante, Inf., XXVIII), si era nascosto con una riserva di ottocento cavalieri dietro un colle e, verso sera, piombò all'improvviso sui vittoriosi disarmati e disordinati, i quali reagirono alla meglio ma furono agevolmente sopraffatti e dispersi. Però, col ritorno di Arrigo, le sorti dei ghibellini avrebbero potuto migliorare se Arrigo fosse stato informato della riscossa angioina. Era già notte e gli Spagnoli, in un primo momento, si confusero con i Francesi, credendoli amici. Riavutisi dalla sorpresa, ricominciarono la lotta che sarebbe stata coronata dalla vittoria definitiva, se i Francesi, freschi e baldanzosi, non avessero ricorso a un nuovo stratagemma, quello di fuggire, prima, e tornare, dopo, all'assalto, favoriti dall'oscurità. Così sgominarono gli Spagnoli e gli Italiani superstiti, stanchi, disorientati e non coadiuvati dai Tedeschi fuggiti con Corradino e il duca verso Tagliacozzo e Castelvecchio. Arrigo, che, sicuro della vittoria, era sceso da cavallo per riposarsi, fece appena in tempo con altri cavalieri appiedati, a fuggire verso Rieti dove si nascose e poi fu preso per essere consegnato a Carlo che lo tenne molto tempo prigioniero a Castel del Monte, risparmiandolo alla morte, perché era suo consanguineo. Non così gli altri prigionieri, i quali furono crudelmente trattati sul campo di battaglia e in seguito.
Carlo d'Angiò, come aveva fatto dopo la facile vittoria di Benevento, erigendo la chiesa e il monastero di S. Maria di Real Valle a Scafati, così, dopo la non meno facile vittoria di Tagliacozzo, che gli consolidò la conquista del Regno di Sicilia e l'egemonia in Italia, eresse a Castel Ponte, nel 1274, un sontuoso tempio e un ricco monastero, dedicato a S. Maria della Vittoria e affidato ai cisterciensi suoi connazionali; edifici che poco sopravvissero alla dinastia angioina.
Bibl.: Giordano, Cronaca, codice vaticano n. 1960, f. 259; Collenuccio, Historia del regno di Napoli, Venezia 1613; S. Malaspina, Rerum Sicularum Historiae, in Muratori, VIII, Milano 1726; R. Malispini, Historia fiorentina, ibid., e in Follini, Firenze 1816; G. Villani, Cronica, in Gherardi, Firenze 1844; C. De Cherrier, La lotta dei papi e degli imperatori di Svevia, Palermo 1869; G. Del Giudice, Codice diplomatico angioino, II, Napoli 1869; id., Don Arrigo di Castiglia, Napoli 1875; C. Minieri-Riccio, Itinerario di Carlo I d'Angiò, Napoli 1872; Tolomeo da Lucca, Annales, in Documenti di storia italiana, VI, Firenze 1876; Raumer, Geschichte der Hohenstaufen, Lipsia 1878; Ficker, Konradins Marsch zum palentinischen Feld, Innsbruck 1882; Köhler, Zur Schlacht von Tagliacozzo, Breslavia 1884; F. Gregorovius, Passeggiate per l'Italia, Roma 1907; P. Egidi, Carlo d'Angiò e l'Abbazia di S. Maria della Vittoria, in Archivio storico delle provincie napoletane, Napoli 1909-10; G. Marini, La battaglia di Tagliacozzo e le vicende di tre chiese, Casalbordino 1934; id., La battaglia di Tagliacozzo, in Atti del Convegno storico abruzzese-molisano, II, ivi 1935.