GROSSO, Stefano
Nacque ad Albissola Marina, presso Savona, il 22 marzo 1824 da Lorenzo e Angela Maria Scotto. Compì gli studi classici a Savona frequentando le scuole pubbliche dei lazzaristi. Nel 1842 entrò nell'Ordine dei padri somaschi a Genova e nel 1850 conseguì la laurea in lettere.
Dedicatosi all'insegnamento, fu professore di grammatica e retorica a Casale Monferrato, Valenza Po, Novi Ligure, Rapallo e Genova. Nel 1860 gli fu assegnata da T. Mamiani, ministro della Pubblica Istruzione, la cattedra di lettere greche e latine presso il liceo Carlo Alberto di Novara e ricoprì tale incarico per circa sedici anni; passò poi a insegnare le stesse materie al liceo Parini di Milano, ove restò fino al 1883. Lasciato nel 1889 l'insegnamento, visse tra la nativa Albissola Marina, Pisa, Sassello e Celle Ligure, dedito agli studi letterari e acquisendo in tal modo la notorietà che lo fece ritenere degno di un incarico universitario: fra i molti suoi estimatori, che si adoperarono perché potesse raggiungere tale obiettivo, furono N. Tommaseo, T. Massarani, O. Occioni, P. Viani e G. Carducci. Tuttavia, per circostanze estranee ai suoi meriti scientifici, in sostanza a causa della sua appartenenza all'Ordine dei somaschi, non gli fu permesso di coronare la carriera didattica con una cattedra universitaria. Non gli mancarono però altri riconoscimenti e, dopo essere stato già nel 1871 su proposta di Th. Mommsen associato all'Istituto germanico di archeologia, il 28 apr. 1896 fu nominato socio corrispondente dell'Accademia della Crusca e nel 1897, già cavaliere della Corona d'Italia e accademico roveretano, fu insignito dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
La sua preparazione umanistica, fondata su un'ampia conoscenza delle lingue classiche e su una rigorosa attività di ricerca critica, lo rese autorevole non solo nell'ambito accademico italiano, ma anche all'estero.
La nuova scuola filologica, in quei tempi particolarmente attiva in Italia e non esente da suggestioni straniere, veniva definita dal G. "una razza d'uomini che, per salire al piano più alto di una casa, gettano a terra la casa stessa, ne scavano le fondamenta, e riducono in frantumi tutto l'edificio, sottopongono ad analisi chimica la calce e i mattoni polverizzati. E costoro non sono matti?" (Lettera filologica a Pietro Fanfani su Dante e i Greci, pubblicata nel Nuovo Istitutore di Salerno nel 1874, n. 13-14, e ristampata, riveduta, in Critica della istruzione pubblica e privata di Torino, 1874, n. 24-25, e 1875, n. 4). Questo era il punto di vista, peraltro già manifestato in precedenza (Delle opere di Guido Ferrari. Ragionamento…, Novara 1870), che rivelava la particolare passione spesa dal G. nel difendere la tradizione filologica italiana, in contrapposizione non solo alla "mala pianta" germanica, ma in contestazione aperta anche nei confronti di opere di colleghi italiani, quali, per esempio, la traduzione di Tucidide effettuata da A. Peyron e la storia letteraria latina di C. Cantù, da lui stesso riprovate duramente e pubblicamente.
Studioso tradizionalista, il G. non tendeva verso una disciplina filologica propriamente "estetica", bensì rivolgeva la propria attenzione scientifica alla sintesi dell'armonia linguistica. Parametri fondamentali per questo tipo di ricerca erano per lui il buon senso e il buon gusto associati indissolubilmente a una competenza derivante da rigorose esercitazioni di lettura. Gli intenti didattici, determinati dalla sua vocazione all'insegnamento, furono espressi con estrema puntigliosità dal G. non solo in ambito accademico, ma anche in chiave polemica, divulgativa e celebrativa.
A partire dalle Lezioni di epigrafia latina (Novara 1869), opera squisitamente manualistica, il G. diede una lunga teoria di contributi dedicati alla causa delle lettere classiche, tra i quali: Epitaphia varia (ibid. 1869-70); il già citato Delle opere di Guido Ferrari (di cui nel 1889 uscì a Pisa un'edizione accresciuta: Delle opere di Guido Ferrari… e di Gaspare Garatoni, critico, filologo, latinista ravennate. Ragionamenti due…); e Sugli studi di Francesco Ambrosoli nelle lettere greche e latine. Ragionamento… (con appendice di annotazioni storico-critiche, Milano 1871). Questi ultimi due lavori, annunziati dall'Archivio storico italiano nel 1873, sono molto importanti per ricostruire i percorsi di ricerca seguiti dal G. nel suo tentativo di rifondare una storia della filologia classica italiana.
Accanto a questa sua specializzazione nelle lingue e lettere classiche, il G. condusse, con straordinaria competenza, una attività di studio incentrata su Dante e la sua opera. Come dantista il G., che conosceva a memoria la Commedia, non scrisse opere di esegesi né seguì, propriamente, gli orientamenti mentali e spirituali del poeta: le sue riflessioni mirarono piuttosto a proporre alcuni emendamenti rispetto alle interpretazioni ufficiali della Commedia. Ne sono prova contributi quali L'avverbio "parte" e i commentatori di Dante. Lettere di S. Grosso e di Carlo Negroni (Novara 1880) e Su tre varianti di un codice antico della Commedia di Dante, recentemente scoperto in Udine. Dissertazione (Udine 1888).
In particolare, con Degli studi di Giuseppe Iacopo Ferrazzi su Torquato Tasso e delle postille di Torquato Tasso alla Comedia di Dante. Lettere due (in Il Propugnatore, 1881, parte I, pp. 266-298; poi anche con il titolo Sulle postille del Tasso alla Divina Commedia: dissertazione, Milano 1881, e Verona 1889), il G. intervenne in uno dei dibattiti forse più seguiti da sempre in ambito accademico, e cioè il rapporto tra gli autori di letteratura e il modello dantesco, con una competenza ben articolata su un vasto ordine di problemi epistemologici e semantici.
Anche negli studi danteschi, come già negli studi di filologia classica, il G. manifestò la preferenza per ricerche dirette a elaborare lezioni o letture sicure e ragionevoli su testi di fondamentale importanza. Non mirò, quindi, a compilare opere che privilegiassero forme di manualistica duratura, solida, bensì si preoccupò costantemente di fornire chiavi di ricerca contrassegnate da vivo spirito di osservazione. Cagionevole di salute, colto da una emottisi cerebrale a Sassello il 3 ott. 1901, morì a Celle Ligure il 9 sett. 1903.
Il carteggio del G., vasto e denso di commenti riguardanti i suoi rapporti con il mondo accademico e le sue stesse opere, fu consegnato nel 1905 dal prof. G. Canna dell'Università di Pavia, alla Biblioteca Negroni di Novara, mentre la maggior parte dei libri della biblioteca personale del G. fu venduta al collegio Rosmini di Domodossola.
Altre opere del G.: In Didacum Vitriolium. Epigr. Graecum… [Torino] 1850 (altra ed.: Taurini 1855); Elogium Caesaris Scolarii…, Novariae 1867; Karoli Baccae…, ibid. 1867; Lezioni di epigrafia latina, ibid. 1869; In funere Petri Dardani…, ibid. 1870; Poesie latine di Alessandro Manzoni, di Amadio Ronchini e di altri illustri italiani recate in versi greci da S. Grosso, con appendice di traduzioni italiane dettate da P.G. Maggi e P.F. Balduzzi, Novara 1873; La Miloniana di Marco Tullio Cicerone secondo la recensione di G.G. Orelli, co' volgarizzamenti di J. Bonfadio, G. Garatoni, A. Cesari… per cura di S. Grosso, ibid. 1875; Del Supplemento di Antonio Urceo Codro alla Pentolinaria di Plauto. Lettera critica, Milano 1876 (3ª ed., Bologna 1877); Giuseppe Biamonti, poeta, professore di eloquenza, prosatore. Ragionamento storico e critico, Bologna 1880; De Antonio Rosminio, Genuae 1883; Inscriptiones, carmina, commentationes, Mediolani 1886; Alcune varianti di punteggiatura e di lezione nell'episodio dantesco della Francesca da Rimini (in collab. con C. Negroni e G. Tortoli), Novara 1886; Opere di Francesco Berni. Nuova ed. riv. e corretta…, Milano [1887]; Per le solennità centenarie della vittoria di Lepanto e della traslazione di S. Nicolò da Mira a Bari. Iscrizioni e ragionamenti, Novara 1889; Antonii Rosminii elogium quod summatim concinnat Stephanus Grossus, [segue] De Antonio Rosminio epigrammata Graeca et Latina Stephani Grossi (estr. da Per Antonio Rosmini nel primo centenario dalla sua nascita, 24 marzo 1897, II, Milano 1897); Lettere inedite di scrittori liguri del sec. XIX pubblicate da S. Grosso, con un discorso preliminare, Pisa 1897; Lettere inedite pressoché tutte di Carlo Boucheron, di Amedeo Peyron… omaggio di S. Grosso, Novara 1897; Stephani Grossi Carminum congeries…, Mediolani 1901; Autobiografia, a cura di G. Canna, Gabiano di Monferrato 1905.
Fonti e Bibl.: G. Canna, Degli scritti latini di S. G.: notizia letteraria, Casale Monferrato 1886; U. Nomi Pesciolini, Nuovi studi danteschi, Siena 1902, p. 13; Le carte del latinista G., in La Bibliofilia, VII (1905), p. 218; A. Fiammazzo, G., S., in Dantisti e dantofili.Contribuzione alla storia della fortuna di Dante, a cura di G.L. Passerini, VII, Firenze-Prato 1905; S. Pellini, Per le onoranze a S. G. nel liceo Parini di Milano, Milano 1907; C. Camera, Le carte del latinista S. G., in Rivista di Roma, 1907, p. 588; Una nobile vita. Carteggio ined. di T. Massarani…, a cura di R. Barbiera, Firenze 1909, VI (Ricordi), pp. 175 s., 251, 427 s.; VII (Ricordi), pp. 23 s., 54-56, 140-142, 397 s., 421-423, 450-452, 457 s.; A. Fiammazzo, Note dantesche sparse, Savona 1913, pp. 151-165, 173 s., 365-372; G. Mazzoni, L'Ottocento, II, Milano 1913, p. 1216; C. Guerrieri Crocetti, S. G., in E.G. Parodi et al., Dante e la Liguria. Studie ricerche, Milano 1925, pp. 231-235; G. Bustico, Giordani, Leopardi e Tommaseo, in un carteggio ined. di P. Viani, in Rivista d'Italia, 1928, pp. 297-311 (comprende la corrispondenza tra Viani e il G.); G. Gervasoni, Linee di storia della filologia classica in Italia, I, Firenze 1929, pp. 143-162; G. Bustico, Fra i corrispondenti di S. G., Savona 1935; S. Vazzana, G., S., in Enc. dantesca, III, Roma 1971, s.v.; S. Parodi, IV centenario dell'Accademia della Crusca. Catalogo degli accademici dalla fondazione, Firenze 1983, p. 331; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 533 s.; Id., Dict. international des écrivains du jour, Florence 1888, pp. 1106 s.