BADOER, Stefano
Quanto è noto di questo nobile veneziano si riferisce alla sua attività di politico, di reggitore e di giurista svolta negli anni 1227-1242. Venne chiamato nel 1228 alla carica di podestà in Padova e subito, nonostante l'invio di una ambasceria "pro reconciliatione" da parte dei doge di Venezia, dovette muover guerra contro Ezzelino che aveva rotto la tregua occupando "Castrum Fontis" e facendone prigioniero il difensore Guglielmo di Camposampiero. Lasciata la carica per il 1229, la riprese l'anno successivo, e ancora guidò l'esercito padovano in seguito ai torbidi suscitati in Verona per la cacciata del podestà, del conte di S. Bonifacio e di alcuni nobili. La sua podesteria si prolungò anche nel 1231, oltre il 13 giugno, data in cui morì, tra il compianto della città, s. Antonio da Padova. Negli anni successivi, si perdono le tracce del Badoer. Forse ritornò a Venezia per porsi a servizio del governo. Nel settembre 1239 fu inviato, con Romeo Querini, ambasciatore della Serenissima a papa Gregorio IX con l'incarico di perfezionare il trattato in funzione antimperiale (patto di Anagni): Venezia si impegnava ad armare venticinque galee per strappare, con l'aiuto anche di Genova, il Regno di Sicilia al dominio di Federico II. Tornato in patria, lo attendeva l'impresa contro Ferrara, la città dominata da Salinguerra, legato agli Imperiali. Venezia, entrando nella coalizione suscitata dal legato papale Gregorio di Montelongo (cui aderirono anche i Lombardi, i Bolognesi e gli Estensi) contro Ferrara, affidò il comando delle sue truppe al Badoer. L'assedio si protrasse per quattro mesi, dall'inizio di febbraio áll'inizio di giugno del 1240, finché il Salinguerra sconfitto finì prigioniero a Venezia. In seguito a questa impresa, la Serenissima ottenne larghi vantaggi politici ed economici, tra i quali la libertà di fornirsi illimitatamente del frumento prodotto nella fertile zona padana; e il B. fu fatto, per due anni, dal 1240 al 1242, podestà del Comune di Ferrara (a lui successe Azzo VII, che pose le basi del trapasso dal Comune alla Signoria). Nel 1242 il B. tornò a Venezia, dove fu impiegato in un incarico di particolare importanza, che fece di lui uno degli esponenti più vivi di quella classe di uomini, esperti di diritto e dì governo, che sostennero l'ultima parabola del mondo comunale: la compilazione degli statuti veneziani, ordinata dal doge Tiepolo. Insieme con altri tre nobili, Pantaleone Giustiniano di S. Polo, Tommaso Contarini, Giovanni Michiel, collaborò a raccogliere e a ridurre in cinque libri, sopprimendo, modificando, aggiungendo, conservando, a seconda del caso, le leggi riguardanti i diritti dei cittadirii, nei loro rapporti e nei confronti dello stato. Gli statuti furono poi sanzionati dal doge e dal Maggior e Minor Consiglio e promulgati il 25 sett. 1242. Null'altro si sa di lui.
Fonti e Bibl.: I Libri Commemoriali della Repubblica di Venezia, a cura di S. Predelli, I, Venezia 1876, p. 6, n. 13; Monumenta Germaniae historica, Epistolae saeculi XIII e regestis Pontificum Romanorum selectae, a cura di C. Rodenberg, I, Berolini 1883, pp. 733-739, nn. 833-838; A. Gloria, Monumenti della università di Padova, I, Venezia 1884, p. 23; Rolandini Patavini, Cronica in factis et circa facta Marchie Trivixane, in Rer. Italic. Script.,2 ediz., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 33-42; Annales Patavini, ibid., a cura di A.Bonardi, pp. 201, 225; Liber Regiminum Padue, ibid., a cura di A. Bonardi, p. 308; Andreae Danduli Chronica, ibid., XII, 1, a cura di E.Pastorello, pp. 291-298; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1,Brescia 1758, p. 36; A.Valsecchi, Bibl. analitica della legislazione della Repubblica di Venezia, in Arch. veneto, II(1871), pp. 56 s.;H.Kretschinayr, Geschichte von Venedig, II, Gotha 1920, pp. 36 s.