AIROLDI, Stefano
Nacque a Palermo nella prima metà del sec. XVIII, da Giovanni Battista, marchese di Santa Colomba, e da Teresa Reggio. Cadetto, dopo essersi addottorato in legge, divenne maestro razionale del Tribunale del R. Patrimonio, presidente del Tribunale del Concistoro (1761), presidente del Tribunale del R. Patrimonio (1770) ed infine nel 1772 presidente della Gran Corte civile e criminale.
Magistrato intrigante e corrotto, devoto al baronaggio, insofferente di ogni controllo, l'A. aveva usurpato varie importanti attribuzioni di diretta pertinenza della potestà vicereale, adottando in generale una linea di condotta assolutamente incompatibile con la politica riformatrice inaugurata dal nuovo viceré, il marchese Domenico Caracciolo che, al suo arrivo a Palermo, ne tracciava un incisivo ritratto in una lettera (20 febbr. 1781) a Ferdinando Galiani. Il Caracciolo tolse subito all'A. l'ispezione delle acque e il controllo della censura, e lo ricondusse, incurante delle sue proteste, entro i limiti assegnatigli dalla sua carica, rintuzzando i suoi tentativi di sottrarsi al sindacato dell'autorità vicereale.
L'episodio più clamoroso del conflitto tra l'A. e il Caracciolo è costituito pero dal processo dei "marmorari" (ottobre-novembre 1782).
Erano questi i fratelli Palazzo, che, rei di omicidi, rapine e altre ribalderie, si erano dati alla latitanza, riuscendo con la protezione di uno dei più potenti feudatari dell'isola, il principe di Pietraperzia, a sottrarsi per lungo tempo alla cattura. Alla fine però furono arrestati e processati dalla Corte Capitaniale, che li condannò a morte. I Palazzo fecero ricorso alla Gran Corte criminale, che, sotto la presidenza dell'A., condannò a morte uno solo dei tre imputati. La sentenza, con il suo eccesso di clemenza, aveva un significato chiaramente politico, e si inquadrava, a parte il personale risentimento dell'A., nell'ambito della generale reazione dei gruppi privilegiati alla politica riformatrice e filo-assolutistica del Caracciolo. La reazione del Caracciolo, che aveva preso molto a cuore la questione e aveva fatto arrestare anche il Pietraperzia, come favoreggiatore dei Palazzo, fu violentissima. Ma, nonostante le sue numerose proteste a Napoli, l'A., che subito dopo la proclamazione della sentenza era stato portato in trionfo dal pubblico accorso al processo, se ne restò indisturbato.
Implicato l'anno dopo nello scandalo delle bolle della "crociata", falsificate e vendute da un suo protetto, certo Maio, riuscì ancora una volta a farla franca. Alla fine, però, il successore del Caracciolo, il viceré principe di Caramanico, ottenne nel 1787 il suo esonero dall'altissima carica.
Non si conosce la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: F. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Diario palermitano, in G. Di Marzo, Biblioteca stor. e letter. di Sicilia, XVIII, Palermo 1880, pp. 328-348; G. E. Di Biasi, Storia cronologica dei Viceré, Luogotenenti e Presidenti del Regno di Sicilia, Palermo 1880, pp. 1000, 1011,1019; A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, I, Palermo 1912, p. 44; E. Pontieri, Il march. Caracciolo viceré di Sicilia ed il ministro Acton. Lettere ined. sul gov. di Sicilia (1782-1786), Napoli 1932, I, p. 93, 111-112 (la lettera del Caracciolo al Galiani è stata pubblicata da B. Croce, Il marchese Caracciolo, in Uomini e cose della vecchia Italia, Serie seconda, Bari 1956, p. 106); E. Pontieri, Il tramonto del baronaggio sicil., Firenze 1943, pp. 186-187, 342; F. Brancato, Il Caracciolo e il suo tenta. di riforme in Sicilia, Palermo 1946, pp. 93-94, 141-145.